L’agricoltura siciliana è al collasso: ma il presidente Musumeci pensa al Ponte di Messina!

27 marzo 2019

Abbiamo deciso di pubblicare il documento degli Agricoltori riuniti e di un gruppo di sindaci (per ora i Comuni siciliani che hanno aderito sono una quarantina) perché questo ci consente di misurare la distanza siderale tra un Governo regionale che pensa al Ponte sullo Stretto di Messina e i problemi reali dell’agricoltura siciliana. A cominciare dalla viabilità disastrosa e dagli effetti perversi della globalizzazione dell’economia 

I danni provocati dal maltempo. Le semine andate a male. Le aree interne abbandonate. Le perdite per chi coltiva grano duro. Il calcolo dell’integrazione al reddito che favorisce il Nord e danneggia il Sud. Il costo del lavoro agricolo alle stelle. La zootecnia in crisi. Le procedure esecutive per togliere i terreni agli agricoltori. I costi eccessivi dell’acqua. I trucchi del PSR e via continuando.

C’è di tutto nel documento degli Agricoltori riuniti e dei sindaci (per ora sono una quarantina i Comuni che hanno aderito alla battaglia per tutelare l’agricoltura siciliana). Abbiamo deciso di pubblicare integralmente questo documento – frutto del convegno che si è svolto nei giorni scorsi a Santa Caterina Villermosa – perché dà la misura della distanza siderale che c’è tra un Governo regionale che, mentre la Sicilia sprofonda, pensa al Ponte sullo Stretto di Messina, e i problemi reali, veri di un settore che il presidente della Regione Nello Musumeci ha affidato a Forza Italia, formazione politica inutile, che vive grazie a voti raccattati qua e là non si capisce come (o si capisce benissimo…): con un assessore regionale all’Agricoltura che è l’emblema del fallimento – politico prima che amministrativo – dell’attuale Governo.

Ci fa piacere che, finalmente, i sindaci si siano svegliati e abbiano finalmente cominciato a ‘cantarle’ sia al passato Governo nazionale di centrosinistra (giusto l’attacco sferrato all’ex Ministro delle Politiche agricole, Maurizio Martina, del PD), sia all’attuale Governo regionale di Nello Musumeci e, in particolare, a un assessore all’Agricoltura, Edy Bandiera, politicamente inconsistente.

Cominciamo a leggere insieme.

“La situazione dell’agricoltura siciliana è al collasso totale. Agli atavici motivi di dissesto si aggiungono, quest’anno, i danni causati dal maltempo che ha ridotto i terreni pronti per la semina ad un ammasso di fanghiglia che, nella migliore delle ipotesi, sono stati rilavorati, con spese di gasolio e manodopera raddoppiati, rispetto al normale. Chi, malauguratamente, aveva seminato ha dovuto rifarlo con tutti gli annessi e connessi…

In ogni caso, chi ha seminato, dopo le piogge, ammesso che abbia potuto farlo, lo ha fatto con mezzi alternativi alle seminatrici, come gli spandi concime ecc, che non daranno certo il risultato delle prime. Stessa situazione per quanto riguarda ortaggi ed allevamenti, con serre e capannoni distrutti.
Naturalmente a questo bisogna aggiungere ulteriori spese per rendere coltivabili, in futuro, i terreni suddetti disastrati dalle alluvioni con frane e smottamenti vari.

AREE INTERNE DELLA SICILIA – Le aree interne della Sicilia rappresentano il 75% della superficie coltivabile. Del disagio in cui vivono gli agricoltori se ne parla sempre meno, perché, il loro malessere e la loro sofferenza, essi stessi tendono a nasconderlo per un senso di vergogna insita nella loro storia culturale. La cerealicoltura, con gli allevamenti, sono l’unica risorsa di questa area, insieme ad ormai qualche sporadica coltivazione di pomodoro che, pur essendo di qualità eccelsa, è stata abbandonata a causa degli alti costi di produzione che non consentono di competere con i prodotti importati dai Paesi extracomunitari.

Esiste anche, nelle zone vocate, l’ortofrutta e la serricoltura, un tempo fiore all’occhiello della nostra Regione e ora anch’esse in grave crisi come descriveremo più avanti.

Gli agricoltori sono per la globalizzazione dei mercati ma, ad armi pari…
Va premesso che non ci sono alternative alle suddette attività nelle aree interne della Sicilia, in quanto il clima e la carenza d’acqua impediscono altre coltivazioni.

Nel documento si fa riferimento al prezzo stracciato del grano duro siciliano. Che si vende a 18-20 euro al quintale. I dati parlano chiaro:

GRANO DURO. PERDITE DI 367 EURO AD ETTARO – “Un ettaro coltivato a questo cereale costa circa 1.388 euro. Il ricavo, con una produzione media di circa 28 Quintali/Ha, al prezzo di 20 euro/Quintale (prezzo di vendita) è di 1.022 euro/ettaro, compreso del contributo AGEA. Perdita netta: 367 Euro”.

