Michele Bono, titolare della ‘Oleifici Bono’ di Sciacca, dice che l’olio che acquista dalla Spagna, dal Portogallo e dalla Tunisia “non viene consumato in Italia. Viene lavorato, confezionato ed esportato, soprattutto negli Stati Uniti, ma ora anche in Asia”. Com’è possibile, allora, che nella Grande distribuzione organizzata “l’olio extra vergine di oliva italiano”, che non può costare meno di 7-8 euro al litro, viene venduto a 4 euro e, addirittura, anche a 3 euro a bottiglia?
Così l’olio d’oliva ‘extra vergine’ (e magari anche quello biologico) che arriva in Sicilia dalla Tunisia finisce sulle tavole dei consumatori degli Stati Uniti d’America! E, a quanto pare, anche in Asia. Parola di Michele Bono, a capo della ‘Oleifici Bono’ di Sciacca, la cittadina della provincia di Agrigento che è diventata la ‘mecca’ dell’olio d’oliva tunisino (noi abbiamo raccontato di due partite di olio tunisino arrivate a Sciacca, una da 800 tonnellate e una seconda da mille e 600 tonnellate, come potete leggere negli articoli allegati in calce).
Nei nostri articoli abbiamo parlato di Sciacca, ma non abbiamo mai fatto il nome dell’azienda. Ma ora il titolare dell’oleificio che acquista olio d’oliva tunisino è venuto fuori con un’intervista rilasciata all’ANSA. Eccola: leggiamola e commentiamola insieme.
Sulla questione dei presunti danni che l’olio d’oliva tunisino causerebbe al prodotto siciliano si fa solo dell’inutile allarmismo, posso dire che si tratta di fake news”.
Lo dice Michele Bono, 51 anni, a capo della Oleifici Bono di Sciacca (Ag), il più grande frantoio della Sicilia che ogni anno trasforma tra gli ottantamila e i centomila quintali di olive.
Lo scorso agosto – prosegue l’ANSA – Confagricoltura Sicilia aveva denunciato, con preoccupazione, che al porto di Palermo erano state sdoganate 800 tonnellate di olio d’oliva biologico proveniente dalla Tunisia e diretto proprio a Sciacca. Era intervenuto anche l’europarlamentare M5s Ignazio Corrao che aveva parlato di ”importazione di olio da Tunisia a dazio zero come pratica sleale” presentando un’interrogazione alla Commissione europea.
“Noi – dice Bono – acquistiamo olio dalla Spagna, dal Portogallo e dalla Tunisia. Tuttavia, di fatto, l’olio che arriva da là non viene consumato in Italia. Viene lavorato, confezionato ed esportato, soprattutto negli Stati Uniti, ma ora anche in Asia. In Italia, nella grande distribuzione – conclude Bono – si trovano l’olio certificato, quello italiano e quello da miscela comunitaria. Sfido chiunque a trovare sui banconi l’olio tunisino”.
Ecco svelato l’arcano! Sulle tavole degli italiani non arriva olio d’oliva tunisino, dice Bono. Che, detto così, in verità, è un po’ offensivo verso i tunisini: forse il loro olio d’oliva – extra vergine, bio e via continuando con i ‘titoli’ – non è degno dei palati italiani?
Resta una domanda: le tre categorie di olio d’oliva, supponiamo extra vergine, che, come dice Bono, si trovano in vendita presso la Grande distribuzione in Italia – “olio certificato, quello italiano e quello da miscela comunitaria” – a che prezzo vengono venduti?
Noi non siamo bravi come Michele Bono: ma ricordiamo che, nei primi anni ’80 del secolo passato, si diceva che per produrre un litro-chilo d’olio d’oliva occorrevano 7 chili di olive. Sembra che le cose non siano cambiate. E sembra, anche, che una bottiglia di olio extra vergine d’oliva siciliano non possa scendere sotto i 7 euro (quest’anno, con la bassa produzione, anche più di 7 euro).
Com’è possibile, allora, che nella Grande distribuzione organizzata si trova olio d’oliva extra vergine a 5 euro a bottiglia, 4 euro a bottiglia, 3 euro bottiglia e, con le ‘offerte’, anche meno? E’ “olio certificato”, “italiano” o “quello da miscela comunitaria”?
