Il gruppo Barilla vuole produrre la pasta con grano duro 100% italiano!

18 ottobre 2019

Lo scorso anno Paolo Barilla non sembrava molto propenso verso quello che definiva “un prototipo di pasta perfetta… a glifosato zero”. Oggi invece il gruppo Barilla annuncia una rivoluzione: basta grani duri esteri, ma solo grani duri italiani. Bisognerà capire, adesso, che ruolo giocherà il Sud, considerato che il grano duro si coltiva anche al Centro-Nord, dov’è possibile ottenere grani duri altamente proteici  

Il gruppo Barilla vuole produrre pasta con il solo grano duro italiano. E’ una novità assoluta rispetto a quanto affermato lo scorso anno dallo stesso Paolo Barilla quando diceva che “per l’industria tutto dipende da che tipo di prodotto produrre e a quali costi, perché se noi dovessimo fare un prototipo di pasta perfetta, in una zona del mondo non contaminata, senza bisogno di chimica, probabilmente quel piatto di pasta invece di 20 centesimi costerebbe due euro. Una pasta a ‘glifosato zero’ è possibile, ma solo alzando i costi di produzione”. Oggi il gruppo Barilla dice di voler puntare solo sul grano duro italiano che, notoriamente, è senza glifosato (nel Sud Italia, almeno, la maturazione del grano avviene naturalmente grazie al sole).

La notizia la leggiamo sul giornale on line FOOD. Il titolo dell’articolo non dà adito a dubbi:

“Rivoluzione Barilla, 100% grano duro italiano”.

Idem il sommario:

“Dal 2020 il leader italiano della pasta, realizzerà i suoi prodotti solo con grano duro italiano al 100%. Un cambiamento epocale. ‘No comment’ per ora dall’azienda”.

“Rivoluzione Barilla – leggiamo nell’articolo -. L’italianità e la qualità pagano. E oggi i consumatori chiedono questo. Da qui la decisione storica del gigante di Parma: dal 2020 lancerà sul mercato domestico soltanto pasta di grano duro della filiera italiana al 100 per cento. Stop completo quindi all’import di grani esteri. Una novità assoluta da parte di un grande player a cui, in questi giorni, i competitor guardano con molta apprensione”.

Insomma, brutte notizie per il Canada, che fino ad oggi, per il proprio grano duro, ha avuto un grande mercato in Italia.

Un passo dell’articolo è molto interessante:

“Preoccupazione trapela anche da parte di alcuni buyer: la pasta Barilla 100% italiana costerà di più, anche perché obiettivamente il grano duro nazionale costerebbe di più. E lascerà sguarnita la fascia prezzo media del prodotto. Un problema per lo scaffale”.

In realtà, da qualche anno a questa parte, il grano duro italiano – con riferimento al grano duro del Sud Italia – è stato oggetto di una speculazione al ribasso: prezzo bloccato a 18-20 euro al quintale. Solo negli ultimi due mesi il prezzo del duro del Mezzogiorno d’Italia è andato un po’ su, anche se in modo difforme: 25-27 euro al quintale in alcune Regioni del Sud e leggermente più basso in Sicilia.

Nei post di Mario Pagliaro – un chimico appassionato di climatologia – si legge che in Sicilia il prezzo sarebbe saluto a 24 euro al quintale; ma a noi risulta ancora 22 euro al quintale.

La notizia che leggiamo nell’articolo di FOOD è interessante, perché lascerebbe intendere che il gruppo Barilla partirebbe dal presupposto che il grano duro italiano costerebbe di più.

“La nuova strategia di Barilla – leggiamo sempre nell’articolo – è una scelta quasi obbligata per un big player che vuole tamponare l’emorragia delle vendite, invertendo il trend di mercato: negli ultimi anni il mercato nazionale ha premiato la pasta di maggiore qualità, a discapito della fascia intermedia. E Parma ha perso importanti quote di mercato. Nell’anno mobile terminante ad agosto 2019, le vendite di pasta secca di semola nella distribuzione moderna (iper+super+libero servizio), rilevate da IRI, indicano un calo complessivo dello 0,4% a volume, ma con un valore in crescita dell’1,8 per cento. Barilla scivola del 7,2% a valore e a volume. La quota di mercato è calata del 2,6% al 26,6 per cento”.

Insomma, le battaglie di questi anni per la valorizzazione del grano duro del Sud Italia e i dubbi manifestati sul grano duro estero – soprattutto canadese – con problemi legati alla presenza di glifosato, stanno sortendo effetti.

Nell’articolo di FOOD si leggono anche notizie su altre marche di pasta italiana:

“Tra i follower, Divella perde il 5,4% a valore e l’8,2% a volume e Granoro, rispettivamente, il 2,7% e l’8,9 per cento. Le paste percepite come prodotto di maggiore qualità invece fanno passi da gigante: La Molisana +24% a valore e a volume; De Cecco, rispettivamente, +16,6% e +17,5%; Rummo +18,5% a valore e a volume; Voiello (gruppo Barilla) +10,8% a valore e +11,8% a volume”.

“Si tratta davvero di rivoluzione Barilla? Non proprio – leggiamo ancora su FOOD -. La pasta al 100% italiana è solo il naturale sviluppo di un processo iniziato 20 anni fa con i contratti di filiera. Compresa la rinuncia al grano canadese maturato con il glifosato. Nel 2017 i contratti di filiera Barilla coinvolgevano in Italia 50 fornitori e più di 5 mila imprese agricole, per una superficie di 65 mila ettari. Nel 2017, Barilla ha stipulato contratti di coltivazione per il 57% dei volumi acquistati (430 mila tonnellate), mentre il progetto grano duro sostenibile è cresciuto del 26%, con volumi che nel 2018 sono passati da 190 mila tonnellate a 280 mila tonnellate. Tra i big del pastario oggi i contratti di filiera sono molto diffusi, ma quasi sempre coprono una piccola percentuale dell’offerta e rispondono a strategie di marketing. Oggi nella scuderia Barilla solo il brand Voiello offre pasta Grano Aureo 100% italiana. E il brand cresce”.

Bisognerà capire, a questo punto, come risponderà il mondo del grano duro italiano.

E qui il discorso si complica. Vero è che l’area d’elezione del grano duro italiano è il Sud; ma ormai il grano duro viene coltivato anche in alcune aree del Centro Nord Italia. E siccome nel Centro Nord Italia hanno l’acqua che arriva in abbondanza dal cielo, possono spingere con la concimazione azotata per ottenere un grano duro con elevata percentuale di proteine (leggere glutine).

Cosa, questa, che non si può fare nel Sud Italia, perché le piogge carenti non consentono il ricorso alla concimazione con azoto: tant’è vero che la percentuale di glutine, nei grani duri del Sud Italia si attesta sempre intorno all’11-12%.

In ogni caso, è troppo presto per fare previsioni, anche rispetto al ruolo che potrebbero giocare le concimazioni azotate. La notizia, oggi – ed è una notizia importante – è che il gruppo Barilla ha deciso di puntare sul grano duro italiano. Ed è anche una bella notizia.

QUI PER ESTESO L’ARTICOLO DI FOOD

Foto tratta da CIA -Agricoltori Italiani

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