La riforma dei rifiuti ‘bocciata’ ieri all’Ars e i grandi interessi più o meno nascosti/ MATTINALE 449

7 novembre 2019

Apparentemente, ieri, a Sala d’Ercole, non mancherebbero le contraddizioni. Come l’atteggiamento di grillini, PD e di Claudio Fava che ieri, alla fine, hanno ‘bocciato’ un provvedimento che era anche farina del loro sacco. In realtà, non c’è alcuna contraddizione, perché la maggioranza della politica siciliana non vuole la riforma dei rifiuti  

Non sappiamo che fine farà, in Assemblea regionale siciliana, il disegno di legge sulla riforma dei rifiuti, visto che ieri le opposizioni (Movimento 5 Stelle e PD) e alcuni parlamentari della maggioranza di centrodestra (o presunta tale) hanno ‘bocciato’ l’articolo 1 del provvedimento. Il dato politico che emerge dalla seduta di ieri del Parlamento siciliano non è affatto confuso ma, al contrario, è chiarissimo: la maggioranza del Parlamento della nostra Isola – e quindi la maggioranza del mondo politico siciliano – non vuole la riforma dei rifiuti.

TUTTO PREVISTO – Non siamo affatto stupiti. Dalla fine degli anni ’90 del secolo passato tra forzature, leggi molto discutibili e altrettanto discutibili gestioni commissariali, i rifiuti siciliani sono serviti, come dire?, a fare ingrassare la politica, nazionale e regionale. Come, in piccolo, per il taglio dei vitalizi, la maggioranza dei deputati regionali si rifiuta di togliere i benefici agli ex parlamentari e a se stessi, anche per i rifiuti – ma questa volta in grande – una parte oggi maggioritaria della politica siciliana si rifiuta di chiudere un ‘ricco’ capitolo di allegra gestione di ingenti risorse pubbliche.

Nulla di nuovo. Anche se in questa vicenda non mancano le contraddizioni da parte del Movimento 5 Stelle, del PD e di quello che dovrebbe essere il rappresentante di una sinistra diversa dal PD (o quasi), Claudio Fava.

Proviamo a raccontare, per sommi capi, cos’è successo, in quasi due anni di legislatura.

Per scrivere la riforma dei rifiuti l’attuale presidente della Regione siciliana, Nello Musumeci, ha chiamato il professore Aurelio Angelini che, su tale materia, in Italia, è considerato un’autorità.

Al vertice dell’assessorato che gestisce i rifiuti il presidenet della Regione ha chiamato un tecnico noto per le sue grandi capacità su tale materia, Alberto Pierobon.

Il professore Angelini ha scritto il disegno di legge e l’ha consegnato al Governo regionale.

Il Governo regionale, nella persona dell’assessore Pierobon, ha inviato il disegno di legge di riforma alla commissione Ambiente e Territorio dell’Ars.

Il disegno di legge è rimasto in commissione Ambiente e Territorio per circa un anno. E’ stato esaminato, è stato oggetto di un lungo dibattito e, soprattutto,  stato arricchito in molte parti.

Per i grillini, in commissione, hanno partecipato ai lavori i parlamentari Angela Palmeri e Giampiero Trizzino.

Ai lavori hanno partecipato anche i parlamentari del PD e il parlamentare della sinistra, Claudio Fava.

Nel disegno di legge infine approvato dalla commissione Ambiente sono stati accolti gli emendamenti dei parlamentari del Movimento 5 Stelle, del PD e dello stesso Claudio Fava.

Per essere precisi, il testo che è stato approvato dalla commissione Ambiente e Territorio dell’Ars, è frutto, per quasi due terzi, del lavoro svolto dai parlamentari della stessa commissione Ambiente e Territorio.

ARS: MAGGIORANZA CERCASI – Poco meno di un anno fa il disegno di legge era pronto per l’Aula. Ma c’era – e a quanto pare c’è ancora – un ‘piccolo’ problema: la mancanza di una maggioranza a sostegno del Governo Musumeci.

Il problema è legato all’attuale legge elettorale siciliana approvata frettolosamente dall’Ars nel 2001. Legge elettorale che, quasi matematicamente, non assicura la maggioranza al presidente della Regione eletto in caso di presenza di più di due canditati alla presidenza della Regione.

Nel caso dei rifiuti, poi, il problema si amplifica, perché si vanno a toccare interessi troppo grandi.

