L’ammette anche la Ue: siamo invasi dall’ortofrutta africana

2 dicembre 2019

I dati li fornisce Eurostat, l’Ufficio statistico dell’Unione europea. ‘Numeri’ ripresi e commentati da ITALFRUT NEWS, il network dei professionisti dell’ortofrutta. Impossibile competere con Paesi dove il costo del lavoro è venti volte più basso di quello italiano! I timori legati al fatto che in quei Paesi si utilizzano “sostanze talora off-limits” (leggere pesticidi ed erbicidi dannosi per la salute umana)  

Lo scriviamo in continuazione e non ci fermeremo fino a quando non si troverà una soluzione: le importazioni di ortofrutta dai Paesi esteri stanno distruggendo l’agricoltura italiana. Questo perché in tali Paesi il costo del lavoro è bassissimo e, quel che è di peggio, da quelle parti utilizzano spesso prodotti chimici dannosi per la salute umana!

A certificare quello che ripetiamo in continuazione arrivano i dati Eurostat, l’Ufficio statistico dell’Unione europea, che certificano la crescita a due e tre cifre percentuali delle importazioni europee di ortofrutta dai Paesi del Sud del Mediterraneo.

Negli ultimi dieci anni è stato registrato “un sostanzioso aumento delle importazioni comunitarie dai sei Paesi con cui la Commissione Ue ha in vigore accordi di associazione, eccezion fatta per la Giordania”, leggiamo su ITALFRUT NEWS.

“In grande evidenza il Marocco, passato da 895.727 tonnellate del 2009 a 1,3 milioni di tonnellate nel 2018, il 52% in più – si legge sempre nell’articolo -. Segue l’Egitto, da cui l’Unione europea ha acquistato un totale di 723.694 tonnellate di frutta e verdura nel 2018, il 40% in più rispetto al 2009. Più contenuto l’incremento della Tunisia: 7% per un totale di 93.550 tonnellate. E’ del 220% invece l’aumento dell’Algeria che a livello assoluto, però, non va oltre le 27.832 tonnellate. Limitato a 855 tonnellate l’import ortofrutticolo dal Libano, che dal 2009 al 2018 ha messo a segno un progresso del 56%”.

Per la Tunisia va aggiunto il fiume di olio d’oliva che negli ultimi anni ha invaso l’Europa, che secondo alcuni viene esportato tutto negli Stati Uniti d’America e in Asia.  

“L’import dal Mediterraneo meridionale – si legge sempre su ITALFRUT NEWS – preoccupa gli addetti ai lavori europei sia per la concorrenza esercitata nei confronti delle produzioni locali, sia per l’utilizzo di sostanze talora off-limits nei Paesi del Vecchio Continente. E’ la Spagna la portabandiera di una battaglia che interessa anche i produttori e gli esportatori italiani. Per l’associazione iberica Fepex, in particolare, la crescente liberalizzazione sta producendo un impatto significativo sul settore europeo, data la forte differenza tra il quadro normativo nei settori sociale, ambientale ed economico dell’Ue e quello dei Paesi nordafricani e del Vicino Oriente”.

Il “quadro normativo” riguarda,in particolare, il costo del lavoro e l’uso di pesticidi ed erbicidi “off-limits”.

In Italia il costo di un operaio giornaliero in agricoltura si attesta intorno ad 80 euro; nei Paesi africani non va oltre i 5 euro al giorno. E’ chiaro che non ci può essere partita.

Nel caso della Sicilia – situazione che noi conosciamo un po’ – non è certo un caso che alcune colture vanno scomparendo: perché gli agricoltori, non riuscendo a vendere la propria ortofrutta, preferiscono non coltivare i terreni.

Succede con i pomodori e succede anche con i carciofi. 

Ai prodotti ortofrutticoli africani vanno aggiunti quelli che arrivano dalla Cina e, in generale, dall’Asia (pomodoro e passata di pomodoro, ma non solo) e quelli che arrivano dal Sud America (i limoni, ma anche altra frutta).

A pagarne le conseguenze non sono solo gli agricoltori, che infatti si ritrovano in grandissima difficoltà, ma anche i consumatori, i quali finiscono con i portare sulle proprie tavole prodotti agricoli freschi e trasformati di pessima qualità.

C’è un modo per venirne fuori? Ci vorrebbe la politica: ma per ora, in Italia, di politica se ne vede poca.

Potrebbero intervenire le Regioni. In Sicilia – noi scriviamo dalla Sicilia – la Regione, su questo fronte, è assente.

Per ora l’una soluzione è offerta dall’iniziativa CompraSud: anche per difendersi da prodotti esteri di cui si conosce poco o nulla, i meridionali, ad esempio, hanno la grande opportunità di acquistare prodotti agricoli freschi e trasformati nel proprio territorio e, se certi prodotti non si trovano, privilegiando i prodotti del Sud.

QUI L’ARTICOLO DI  ITALFRUT NEWS

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