Debito pubblico: lo sapevate che l’Italia, dal 1980 ad oggi, ha già pagato quasi 4 mila miliardi di interessi?/ MATTINALE 479

17 dicembre 2019

Ma le sorprese non finiscono qui. Leggendo questo articolo scopriremo qual è la genesi del debito pubblico italiano. E che, rispetto al debito pubblico attuale – 2 mila e 400 miliardi di euro circa – gl’italiani hanno già pagato quasi 4 mila miliardi di interessi. Scopriremo perché la Francia, che è messa peggio di noi, si è invece avvantaggiata. Anche se oggi deve affrontare una rivolta sociale dagli esiti imprevedibili 

Ma quando nasce questo benedetto debito pubblico italiano? Prima del 1981 il problema non esisteva. Tutto succede in quell’anno, quando due personaggi – almeno ufficialmente è così – decidono che l’Italia deve cominciare a indebitarsi. Il primo è l’allora Governatore della Banca d’Italia, Carlo Azeglio Ciampi; il secondo e l’allora Ministro del Tesoro, il democristiano Beniamino Andreatta.

Porta l’impronta di questi due personaggi il cosiddetto ‘divorzio’ tra Banca d’Italia e Tesoro. Da allora in poi la Banca d’Italia non potrà più acquistare i titoli di Stato emessi sul mercato primario. In gergo tecnico, la Banca d’Italia, dal 1981, non svolge più il ruolo di prestatrice di ultima istanza.

Da allora in poi, per finanziare la propria spesa pubblica, l’Italia dovrà attingere ai mercati finanziari privati. Il risultato di questa scelta è l’esplosione dei tassi d’interesse rispetto ai tassi di interesse che venivano garantiti in precedenza.

Succede anche un’altra cosa che viene illustrata bene da un articolo di Scenari economici.it del 12 Gennaio di quest’anno:

LA GENESI DELL’ATTUALE SPREAD – “Viene rivisto il meccanismo di collocamento dei titoli di Stato, introducendo il cosiddetto «prezzo marginale d’asta», che consente agli operatori finanziari di aggiudicarsi i titoli al prezzo più basso tra quelli offerti e, quindi, al tasso di interesse più alto. Ad esempio, se durante un’emissione di 50 miliardi di Btp, 40 vengono aggiudicati a un rendimento del 3%, mentre il restante al 5%, alla fine tutti i 50 miliardi saranno aggiudicati al 5%! Gli effetti sono tanto disastrosi quanto immediati: l’ammontare di debito, che nel 1981 era intorno al 58,5%, dopo soli tre anni raddoppia e nel 1994 arriva al 121% del Pil”.

Perché l’Italia ha fatto questo? Le spiegazioni non sono semplici. Dieci anni prima, dopo la guerra del Kippur, per la precisione, 15 agosto 1971, gli USA abolirono la convertibilità del dollaro in oro, decretando di fatto la morte del sistema aureo e la nascita del sistema monetario fluttuante creato dagli stessi Stati Uniti.

In questo sistema si era creata una sorta di paura esistenziale dell’inflazione.

Ma forse la verità è un po’ più ‘massonica’, ossia legata all’Europa unita: che è, appunto, un’idea massonica: c’era la necessità di fare aderire l’Italia allo Sme, l’accordo che ha preceduto la moneta unica europea.

“Quando l’Italia fa il suo ingresso nell’euro – leggiamo su Scenari economici.it – non risponde ai parametri del debito pubblico richiesti da Maastricht, ma l’interesse politico e l’artefatto entusiasmo generale per la sua partecipazione hanno la meglio. Sarà la crisi del 2008 a far emergere tutti i limiti e la fallimentarietà di un’area valutaria non ottimale e insostenibile come l’Eurozona: l’Italia, come altri Paesi, senza la possibilità di ricorrere alla svalutazione del cambio, non riesce a recuperare terreno. Il debito pubblico, che finora era rientrato in una fase discendente, passa dal 102,4% al 131,8% del 2017. Una crescita notevole, ma di gran lunga ridimensionata se paragonata all’incremento del debito pubblico di altri Paesi dell’area euro, come Spagna, Portogallo e la stessa Francia”.

Di fatto, oggi, anche se di poco, il debito pubblico francese ha superato quello italiano. Con una differenza sostanziale: che l’Italia partiva svantaggiata a causa del citato ‘divorzio’ tra Banca d’Italia e Tesoro del 1981, mentre in Francia il debito pubblico è cresciuto in questi ultimi anni. Cosa, questa, che non ha impedito alla Francia di aumentare spesa pubblica e deficit di bilancio: cosa, questa, che ha consentito a questo Paese di fare crescere il proprio Prodotto Interno Lordo (PIL).