Morale: solo qualche giorno fa il presidente Musumeci ha deciso di portare a Sala d’Ercole la riforma dei rifiuti. Si dice che, prima di portare in Aula il provvedimento, Musumeci abbia raccolto il parere dei 69 parlamentari dell’Ars (Musumeci è il settantesimo). Evidentemente non si sono capiti.

Ora, sul fatto che alcuni parlamentari del centrodestra avrebbero votato contro la riforma dei rifiuti, ebbene, noi non avevamo dubbi.

Siamo invece un po’ stupiti – ma non più di tanto, in verità – dall’atteggiamento tenuto in Aula e poi fuori dall’Aula dai parlamentari del Movimento 5 Stelle, del PD e dello stesso Claudio Fava.

Ribadiamo: per circa i due terzi il disegno di legge sulla riforma dei rifiuti del quale, ieri, è stato ‘bocciato’ l’articolo 1 è frutto del lavori dei parlamentari grillini, dei parlamentari del PD e dello stesso Fava. I quali, alla fine, almeno in parte, hanno ‘bocciato’ se stessi e il proprio lavoro svolto per circa un anno presso la commissione Ambiente e Territorio. 

Sarebbe, però, un errore pensare che la ‘bocciatura’ di ieri sia un fatto ‘politico’ legato alla nuova alleanza tra grillini e PDb che debbono comunque fare opposizione.

IL GIOCO DELLE PARTI – Gli interessi che sono in ballo lasciano pensare a un gioco delle parti del quale il lavoro di circa un anno in commissione Ambiente e Territorio è stato solo la prima parte. In parole più semplici, la ‘bocciatura’ del disegno di legge sulla riforma dei rifiuti avvenuto ieri non è casuale: non è stato pensato ieri: al contrario, sin dall’inizio, la maggioranza della politica siciliana era già intenzionata a bloccare questa riforma.

Parlano i fatti. Non va dimenticato che, a partire dalla fine degli anni ’90 del secolo passato e fino al 2013, i rifiuti, in Sicilia, sono stati gestiti in regime commissariale. Per la cronaca, in Sicilia, con la gestione commissariale dei rifiuti, è sparito un miliardo di euro per non fare quasi nulla!

La fine della gestione commissariale dei rifiuti in Sicilia non è stata decisa dalla politica siciliana, ma è stata subita dalla politica siciliana. E stata l’ex parlamentare nazionale del Movimento 5 Stelle eletta in Sicilia, Claudia Mannino, nel 2013, a proporre, con un emendamento, la fine della gestione commissariale dei rifiuti in Sicilia. 

Dopo questa ‘bocciatura’ l’allora presidente della Regione siciliana, Rosario Crocetta, ha chiesto più volte a Roma il ripristino dei poteri commissariali. Ma gli hanno sempre detto di no.

Tra il 2001 e il 2017, il centrodestra prima e il centrosinistra dopo, nella gestione della Regione, hanno puntato sulle discariche private. Hanno cambiato opinione, oggi? La risposta la lasciamo ai nostri lettori…

L’INTERVISTA A NICOLO’ MARINO – Chi ha provato a bloccare le discariche private – e gli interessi ‘pesanti’ che stanno dietro questo grande affare che coinvolge centrodestra e, soprattutto, il centrosinistra – è stato l’ex assessore regionale Nicolò Marino. 

Agghiacciante l’intervista che l’ex assessore regionale Nicolò Marino ha rilasciato nei giorni scorso al quotidiano La Sicilia dove si parla del mondo dei rifiuti, a cominciare del ruolo avuto da Confindustria Sicilia retta in quegli anni da Antonello Montante e dal suo vice, Giuseppe Catanzaro, titolare della discarica di Siculiana, in provincia di Agrigento:

“L’ex assessore all’Antimafia dell’Ars consegna anche tutte le sue perplessità sui «mancati approfondimenti» da parte Procura di Palermo su Giuseppe Catanzaro, con particolare riferimento ai suoi «allarmanti collegamenti con soggetti indagati per mafia». Marino è parte civile al processo contro Antonello Montante, perché oggetto del dossieraggio. E il magistrato non ha mai risparmiato accuse a Catanzaro, presidente di Sicindustria autosospesosi dopo l’indagine a suo carico nella seconda tranche dell’inchiesta di Caltanissetta. Marino è stato di recente assolto dal Tribunale di Palermo dall’accusa di diffamazione nei confronti di Catanzaro. che «ha anche fatto – disse nel 2013 nel corso di una riunione in assessorato – da prestanome di Provenzano»”.

