Anche la Sicilia ha il suo Mose sotto il segno delle imprese del Nord/ MATTINALE 458

16 novembre 2019

Dobbiamo essere onesti: il denaro pubblico non sparisce solo in Veneto. Anche la Sicilia ha il suo Mose (peraltro un po’ più eterno di quello di Venezia). Sono i treni, i tram, le autostrade e le strade. Appalti miliardari che non finiscono mai. Gestiti da imprese del Nord con subappalti a imprese del Sud (e assunzioni a iosa per i politici locali). Macchine di soldi & di voti. Risultato: il sottosviluppo culturale prima che economico, da Palermo, ad Agrigento, a Caltanissetta…

Puntate gli orologi perché tra un po’ diranno che al Sud, con questa storia che stanno riempendo di soldi i veneziani con l’alta marea, stiamo esagerando. Così continuando, diranno, si finirà per mettere in discussione l’unità nazionale, in Italia bene supremo dai fatti di Bronte in poi. Insomma: che sarà mai ‘sta storia degli aiuti a due velocità, anzi a senso unico, per l’emergenza pioggia?

“Ha piovuto solo a Venezia – scrive Pino Aprile -. A Matera hanno lavato le strade gratis e, nell’assoluta indifferenza del Paese, han rimesso da soli tutto a posto e il giorno dopo, il sindaco ha fatto riaprire le scuole (fosse accaduto a Milano, a Genova, tutti i Tg e gli ‘approfondimenti’ dai Giletti ai Del Debbio, ci avrebbero frantumato i gabbasisi, mentre ‘c’è chi non si rimbocca le maniche…'”.

Eh sì, non è che siamo tutti uguali? “Alta marea solo a Venezia – scrive sempre l’autore di Terroni e leader del Movimento 24 Agosto per l’Equità Territoriale -. E la riviera jonica devastata, barche affastellate, stabilimenti distrutti, coltivi alluvionati da onde alte alcuni metri, dove la costa è poche decine di centimetri sul livello del mare? Non è notizia, se non tardiva per alcuni tiggì e per altri no. Mentana si commuove solo per i veneziani, forse non si era reso conto che c’era dell’altro. Glielo hanno detto, magari non tutti con garbo. Poteva rimediare con ‘Ops…, succede; la nostra solidarietà ai danneggiati, ovunque siano’. Invece, ha accomunato tutti quali ‘odiatori’ e ‘tirato lo sciacquone’. Caduta di stile e occasione persa. Si rimane al: non si può piangere per tutti. No problem, siamo abituati. Abbiamo udito pure giustificazioni del tipo: ‘Ma Venezia è una città unica!’. Matera, invece, ce ne sono due… A parte che, dovessimo buttarla sull’unicità, Matera batte tutti, essendo la più antica del mondo (12mila anni, secondo alcune stime, ‘solo’ 10mila, secondo altri; c’è chi propone il primato di Gerusalemme o Gerico, che hanno un miglior ufficio stampa). E poi, che vuol dire, che se il maltempo ti distrugge tutto in una città ‘qualsiasi’ (posto che ce ne siano), so’ cavoli tuoi? Se la città è bella e al Nord, il governo dona 5mila euro a ogni singolo e 20mila a ogni esercizio; e se la città non è bella (gustibus) e al Sud, o persino bella, bellissima, ma a Sud, ti becchi la solita ceppa del terrone? Avete idea di cosa significhino danni per svariati milioni di euro in piccoli Comuni come Porto Cesareo? E a Gallipoli? E il Metapontino? E…? E l’Italia rispose: ‘Cazzi vostri!’”.

Lo scorso anno una pioggia torrenziale ha colpito Palermo. In alcune strade della città l’acqua ha quasi coperto le automobili (come potete vedere in questa foto di Newsicilia). Silenzio totale della ‘Grande informazione’. Volendo, anche Palermo è sul mare. Ma nel capoluogo della Sicilia, come scrisse nei primi anni ’70 de secolo passato Pietro Zullino in Guida ai misteri e ai piaceri di Palermo, “il mare è quasi assente”.