Nell’Eurozona il debito pubblico, insomma, non è cresciuto solo in Italia. Nello stesso periodo di tempo la Spagna ha visto crescere il proprio debito pubblico da poco meno del 40% a poco più del 98%! Anche il Portogallo ha avuto qualche problema, se è vero che lo scorso anno il suo debito pubblico si è avvicinato al quello italiano (125,7%), partendo dal 71% circa del 2008.

Sia la Spagna, sia il Portogallo hanno sforato più volte il demenziale vincolo del 3% (che è un’invenzione priva di logica economica). Ciò ha consentito alle economie di questi due Paesi di crescere, a differenza di quanto è stato imposto all’Italia, alla quale l’Unione europea – con l’avallo degli stessi governanti italiani – ha riservato solo austerità.

Dunque in Italia il debito pubblico è più elevato rispetto ad altri Paesi (ma non rispetto alla Francia): ma è così perché l’Italia è partita da una condizione di svantaggio imposta dalla massoneria ‘europeista’ nel 1981. Nel nostro Paese è il debito pubblico è cresciuto in linea con quello di altri Paesi dell’Eurozona, anzi, in alcuni casi, è cresciuto meno

ASSET ITALIANI ALL’ASTA? – Se la situazione economica, in Italia, è problematica, questo è il frutto delle politiche di austerità imposte al nostro Paese. Perché tale imposizione? Forse per consentire ad altri Paesi di acquisire assett italiani?

Illuminante, a questo unto, quello che scrive Scenari economici.it:

L’AVANZO PRIMARIO – “Rimane il problema dei tassi d’interesse (da cui il famigerato spread), da noi più elevati che altrove, proprio a causa delle modalità dei meccanismi di collocamento dei titoli di Stato introdotto a seguito dell’epocale ‘divorzio’ tra i due istituti finanziari italiani. È stato stimato che, in trent’anni, abbiamo pagato la colossale cifra di 3 mila miliardi di interessi sul debito pubblico! (in realtà sono quasi 4 mila miliardi di euro ndr). In queste circostanze a nulla valgono gli sforzi fiscali dell’Italia, che registra da quasi trent’anni avanzo primario, ossia quella situazione, del tutto antisociale, per cui lo Stato incassa più di quanto spende, esclusi gli interessi sul debito pubblico. Per onorare il costo del debito, ossia quell’assurda creazione del denaro dal denaro, vengono sottratte risorse finanziarie per servizi pubblici e sostegno alla popolazione in difficoltà. Dunque, una redistribuzione al contrario, dai cittadini ai mercati finanziari. Il tempo delle riforme è ormai improcrastinabile”.

Abbiamo introdotto il termine di Saldo primario, ovvero la differenza tra le entrate delle amministrazioni pubbliche e le loro spese al netto degli interessi sul debito pubblico.

Un articolo di Mario Volpi su ELZEVIRO.eu analizza l’Avanzo primario tra il 1995 e il 2015. E qui è interessante il raffronto con la Francia. Scopriamo “che il governo francese ha immesso nel sistema economico 22 miliardi di euro ogni anno per 20 anni (dal 1995 al 2015). Significa quindi che il governo francese in 20 anni ha immesso nel sistema economico 440 miliardi di euro”.

“Contemporaneamente – prosegue l’articolo di Elzeviro.eu – il governo italiano ha tolto dal sistema economico 35 miliardi di euro ogni anno per 20 anni (dal 1995 al 2015). Significa quindi che il governo italiano in 20 anni ha tolto dal sistema economico 700 miliardi di euro. C’è una differenza tra i due Paesi di 1.140 miliardi di euro in termini di saldo tra spesa pubblica (al netto della spesa per interessi) e tasse a favore della Francia in soli 20 anni. Parliamo di una differenza in termini di saldo primario pari a 57 miliardi all’anno!”.

LA FRANCIA? PEGGIO DI NOI, MA VA MEGLIO DI NOI – L’autore dell’articolo ci ricorda “che ogni anno ci troviamo a litigare con la Commissione europea per circa 5 miliardi in più o in meno di saldo pubblico mentre il saldo primario della Francia è 57 miliardi in più rispetto a quello italiano (ogni anno per 20 anni). Questo dato, da solo, è sufficiente a spiegare perché la Francia è cresciuta più dell’Italia. Tutto il resto conta come una scoreggia in mezzo ad un tornado”.