“All’Antimafia dell’Ars (forte anche della sentenza d’assoluzione, corroborata dagli atti del processo Montante, in cui si scrive che le sue affermazioni «erano fondate su risultanze processuali in sedi penali e amministrative») – leggiamo sempre su La Sicilia – Marino ribadisce i dubbi sulle origini delle fortune dei Catanzaro. E qui torna il riferimento alla Procura di Palermo, che avrebbe «sottovalutato una serie di evidenze» che riguardavano «i rapporti» fra il gruppo imprenditoriale agrigentino con Massimo Tronci (arrestato per mafia) e con Francesco Zummo, assolto nel processo ma «ritenuto a quel tempo prestanome di Provenzano». Per Marino, «poco dopo l’arresto di Tronci», i Catanzaro «comprano la società, lo stesso giorno e davanti allo stesso notaio, da tre loro commercialisti che l’avevano appena comprata da Zummo»”.

“La Dia di Palermo, a onor del vero – leggiamo ancora su La Sicilia – ritiene che l’acquisto sia stato fatto in buona fede, ma «all’epoca non potevano sapere – sostiene Marino – che era un’ interposizione fittizia che avrebbe dovuto indurre ad approfondire le indagini sulla società». E nel calderone ci sono anche delle «rilevanti intercettazioni» del Noe (in mano ai pm di Palermo) sui rapporti fra Montante e Catanzaro su un piano per fare fuori Marino dalla giunta regionale. Gli atti, già depositati dal magistrato nell’indagine su Montante, potrebbero anche essere già nel filone-bis in corso”.

“L’ex assessore – leggiamo sempre su La Sicilia – deposita pure in Antimafia le dichiarazioni del pentito Maurizio Di Gati, l’ex capomafia agrigentina, acquisite anche nel processo per diffamazione, sulla «messa a posto» di Catanzaro (oggetto di un attentato dimostrativo poco dopo il pentimento di Di Gati), che pagava «in nero» le «estorsioni». Marino rivendica di «non aver autorizzato un solo metro cubo ai privati» quand’era assessore e di aver disposto «la chiusura di Oikos e Mazzarrà». «Il mio obiettivo era una gestione con impianti pubblici regionali». E all’Antimafia racconta un altro episodio: a fine 2013, «nonostante i tanti ostacoli frapposti dall’assessore Mariella Lo Bello e dal suo dirigente di allora», erano pronte le gare per le piattaforme pubbliche proprio a pochi giorni dalla scadenza dell’emergenza rifiuti. «Ma il direttore della Lo Bello – rivela all’Antimafia – ci mandò una nota in cui non si poteva concedere la Via (Valutazione di impatto ambientale ndr), e sostanzialmente non si poteva fare la gara di Gela, perché mancava la Vas (Valutazione ambientale strategica ndr) del Piano rifiuti, quando il giorno prima aveva rilasciato autorizzazioni a privati senza rilevare lo stesso problema». Il 19 dicembre «ebbi uno scontro durissimo con Crocetta, la Lo Bello e il direttore Gullo, che sosteneva di aver firmato la lettera senza sapere cosa ci fosse scritto e che l’aveva preparata Cannova (Gianfranco, funzionario regionale coinvolto in più processi per corruzione, ndr)». Per Marino, «Crocetta e l’assessore Lo Bello «agivano esclusivamente per bloccare l’attività che avrebbe sfavorito la discarica di Siculiana»”.

“Marino, infine, parla di Bellolampo (la discarica di Palermo ndr), e del «pubblico che ha distrutto quell’impianto, perché non solo sono riusciti a non farlo funzionare, ma addirittura ad abbancare i rifiuti dove c’è l’impianto stesso». E dell’«anomalia» del rapporto fra il Comune di Palermo e la Rap, «modulato con un contratto una tantum di 100 milioni e non con l’effettivo conferimento in discarica», sul quale «la Regione non ha alcuna responsabilità»”.

Se volete approfondire fino in fondo – giusto per verificare che il grande affare dei rifiuti, in Sicilia, non risparmia nemmeno il ‘nuovo’ della politica – dovete leggere, fino alla fine il seguente articolo:

Rifiuti: la verità su Bellolampo e sugli affari. E due parlamentari regionali grillini che insieme con Leoluca Orlando…

Foto tratta da Palermo Today

 

 

 

 

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