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UE e Grande distribuzione organizzata stanno stritolando agricoltura e città. Il ‘caso’ Palermo/ MATTINALE 298

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In questo articolo proviamo a descrivere il sistema che sta portando, contemporaneamente, a città sempre più anonime, prive di negozi commerciali artigianali (ma ‘ricche’ di centri commerciali), alla fine dell’agricoltura e al cibo-spazzatura sulle nostre tavole. L’esempio di Palermo, città-paradigma della crisi del nostro tempo

Tutti preoccupati per la crisi del Mercatone Uno. Tutti a fare finta che la Grande distribuzione organizzata (Gdo) sia il bene assoluto da difendere ad ogni costo. La Gdo è il simbolo contraddittorio del liberismo e dei monopoli, due ‘malattie’ economiche e sociali che infestano l’Unione Europea. Così i circa 2 mila posti di lavoro a rischio in Italia diventano una grande notizia, mentre – ad esempio – degli 8 mila lavoratori di Formazione professionale e politiche del lavoro della Sicilia non gliene frega niente a nessuno.

Questa è l’Italia. Questa è la politica italiana con qualche rara eccezione. Ma cos’è, in realtà, la Grande distribuzione organizzata? Di questo argomento i siamo occupati nel dicembre dello scorso anno con un articolo di Domenico Iannantuoni (QUI IL SUO ARTICOLO).

Poco meno di sei mesi fa Iannantuoni scriveva che la Gdo, entro il 2020, licenzierà una caterva di persone (circa 200 mila unità). Il valzer dei licenziamenti è iniziato. Pur essendo dispiaciuti per i posti di lavoro che si perdono, non possiamo non ricordare che la Grande distribuzione organizzata si è affermata distruggendo molti ma molti più posti di lavoro di quelli che ha creato, massacrando il piccolo commercio artigianale. Se sta entrando in crisi, beh, pace all’anima sua…

Qui in Sicilia abbiamo due esempi di irrazionale espansione della Grande distribuzione organizzata: Catania con il suo hinterland e Palermo città: non ci sembrano due grandi esempi, se è vero che si tratta di due Comuni con grandi difficoltà finanziarie: due città trasandate, dove i servizi pubblici lasciano molto a desiderare.

E se Catania-città, pur con un Comune in gravissima crisi finanziaria, resiste, anche grazie a una grande tradizione imprenditoriale, Palermo affonda sempre più tra immondizia per le strade, strade tutte buche, periferie abbandonate, trasporto pubblico delle persone carente e costoso, servizi sociali pessimi e via continuando.

A Palermo – anche se la grande informazione fa finta di non accorgersene – è sparito il mercato storico della Vucciria, sostituito, a poche centinaia di metri, da un centro commerciale tedesco, metafora e immagine di una germanizzazione prossima ventura di Palermo e della Sicilia…

Se la Grande distribuzione organizzata, come scrive Iannantuoni, è un disastro, Palermo, mescolando Gdo, affarismo e cattiva amministrazione della cosa pubblica raggiunge in via Roma le vette dell’abbandono: basta una passeggiata il sabato sera, dalle diciotto alle venti: in primavera, in estate, in autunno e in inverno a dominare, in via Roma, sono le saracinesche dei negozi sbarrati, gli “affittasi”, i “vendesi”, il silenzio, il degrado, l’abbandono. Un disastro.

In prospettiva – questo il progetto della fallimentare sinistra di Palermo a ‘trazione’ PD che governa la città, pur essendo ormai esigua minoranza – c’è un Tram e nuovi sventramenti per fare posto a grandi negozi a gestione estera per la gioia dei turisti. E i palermitani? Incidenti di percorso che ostacolano gli appalti ferroviari e lo sviluppo commerciale…

Del resto, via Roma nasce da uno sventramento del Centro storico di Palermo: nulla di strano che un nuovo sventramento si ‘mangi’ il precedente all’insegna della sottocultura mercatista. Via libera alla negazione dell’urbanistica.