Bono, poi, ci concede una lezione sull’olivicoltura nazionale e internazionale:
Il punto – leggiamo sempre sull’ANSA – è che la sola produzione olivicola nazionale non riesce a soddisfare il mercato interno. “L’Italia – spiega Michele Bono – importa il 70% dell’olio per il suo fabbisogno dalla Spagna, un Paese non a caso oggi leader, che ha puntato sull’olivicoltura intensiva, mentre da noi l’olivicoltura è rimasta ferma, dal punto di vista tecnologico e commerciale. Non possiamo prendercela con gli altri se la colpa è solo nostra”.
La notizia ci lascia interdetti: se l’Italia, come dice Bono, importa il 70% dell’olio d’oliva (extra vergine?) per il proprio fabbisogno dalla Spagna, come mai la Grande distribuzione organizzata è piena di “olio d’oliva extra vergine italiano”?
“L’imprenditore – leggiamo sempre nell’articolo dell’ANSA – precisa che da sempre la scelta aziendale privilegiata dalla sua impresa è quella di puntare sulla produzione e commercializzazione dell’olio extravergine d’oliva siciliano, quello certificato, sia il DOP, sia l’IGP che, tuttavia, possiedono una fetta di mercato mondiale ancora ferma al 4% circa.
“Noi – rivela Bono – lo scorso anno abbiamo venduto circa 2,5 milioni di bottiglie di olio extravergine d’oliva siciliano, ossia tra il 70 e l’80% di tutto il nostro fatturato”.
Bono dice, come già ricordato, che l’Italia “importa il 70% dell’olio per il suo fabbisogno dalla Spagna, un Paese non a caso oggi leader, che ha puntato sull’olivicoltura intensiva, mentre da noi l’olivicoltura è rimasta ferma, dal punto di vista tecnologico e commerciale”.
Questo imprenditore deve essere veramente bravo: lo scorso anno dice di aver venduto “2,5 milioni di bottiglie di olio extra vergine siciliano, ossia tra il 70 e l’80% di tutto il nostro fatturato”.
La Sicilia è la terza Regione italiana per produzione di olio d’oliva extra vergine dopo Puglia e Calabria. In Italia si producono, in media, 5-6 milioni di quintali di olio d’oliva (dipende dalle annate). Di questo, due terzi circa è extra vergine (cioè con un tasso di acidità espressa in acido oleico inferiore all’1%).
La Sicilia produce, sì e no, il 10% dell’extra vergine italiano (la Puglia il 37%, la Calabria il 32%) (QUI I DATI DI FRANTOIO ON LINE.IT)
Vendere 2,5 milioni di bottiglie di olio extra vergine di oliva siciliano è veramente un bel record!
Abbiamo chiesto cosa pensa di questa storia – cioè dell’intervista di Bono e del fatto che la Sicilia, perché di questo si tratta, vende olio d’oliva tunisino agli Stati Uniti d’America – ad Ettore Pottino, presidente di Confagricoltura Sicilia.
“L’importante – ci dice Pottino – è che all’estero l’olio d’oliva che viene venduto utilizzando il prodotto tunisino sia etichettato come extra UE. E comunque è un po’ inquietante pensare che nel mondo gira olio d’oliva con etichetta siciliana, con probabile richiamo all’italian sounding magari, nella migliore delle ipotesi, riportando nella retroetichetta la dizione extra UE, ma che d’italiano ha solo la bottiglia”.
P. s.
Noi comunque rinnoviamo il nostro consiglio ai nostri lettori e, in generale, a tutti i cittadini del Sud Italia: non acquistate più olio d’oliva extra vergine nei supermercati. Rivolgetevi direttamente ai produttori di olio d’oliva della vostra Regione meridionale di appartenenza o rivolgetevi ai titolari dei frantoi. Ma anche con i frantoi, andateci piano: rivolgetevi solo a quelli di fiducia, perché con tutto l’olio d’oliva ‘finto’ che c’è in giro a fregarvi, rifilandovi un olio d’oliva ‘miscelato’ no mettono poco o nulla.
Foto tratta da agrifratta.it
AVVISO AI NOSTRI LETTORI
Se ti è piaciuto questo articolo e ritieni il sito d'informazione InuoviVespri.it interessante, se vuoi puoi anche sostenerlo con una donazione. I InuoviVespri.it è un sito d'informazione indipendente che risponde soltato ai giornalisti che lo gestiscono. La nostra unica forza sta nei lettori che ci seguono e, possibilmente, che ci sostengono con il loro libero contributo.-La redazione
Effettua una donazione con paypal