… e così il Reddito di cittadinanza finì di affossare l’agricoltura!/ Mattinale 431

19 ottobre 2019

Il Reddito di cittadinanza e la lotta al ‘Caporalato’, sganciati da una corretta analisi sulla situazione economica attuale, finiscono con l’essere funzionali a un sistema che porta allo smantellamento della nostra agricoltura. Facendo arrivare, contemporaneamente, sulle tavole degli italiani prodotti agricoli freschi e trasformati di pessima qualità (se non tossici). Le possibili soluzioni. Come aiutare le Regioni del Sud sul modello del CompraSud 

Siamo stati sin dall’inizio favorevoli al Reddito di cittadinanza: e lo siamo tutt’ora. Ma questo strumento va organizzato bene, altrimenti crea confusione e danneggia l’economia. E l’attuale Governo nazionale, con la gestione del Reddito di cittadinanza, ha creato confusione e danni per l’economia (e in Sicilia rischia di creare altre ingiustizie ignorando – nell’assunzione di personale che dovrebbe gestire lo stesso Reddito di cittadinanza – che ci sono persone, licenziate dalla Regione, che hanno già lavorato nel settore delle Politiche del lavoro: leggere personale degli ex Sportelli multifunzionali).

Ma oggi il tema che vogliamo trattare riguarda l’agricoltura. Proveremo a dimostrare che i danni prodotti da un’errata gestione del Reddito di cittadinanza in agricoltura ha creato danni alle aziende agricole e, in generale, ai cittadini.

Oggi è già problematico, per le aziende agricole, far lavorare gli operai giornalieri. Ci sono prodotti agricoli che non conviene coltivare. Motivo: il prezzo di vendita di certi prodotti ortofrutticoli è troppo basso. Questo succede perché l’Italia è letteralmente invasa da ortofrutta che arriva da Paesi esteri a prezzi stracciati.

Ora, se questi prodotti fossero buoni, la cosa potrebbe anche andare: in altri Paesi esteri sono più bravi a coltivarli e lo fanno a prezzi inferiori: pazienza!

In realtà, le cose non stanno così. In certi Paesi il costo del lavoro in agricoltura è molto più basso rispetto al costo del lavoro in agricoltura dell’Italia perché lo sfruttamento dei lavoratori è legalizzato! Non solo: in questi Paesi, molto spesso, ci vanno assai pesante con i pesticidi, con gli erbicidi e, in generale, con la chimica in agricoltura. Così i prodotti che arrivano in Italia sono rischiosi, se non dannosi (se non tossici) per i consumatori.

Ma nell’Unione Europea di oggi – governata dall’ottusità dei liberisti – la salute delle persone non conta nulla. Anzi, alimenta il mercato dei medicinali. Tant’è vero che, qualche volta, una multinazionale produce, contemporaneamente, pesticidi ed erbicidi per l’agricoltura che avvelenano le persone e medicinali per curare le stesse persone!

In questo scenario gli agricoltori e i cittadini italiani si possono difendere soltanto con il cosiddetto Km zero. Ovvero portando in tavola prodotti locali e non importati da lontani Paesi esteri che fanno agricoltura Iddio solo sa come!

Ma per potere sostenere l’agricoltura locale – e quindi la salute delle persone – bisogna mettere le aziende agricole italiane nelle condizioni di poter lavorare. Facciamo un esempio comprensibile a tutti, perché tutti – soprattutto nel Sud – mangiamo spesso la salsa di pomodoro.

La salsa di pomodoro e la polpa di pomodoro si preparano con il pomodoro coltivato in grande quantità nei campi (in agronomia si chiama pomodoro di pieno campo).

Oggi l’Italia è letteralmente invasa da passata di pomodoro, polpa di pomodoro e pomodori freschi che arrivano da mezzo mondo (soprattutto dalla Cina, ma non solo). Questo ha determinato una caduta del prezzo di questo prodotto.

Giornali e televisioni denunciano il cosiddetto ‘Caporalato’, ovvero lo sfruttamento di manodopera – soprattutto di lavoratori extracomunitari – nei campi di pomodoro. Tutto vero. Il problema è che queste aziende agricole italiane non possono competere con il pomodoro che arriva dall’estero: perché il pomodoro, la passata di pomodoro e la polpa di pomodoro che arrivano dall’estero hanno prezzi stracciati.

Morale: i titolari di queste aziende agricole non possono pagare un operaio agricolo 80 euro al giorno, così come prevede la legge del nostro Paese, perché con la vendita del pomodoro non prenderebbero i soldi che dovrebbero spendere per seminare e raccogliere il pomodoro.

Da qui il ricorso al lavoro nero. E da qui a lotta al ‘Caporalato’.

Quello che non viene sottolineato è che questo sistema è funzionale a chi vuole esportare in Italia enormi quantità di pomodoro, spesso di pessima qualità. Così facendo, però, in Italia – è solo questione di tempo – la coltura di pomodoro di pieno campo sparirà.

C’è un rimedio a questo problema? Certo che c’è! Sarebbe sufficiente organizzare bene il Reddito di cittadinanza. Facciamo ancora un esempio: in alcune città i percettori del Reddito di cittadinanza effettuano lavori di pulizia delle strade, dei giardini, delle aiuole e via continuando.

Si potrebbe estendere questo aiuto che danno alle città anche all’agricoltura. Qualcuno potrebbe obiettare: per le città svolgono un servizio pubblico, mentre se venisse esteso all’agricoltura lavorerebbero per le aziende private.