Peccato che questa idea di città al servizio del grande capitale – renzismo residuale in salsa panormita – sembra già fallito in partenza. Perché la Grande distribuzione organizzata è destinata ad entrare in crisi. Così come in crisi entreranno le linee di Tram che rincorrono i centri commerciali: finiranno i Tram e finiranno i centri commerciali. E’ solo questione di tempo.

Per anni ci hanno detto che i centri commerciali erano favolosi: efficienti, convenienti, pronti a farci risparmiare tempo e denaro. Tutte balle.

Pronto accomodo, come già ricordato, hanno fatto fallire tantissimi negozi artigianali. Di fatto, in molte città, hanno creato una condizione di monopolio. Ci sono luoghi dove, oltre che i negozi di frutta e verdura, sono spariti anche i panifici.

Le catene della Grande distribuzione organizzata – che in Italia sono nove (COME POTETE LEGGERE QUI) – hanno preso il controllo di quasi tutta la distribuzione commerciale, soprattutto nel settore agro-alimentare. Sono diventati il tramite quasi unico tra produttori e consumatori. Imponendo prezzi e prodotti ai primi e ai secondi.

Presentati come una risorsa per i consumatori, in realtà puntano a imprigionare gli stessi consumatori e a condizionare i produttori. In pratica, come leggiamo su Scenari economici, “la concentrazione in poche mani della grande distribuzione organizzata riduce la libertà economica dei consumatori e la redditività dei produttori, a solo vantaggio di chi ha monopolizzato il mercato”.

Tutt’oggi i consumatori vengono allettati dai bassi prezzi. Ma cosa c’è dietro i bassi prezzi? In primo luogo c’è il pagamento dei fornitori, da parte della Gdo, a 180 giorni.

“Questo significa – leggiamo sempre su Scenari economici – che se i consumatori acquistano oggi 100 euro di pasta, la GDO disporrà di un PRESTITO A TASSO 0% di 100 euro, da investire sui mercati finanziari nei seguenti 6 mesi. In quei 6 mesi la GDO avrà guadagnato magari il 2%, ovvero 2 euro, potendo poi utilizzare i 100 euro per pagare il produttore di pasta. Le società della Grande distribuzione organizzata, quindi, non sono propriamente dei commercianti, quanto soprattutto delle società finanziarie, le quali usano i flussi di cassa delle vendite come fonte di finanziamento delle proprie attività”.

Risultato? Città prive di vita, senz’anima. Solo anonimi centri commerciali dove i consumatori vengono allettati da prezzi bassi, ma da prodotti scadenti, soprattutto se parliamo di agro-alimentare.

Già, l’agro-alimentare. E’ interessante notare gli effetti devastanti che la Grande distribuzione organizzata esercita sull’agricoltura. Prendiamo come esempio un’azienda agricola di 10 ettari a qualche chilometro da una città che produce frutta. Mentre prima dell’avvento della Gdo vendeva la propria frutta a tanti piccoli negozi artigianali che, a propria volta, li rivendevano ai cittadini, adesso – dopo che la stessa Gdo ha fatto fallire i piccoli negozi artigianali – all’azienda agricola restano due vie: vendere in proprio la frutta o consegnarla tutta alla Grande distribuzione organizzata.

Non tutti riescono a organizzare una propria rete commerciale. Così la nostra azienda agricola che produce frutta è costretta a sottostare alla Gdo.

Ma la Gdo ha regole precise. Così i dirigenti della Gdo dicono al titolare dell’impresa agricola che produce frutta:

“Il tuo prodotto è buono, ma sappi che noi la frutta la possiamo acquistare in Marocco, in Tunisia, in Egitto e persino in Cina, perché l’Unione Europea ce lo consente. E lì costa meno della metà di quanto la vendi tu. Adeguati, o la tua frutta può restare sulle piante”.

“Ma la mia frutta è buona – ribatte l’agricoltore – ho ridotto al minimo l’uso di pesticidi, pago i lavoratori giornalieri secondo quanto prevede la legge, non posso ridurre i prezzi”.

“Allora sono cavoli tuoi”, ribattono i dirigenti della Gdo di turno.