Davanti a una città allagata, con le caditoie e i tombini otturati dall’eterna immondizia abbandonata nelle strade e nei marciapiedi, nel silenzio generale, qualcuno ha regalato a I Nuovi Vespri un’ode:

TACCI! Su le soglie
del Borgo non odo
parole che dici
umane; ma odo
insulti più nuovi
per padri e madri
lontane.

 Ascolta. Piove
dalle nuvole sparse.
Piove sui cassonetti
strapieni e aulenti,
piove sui vetri spezzati,
sui legni
scagliosi ed irti,
piove sui pezzi
di trispiti e riti,
sui materassi sdruciti,
sui fiori di pezza, di caccole aulenti,
su vecchie cucine
e sette bidè.

Piove su i nostri vólti
orlandiani,
piove su le nostre mani
ignude (avessimo
almeno un coltello!)
sui vestimenti leggieri
che lungo le strade sconnesse
volteggiano
su fresche e braccame
che ogni animale si bruca
libero in piena città

Odi? La pioggia cade
su la solitaria
verdura lasciata
per terra a marcire
da truci ortolani al mercato
a ciò autorizzato
dal sindaco meticcio
amante riamato del suk.

Ascolta. Risponde
al pianto
dei cittadini incazzati
il canto
delle cicale,
gran scassa mento di testa.

E il pino che mai fu potato
si schianta preciso
su auto e passanti
E immersi
noi siam nei rifiuti
di questa città ormai persa,
d’arborea vita privata
per fare passare i tuoi tram

Il tuo vólto sudato
è molle di pioggia
e le tue chiome a zazzera
auliscono come
uova marce,
o creatura terrestre
che hai nome
Buffone… (qui, per chi è interessato, tutta l’ode su Palermo allagata con l’immondizia “aulente” che galleggia leggiadra).

Che volete? Palermo non è Venezia! Al massimo è antica come Matera: e come Matera non ha diritto a trovare posto nella ‘Grande informazione’ di oggi. Al massimo, se ci sono mafia e morti di mezzo qualcosa si può fare: magari inventando, depistando, mentendo, infangando, nascondendo.

Ai tempi in cui il grande Goethe visitava Palermo, per le vie della città, tutte in acciottolato, era usanza lasciare in strada le feci dei cavalli. Il sommo poeta, che alla fine era sempre tedesco, chiese ‘lumi’: gli risposero che l’acciottolato rendeva la vita difficile ai signori e alle signore in carrozza: la merda equina, insinuandosi dolcemente tra un ciottolo e l’altro, rendeva le strade più dolci: quasi un velluto…

Sembra che per fronteggiare il problema delle tante strade dissestate di Palermo che l’amministrazione comunale di Leoluca Orlando non riesce a sistemare, potrebbe essere riesumato il metodo osservato da Goethe: la merda equina non è tanta, ma siccome la discarica cittadina di Bellolampo è satura si potrebbe utilizzare la munnizza peraltro abbandonata nelle strade: bisognerebbe solo sistemarla meglio, a copertura di buche…

Tornando a Venezia, scrive sempre Pino Aprile, “meriterebbero uno studio a parte i giri di parole con cui giornali, tv, commentatori accennano (e se proprio costretti) alle ruberie del Mose, che avrebbe dovuto ‘salvare Venezia’ e hanno riempito solo le tasche di ladri e le galere. La medaglia d’oro va, ex aequo, al presidente della Regione Luca Zaia (“il Mose è un’opera dello Stato, non veneta”; infatti, i veneti si limitavano a intascare le mazzette, le più alte di sempre, a memoria d’uomo: due euro ogni tre); e al veneziano Renato Brunetta, che attribuisce i ritardi del Mose all’incostante afflusso di soldi (non che li rubavano) e ‘allo scandalo giudiziario’ che ha rallentato i lavori. Capito? ‘Scandalo giudiziario’! E cosa hanno fatto di tanto scandaloso i giudici? Hanno scoperto e acchiappato i ladri, incluso l’allora presidente della Regione, Giancarlo Galan, di cui si continuano a scoprire tesoretti in paradisi o purgatori fiscali. E ora, altri soldi per ‘finire’ il Mose, sul cui (non)funzionamento girano più barzellette che sui carabinieri (ma vere) e che potrà opporre una diga di un metro e 10 a maree che hanno sfiorato il metro e 90, qualche giorno fa. E solo la manutenzione costerà 100 milioni all’anno, dice Salvini (non sono un esperto, ma manco lui, e avevo letto altre cifre, da 50 a 100… urca, mi pare di sentirli i commenti: così tanto aumentate le mazzette?)”.