E’ vero, lavorerebbero per le aziende private: ma questo servirebbe – torniamo all’esempio del pomodoro – per fare in modo che nelle tavole dei cittadini arrivino pomodori coltivati nei terreni della Sicilia, e non pomodori che arrivano da chissà dove, peraltro spesso pieni di sostanze dannose per la salute.

Tra l’altro – cosa non secondaria – il Reddito di cittadinanza potrebbe essere esteso ai lavoratori extracomunitari che opererebbero nel settore agricolo con una corretta remunerazione.

Un’altra forma di aiuto alle imprese agricole e agli operai agricoli giornalieri potrebbe essere rappresentata dall’utilizzazione di una quota dei fondi europei destinati all’agricoltura per pagare una parte delle retribuzioni agli stessi operai giornalieri.

Anche in questo caso, una parte di questi fondi europei andrebbe a sostenere il reddito dei lavoratori extracomunitari, che non verrebbero più sfruttati.

Nessuno nega l’importanza dei fondi europei in agricoltura. Ma ricordiamoci che una parte di questi fondi europei finisce alla criminalità organizzata (emblematico il caso dei pascoli). Per non parlare dei fondi per i giovani in agricoltura che, spesso, sono solo grandi sprechi.

Aiutare gli agricoltori serve all’ambiente che viene tutelato. E serve, soprattutto, all’economia locale: nel nostro caso, all’economia siciliana e, in generale, all’economia del Sud Italia.

Il perché acquistare prodotti locali favorisce l’economia locale l’hanno illustrato molto bene i protagonisti dell’iniziativa CompraSud.

Leggiamo un nostro articolo che abbiamo ripreso dal sito Briganti:

“Ufficiale è il fatto che la bilancia commerciale delle Regioni settentrionali sia positiva verso il Sud Italia e negativa verso l’estero, fatta eccezione per il Veneto, che ha entrambe le voci positive. Questo cosa vuol dire? Che le Regioni del Sud Italia sono il mercato di riferimento delle aziende del Nord, le quali, senza la nostra quota di consumi, sarebbero in passivo e destinate al fallimento”.

“Insomma, per dirla in breve, su 100 euro di spesa effettuate nel Sud, solo 6 euro restano al Sud, mentre 94 euro vanno a sostenere l’economia del Nord!”

Da qui la necessità di invertire la rotta.

“La legge detta del ‘Federalismo fiscale’, fortemente voluta dalla Lega Nord, prevede ‘il coordinamento dei centri di spesa con i centri di prelievo’ – leggiamo sempre nell’articolo di Briganti -. Tradotto in linguaggio corrente: ‘le ricchezze-tasse restano a disposizione della Regione che le produce-versa’. In termini pratici: Io, a Napoli, acquisto una colomba Le Tre Marie, prodotta a Milano da una società con sede a Via Bistolfi, 31 – 20134. Gli utili della società – a cui ho dato il mio modesto contributo – versati in tasse verranno usati per costruire scuole, strade, ospedali, ferrovie, teatri…DOVE? A MILANO!!!!!!!! E LA LEGA RINGRAZIA!!!!”.

“Se, quando fai la spesa, compri un prodotto del Sud, che effetti produci? – leggiamo sempre nell’articolo -. Fai crescere l’economia del Sud. I tuoi soldi restano al Sud e vengono utilizzati per garantire A TE i servizi pubblici: istruzione, trasporto, sanità… Crei posti di lavoro vicino casa tua. Dai una mano all’ambiente. Risparmi”.

Ogni anno i siciliani spendono circa 13 miliardi di euro per acquistare i cibi. Ebbene, di questi, solo 2 miliardi di euro vengono spesi per l’acquisto di prodotti siciliani. Utilizzando meglio il Reddito di cittadinanza e i fondi europei destinati all’agricoltura si potrebbe aumentare la quota di prodotti agricoli siciliani veduti agli stessi siciliani, migliorando, nel complesso, l’economia della nostra Regione.

Quello che abbiamo provato ad illustrare è un tema complesso, che coinvolge le aziende agricole, il territorio (Comuni e Regione), la gestione dei fondi europei (ancora la Regione) e la gestione del Reddito di cittadinanza (lo Stato e la Regione).

Si tratta di avviare una nuova politica per l’agricoltura e, nel nostro caso, per il Sud e la Sicilia.

Quello che invece va contestata è l’attuale gestione del Reddito di cittadinanza che ha effetti deleteri in agricoltura. Ricordiamoci che le aziende agricole, quando non trovano personale per la gestione di una coltura l’abbandonano (quello che sta succedendo con il pomodoro di pieno campo, ma anche con altre colture).

E quando una coltura non si coltiva più – è il caso del pomodoro di pieno campo o di un’altra coltura – ebbene, queste arrivano dai Paesi esteri dove vengono prodotta a prezzi stracciati e magari sono pure piene di veleni!

Sicuramente saprete che, ormai, le industrie che lavorano il pomodoro sono quasi tutte nel Centro Nord Italia. Vi siete chiesti da dove prendono tutto il pomodoro che lavorano? Secondo voi arriva da aziende agricole italiane che pagano gli operai agricoli 80 euro al giorno? Quando entrate in un centro commerciale e acquistate la passata di pomodoro in confezione da 700 grammi circa a meno di 40 centesimi di euro cosa pensate di stare acquistando?

Foto tratta da TeleRama

 

 

 

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