Così il titolare dell’azienda agricola che produce frutta ha due strade: o riduce i costi, o chiude.

Così decide di ridurre i costi. E se prima utilizzava un pesticida a bassi residui, tutto sommato a bassissimo impatto sui consumatori, adesso opta per un pesticida a basso costo, ma che risulta dannoso per la salute dei consumatori.

Ma alla Gdo non basta: “Devi ancora ridurre i costi!”.

E che fa l’agricoltore? Licenzia i braccianti agricoli italiani, che si rifiutano di lavorare sottopagati, e assume i migranti, che pur di lavorare, si accontentano di una paga da fame.

Del resto, qualcosa i migranti che arrivano in Italia la debbono fare, no? Non è che possono campare con i 2 euro al giorno che gli danni i gestori dei centri di accoglienza (che per ogni migrante incassano 35 euro al giorno)?Alla fine non è proprio per questo che i “Porti italiani debbono restare aperti” e che dobbiamo accogliere, accogliere, accogliere, come ci ricorda una domenica sì e l’altra pure Papa Francesco con la sua teologia ecologista-liberista-europeista-mercatista?

Eh sì, ora ci siamo, ora il prezzo è giusto. La frutta è carica di pesticidi dannosi per la salute, ma il prezzo si è abbassato: ora ci siamo!

Però, in agguato, ci sono i controlli: forze dell’ordine e l’INPS. Ci sono gli ‘scoop’ e ci sono le organizzazioni sindacali che tuonano:

“Ah, che vergogna, sfruttano i migranti con il lavoro nero e con il caporalato!”. Facendo finta di non sapere che i migranti, in Europa, li hanno fatti arrivare proprio per questo: per distruggere il mercato del lavoro riducendo i salari ed eliminando i diritti sociali, come ha fatto il PD al Governo dell’Italia nella passata legislatura!  

E qui non riusciamo a capire se tutti i soggetti che partecipano a questo sistema ci sono o ci fanno: non è chiaro – e scusate il gioco di parole – se gli è chiaro che loro stessi sono parte di un ingranaggio messo su per distruggere l’agricoltura. 

Infatti, a un certo punto, l’agricoltore produttore di frutta sputtanato perché sfruttava i migranti fa il seguente ragionamento:

“Mi costringono a produrre con pesticidi pessimi per abbassare i costi, mi costringono a ricorrere al lavoro nero, sempre per ridurre i costi; forze dell’ordine e INPS mi multano; mi sputtanano sui giornali e nelle televisioni. I sindacati dicono che siamo sfruttatori. Bene: sapete che c’è di nuovo? Vendo i terreni e al diavolo tutti”.

Se invece gli agricoltori non si sono arresi alla Gdo, se non hanno optato per la manodopera in nero e non sono riusciti a costruirsi una rete di vendita alternativa, a loro pensano direttamente le banche e, in generale i debitori: in questo caso i terreni vengono venduti direttamente dalle ‘autorità’, passando per le esecuzioni immobiliari…

Abbiamo cercato, sicuramente in modo perfettibile, di descrivere il ruolo della Gdo, le azioni ‘intelligenti’ di Regioni e Comuni italiani che si calano le brache autorizzando centri commerciali di qua e di là, la ‘lungimiranza’ di politici e sindaci che vogliono i “Porti aperti”.

Il prodotto di questo sono le città deserte e un ottimo cibo sulle nostre tavole…

Ah, dimenticavamo: anche i sindacalisti che denunciano la “vergogna del caporalato” e protagonisti degli ‘scoop’ almeno tre volte al giorno debbono mangiare. Anche per loro ci sono pasta e pane con grano duro canadese, dolci con il grano tenero Manitoba (sempre canadese), pomodoro e passata di pomodori cinese, formaggi con latte rumeno, olio d’oliva ‘extra vergine’ tunisino e, magari, per chiudere, la frutta che arriva da chissà dove o che è prodotta dal nostro agricoltore che risparmia sui pesticidi e sulla manodopera e che non è stato ancora scoperto…

Buon appetito!

Foto tratta da healthdesk.it 

 

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