L’IMBROGLIO DELL’EVASIONE FISCALE – “Ma la follia dei nostri tempi – leggiamo sempre su ELZEVIRO. eu – è che, nonostante questa evidenza empirica (dati presi dal Fondo Monetario Internazionale), il nuovo governo, i giornalisti, gli intellettuali e gli economisti, ti parlano del grave problema dell’evasione e dell’urgenza di risolvere questa problematica. Cioè in un folle meccanismo fiscale che drena denaro dal sistema economico italiano a botte di 35 miliardi l’anno (mentre quello di altri Paesi come la Francia immette 22 miliardi all’anno), il problema sarebbe che questo meccanismo non è così efficiente e potrebbe drenare meglio!”.

Come potete notare, la Francia, che ha un debito pubblico di poco maggiore a quello italiano, ogni anno immette nel proprio sistema 57 miliardi all’anno, mentre l’Italia, con l’attuale Governo Conte bis sta provando a farci credere che il problema dell’Italia sia l’evasione fiscale e sta provando, con nuove tasse (circa 7 miliardi di euro di altre tasse!), a togliere dal sistema economico italiano altre risorse finanziarie!

Vi è chiaro, adesso, che, con la scusa dell’evasione fiscale, l’attuale Governo italiano sta provando a fare in modo che gli italiani erodano il proprio risparmio?

Guarda caso, quel risparmio italiano che potrebbe essere in parte ‘arraffato’ dal MES, il Meccanismo Europeo di Stabilità, con la ‘ristrutturazione’ del debito pubblico italiano (e non francese, ovviamente…).

Per la cronaca, l’Italia oggi paga da 60 a 70 miliardi di euro all’anno di interessi sul debito pubblico. Fino ad oggi gli italiani hanno pagato 3 mila e 900 miliardi di euro circa di interessi dal 1980 ad oggi, il 219% del Prodotto Interno Lordo.

“Se nel 1993 il debito pubblico fosse stato del 60% – leggiamo sempre su Scenari economici.it – oggi sarebbe al 27%, e pagheremmo circa 13 miliardi di interessi anziché 64. Avanzerebbero dal bilancio annuale dello Stato 40 miliardi, con i quali si potrebbe ad esempio abbassare la pressione fiscale dal 42,5% al 40%, oppure lanciare un piano colossale di investimenti pubblici, o dotare il paese di un welfare all’avanguardia”.

“In sintesi – leggiamo ancora su Scenari economici.it – negli ultimi 20 anni (1999-2018) IL DEBITO E’ PASSATO DA CIRCA 1.770 A 2.310 MILIARDI DI EURO (valori 2018) RESTANDO SOPRA AL 110% DEL PIL nonostante il fatto che: ABBIAMO PAGATO 1.650 MILIARDI DI INTERESSI (valori attualizzati al 2018) ABBIAMO REALIZZATO SALDI PRIMARI ATTIVI PER 650 MILIARDI (valori attualizzati al 2018). Sempre in sintesi, negli ultimi 30 anni (1989-2018) IL DEBITO E’ PASSATO DA CIRCA 1.200 A 2.310 MILIARDI DI EURO (valori 2018) AUMENTANDO DAL 90% AL 132% DEL PIL nonostante il fatto che:

ABBIAMO PAGATO 3.154 MILIARDI DI INTERESSI (valori attualizzati al 2018)
ABBIAMO REALIZZATO SALDI PRIMARI ATTIVI PER 994 MILIARDI (valori attualizzati al 2018), CIFRA CHE NON HA EGUALI IN EUROPA”.

“In conclusione l’Italia ha comunque fatto per 30 anni enormi sacrifici, con risultati sul fronte del risanamento nulli, e straordinariamente negativi sul fronte della crescita. I salari reali sono scesi al livelli del 1997, il PIL procapite è precipitato e la disoccupazione è scesa leggermente soltanto al costo di decine di miliardi di incentivi e della precarizzazione di milioni di persone”.

Ovviamente, chi ha pagato di più per questa crisi è stato il Sud Italia. Ma questo non c’è nemmeno bisogno di dirlo.

 

QUI L’ARTICOLO DI ELZEVIRO.EU

QUI L’ARTICOLO DI SCENARIO ECONOMICI SUL SALDO PRIMARIO 

QUI LO STUDIO SUL DEBITO PUBBLICO ITALIANO DI SCENARI ECONOMICI 

La verità sul debito pubblico italiano

La Francia agli strozzini? Di certo c’è che il debito pubblico francese sta superando quello italiano…

 Foto tratta da Fondazione Luigi Einaudi

 

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