“Ora – prosegue Pino Aprile – provate a immaginare cosa sarebbe accaduto se un disastro imprenditorial-tecnologico, criminal-politico, di tale rilevanza (fra annessi e connessi, si sono mangiati 8 miliardi e non è finita) fosse avvenuto a Napoli, Palermo, Roma: non sarebbero bastati i giornali per sciorinare le cronache del malaffare, gli editoriali con il ditino alzato, il disgusto degli onesti a prescindere (per latitudine)”.

Qui dobbiamo intervenire. Perché se è vero che, su Palermo e la Sicilia, l’informazione racconta solo cose a senso unico, è anche vero che la Sicilia ha il suo Mose, anche se non ne parla nessuno. E’ un Mose fatto di treni, tram, autostrade e strade lasciate a metà.

E’ giusto parlarne proprio perché non ne parla nessuno.

Solo a Palermo il Passante ferroviario – opera rigorosamente incompiuta – è costato fino ad oggi un miliardo e 200 milioni di euro (e non un miliardo come hanno scritto i sindacalisti di CGIL CISL e UIL). 

Un miliardo di euro e forse più, fino ad oggi, per la strada che collega Palermo-Agrigento: lavori ancora in corso (e chissà quanto altro denaro pubblico di là da venire…).

Poi c’è la strada Agrigento-Caltanissetta: lavori ancora in corso. Costi fino ad oggi? Messe insieme – la Palermo-Agrigento e la Caltanissetta-Agrigento fanno circa 3 miliardi di euro! E ancora la nave deve andare…

Poi c’è la Circumetnea, il periplo dell’Etna: i primi a parlarne furono Omero e Pindaro: da allora gli appalti non si sono mai fermati: ogni tanto arriva una ‘miliardata’ di euro e spunta una nuova stazione: si va, piano piano, la strada ancora è lunga…

Ah, dimenticavamo: c’è anche la strada Nord-Sud, che dovrebbe collegare la riviera tirrenica con la riviera mediterranea: ovvero Mistretta, in provincia di Messina, con Gela. Non ci crederete, ma la strada è in costruzione da settant’anni! I costi sostenuti fino ad oggi? I calcoli sono stati affidati a due docenti di matematica finanziaria: sapete com’è, dopo settant’anni non è che è facile…

Direte? Ma allora la Sicilia è come il Veneto, come Venezia con il suo Mose? Sbagliato! Perché tutti i grandi appalti, in Sicilia, vanno a imprese rigorosamente del Nord! Le imprese nordiste arrivano, si fanno quattro conti, assegnano i sub-appalti alle piccole imprese locali che assumono personale a iosa su segnalazione dei politici locali che così ‘producono’ i voti…

E i lavori? Ragazzi: un po’di soldi (la maggior parte, ovviamente) vanno alle imprese del Nord, un po’ alle imprese del Sud, poi agli operai e poi… e poi i soldi ovviamente finiscono. Anche perché, nel frattempo, lì si trova una vena d’acqua che non era prevista dal progetto, là c’è un avvallamento improvviso provocato da una frana: insomma, imprevisti di qua e imprevisti di là: perizie e altri soldi (parliamo di centinaia e centinaia di milioni di euro), magari qualche pronunciamento dei giudici amministrativi, qualche lodo arbitrale e… e i soldi finiscono e ce ne vogliono altri.

E le opere da completare? Via, se le completano finisce il gioco, finiscono i soldi, finiscono i voti…

Ovviamente, tutto certificato dalle Antimafie di turno, ci mancherebbe!

P.s.

In tutto questo, in Sicilia, i miliardi per gli appalti eterni non mancano: mancano invece i soldi per gli studenti disabili: cosa che capitano:

 

 

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