Prezzo del grano duro in aumento in tutto il Sud (tranne che a Palermo)/ MATTINALE 353

30 luglio 2019

Le previsioni di Mario Pagliaro si stanno avverando. Poco meno di un mese fa, il ricercatore del Cnr della Sicilia, appassionato di climatologia, ha previsto, alla luce dell’andamento delle piogge, una riduzione della produzione del grano e, di conseguenza, un aumento del prezzo. Aumenti del prezzo del grano duro in tutte le Regioni del Mezzogiorno, ad eccezione di Palermo. La vergogna della CUN, che il Governo nazionale di grillini e leghisti si guarda bene dal far ‘decollare’ 

Tra la fine di giugno e i primi giorni di luglio Mario Pagliaro, ricercatore presso il Cnr, appassionato di climatologia, ha previsto un aumento del prezzo del grano duro:

“Continua la #crescita del prezzo del grano in #Italia: amici agricoltori, non fidatevi delle #proiezioni che parlano di grande produzione europea, incluse Francia, Germania, Romania, Bulgaria, Russia ed Ucraina. Tutti quei Paesi, incluse le Marche e l’Emilia, dove pure si coltivano quantità significative (per l’Italia) di grano, sono sotto la #pioggia dopo la #neve fino alla fine di Maggio. Conservate il grano per poche settimane, e vedrete cosa ne sarà dei prezzi”.

Insomma, andando contro le previsioni ufficiali (spesso non disinteressate, perché una tricca produzione mantiene basso il prezzo del grano), Pagliaro ha previsto un aumento del prezzo del grano (noi parliamo di grano duro, ma la questione dovrebbe riguardare anche il grano tenero).

I fatti gli stanno dando ragione. Almeno per ciò che riguarda il grano duro che è quello che interessa il Sud Italia: prezzo in lieve aumento in tutto il Mezzogiorno ad eccezione di Palermo (chissà perché…).

L’aumento del prezzo del grano duro lo certifica un articolo di AgroNotizie:

“I prezzi del grano duro fino nazionale al Sud tornano stabili sul mercato all’ingrosso, stazionando ai livelli del 24 febbraio 2016, quando il pastificabile italiano toccò i 255 euro alla tonnellata sui massimi a Foggia. Mentre sui mercati all’origine, dopo la crescita di 10 euro alla tonnellata alla Borsa merci di Foggia della scorsa settimana, è partita una più evidente corsa ai rialzi”.

Ciò significa che, a Foggia – che è il più importante mercato del grano duro italiano – il prezzo del grano duro è passato dai 19-20 euro al quintale dello scorso anno ai 25,5 euro al quintale di quest’anno.

Attenzione: siamo ancora lontani da quello che dovrebbe essere il giusto prezzo del grano duro del Sud Italia, che è uno dei migliori del mondo e che dovrebbe essere venduto a non meno di 28-30 euro al quintale.

Ma rilevato che sul grano duro del Sud Italia pesa, ormai da qualche anno, una speculazione al ribasso, considerato che le industrie lavorano per tenere basso il prezzo del grano duro e, soprattutto, che il Governo nazionale si guarda bene dal far partire la CUN (Commissione Unica nazionale che dovrebbe vigilare sugli scambi di grano duro, eliminando alla radice le speculazioni al ribasso sul prezzo), il prezzo pari a 25,5 euro a quintale registrato a Foggia è un grande successo.

Non altrettanto può dirsi per il mercato di Palermo, dove il prezzo rimane bloccato a 20-21 euro al quintale.

“ISMEA (Istituto di Servizi per il mercato Agricolo e Alimentare ndr) – leggiamo ancora nell’articolo di AgroNotizie – torna a registrare vistosi recuperi sui prezzi all’origine: come i 10 euro di Bari, dove sui massimi (256 euro) il valore supera quello della Borsa di Foggia. In rialzo i prezzi all’origine anche sulle piazze di Foggia, Campobasso, Palermo e Catania. Stabili, invece, Matera e Napoli”.

In realtà, su Palermo questo rialzo non c’è, come ci conferma Cosimo Gioia, agricoltore, produttore di grano duro nell’entroterra della Sicilia:

“A Palermo, fino a due giorni fa, il prezzo era fermo a 20-21 euro al quintale. Forse è un lieve miglioramento rispetto ai 18-20 euro dello scorso anno. Ma siamo ben lontani da un prezzo che consente agli agricoltori di riprendere almeno le spese effettuate”.

Gioia ha ragione: produrre un quintale di grano duro costa 24-25 euro al quintale e con 20-21 euro al quintale gli agricoltori vanno in perdita.

Comunque, rispetto ad altri mercati del Sud Italia sarebbe interessante capire perché a Palermo spuntano prezzi così bassi.

Una spiegazione potrebbe essere dovuta al basso volume di scambi: gli agricoltori, sapendo che il prezzo del grano duro – come prevede Pagliaro – aumenterà non lo mettono in vendita.

Dall’articolo di di AgroNotizie abbiamo invece la conferma che il grano duro canadese è presente nel mercato italiano:

“Sempre a Bari, invece, la Borsa merci il 23 luglio vede prezzi in aumento di 6 euro alla tonnellata per il cereale pastificabile nazionale, ed un incremento di 2 euro per il Canadese di prima qualità che si attesta a 263 euro alla tonnellata sui valori massimi”.

Sarebbe interessante capire cosa si intende per “Canadese di prima qualità”: è un grano duro che contiene solo un’alta percentuale di proteine (leggere glutine), o ha anche la prerogativa di essere stato essiccato naturalmente, senza il ricorso al glifosato? (ricordiamo che in Canada l’uso del glifosato per far maturare il grano duro è una pratica molto diffusa).

Detto questo, non possiamo non tornare a stigmatizzare la scorrettezza dell’attuale Governo nazionale di grillini e leghisti che, al pari dei Governi nazionali di centrosinistra a guida PD (Governo Renzi e Governo Gentiloni) si guarda bene dal far decollare la CUN prevista da una legge nazionale.

Per carità, la maggiore responsabilità ricade sulla Lega di Matteo Salvini che controlla il Ministero delle Politiche agricole con Gian Marco Centinaio. Ma è molto difficile credere che la forza politica di maggioranza (leggere il Movimento 5 Stelle) non riesca a imporre il decollo della CUN, che dovrebbe avere sede a Foggia.

La verità  che tutti i partiti e i movimenti politici nazionali – compreso il Movimento 5 Stelle – quando c’è da tutelare, con i fatti, gli interessi del Sud si tira indietro. Soprattutto – come nel caso del grano duro – quando ci sono di mezzo gli interessi della grande industria del Nord Italia che ha sempre penalizzato il Sud.

In ogni caso, se Mario Pagliaro ha ragione – e finora i fatti gli stanno dando ragione – agli agricoltori del Sud Italia non conviene vendere il grano duro: meglio aspettare che il prezzo cresca ancora.

 

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