“Tra le tante spese – prosegue il documento – non è compreso, in questo conteggio, quella del gasolio agricolo, che viene assegnato secondo tabelle, ormai obsolete, per cui l’agricoltore, per completare i lavori, tante volte, deve ricorrere all’acquisto di quello di autotrazione, naturalmente ad un prezzo di gran lunga superiore. In tutto questo il prezzo dei mezzi tecnici (concimi, diserbanti ecc…) aumenta vertiginosamente.

CALCOLO DELL’INTEGRAZIONE SBAGLIATO – “Va detto – leggiamo sempre nel documento – che l’integrazione al reddito, quando fu definita, fu calcolata in base alla produzione dei tre anni di riferimento precedenti. Ironia della sorte, la Sicilia produsse poco e niente in quel periodo per la siccità e quindi si attestò sui 250 Euro. Vedi caso, al Nord, in quegli anni, ebbero invece grosse produzioni che consentirono a quegli agricoltori di ottenere un valore integrativo di quasi (non sappiamo il dato preciso) 800 Euro/ettaro. Pensiamo sia una grossa ingiustizia che, a nostro parere, va rivista al più presto”.

COSTO DEL LAVORO ALLE STELLE – “La questione manodopera, poi, ci ha ulteriormente disastrati. Buste paga con assegni o bonifici tracciabili con paghe sindacali assolutamente fuori mercato. Si arriva a circa 90/100 euro di paga giornaliera inserendo i contributi INPS che continuano ad aumentare ed il costo delle visite mediche. Vanno bene i controlli dell’Ispettorato etc. Ma diteci: come si può pagare un operaio a quasi 90 euro al giorno, e se è specializzato anche di più, se i prezzi attuali, da anni, non riescono a soddisfare le spese di produzione?”.

“A questo si aggiunge che, quando viene erogata la compensazione al reddito dall’AGEA, con pesanti ritardi – prosegue il documento – la stessa viene a monte decurtata da ingenti tagli per cartelle INPS, Equitalia e quant’altro.
Ora si sono inventati anche l’esibizione del certificato antimafia per riscuotere il saldo del contributo comunitario al di sopra de 25.000 euro: certificato che, nella migliore delle ipotesi, arriva dopo 6 mesi. Eh già, in Sicilia, siamo tutti mafiosi, salvo a dimostrare il contrario. Ma non dovrebbe essere lo Stato ad evidenziarlo?”.

“Come sopra descritto – leggiamo sempre nel documento di agricoltori e sindaci – non resta nessun reddito e, anzi, si va in grande perdita. Tutto ciò causa il fallimento delle aziende che si indebitano pesantemente con gli Istituti di credito (o con gli usurai…) e, non riuscendo a pagare le rate, sono pieni di decreti ingiuntivi e devono cedere i loro terreni e, talvolta, le loro case, che vengono svenduti e svendute all’asta a prezzi assolutamente ridicoli (tanto alle banche, salvate con i nostri soldi… interessa recuperare il capitale, pur avendo ipoteche per 2, 3 volte superiori al valore del debito).
Banche inviperite che mettono i beni dei debitori all’asta a prezzi irrisori, basta che recuperano il credito, magari d’accordo con i soliti sciacalli che aspettano pur di fare l’affare”.

Una stilettata anche all’ISMEA “che non sente ragioni e minaccia i giovani agricoltori in ritardo con i pagamenti di risolvere il contratto..etc, etc.”.

“Già, l’ISMEA – leggiamo sempre nel documento – organismo statale che dovrebbe agevolare i giovani che invece si aggiunge a banche e usurai per togliere i fondi agli stessi giovani in difficoltà a causa di ritardati pagamenti.
I giovani, di primo insediamento, che hanno voluto acquistare con ISMEA, non riescono ad onorare i pagamenti e restituiscono, al suddetto Istituto, il bene acquistato che, poi, viene messo all’asta, grazie al D.L del 22 Ottobre 2016 n.193 che costituisce la ‘Banca dei terreni agricoli’ dell’allora ‘Scienziato’ oggi ex Ministro Maurizio Martina che tanto ha dato all’agricoltura Siciliana…”.

LE PROCEDURE ESECUTIVE PER TOGLIERCI I TERRENI – Dopo il ‘siluro’ all’ex Ministro delle Politiche agricole, Martina, il documento racconta quello che “sta accadendo nel Ragusano, dove le procedure esecutive interessano anche la case dei poveri disgraziati i cui beni sono stati messi all’asta. Speriamo di non assistere al prossimo suicidio che, naturalmente, sconvolgerà la classe politica e sindacale, salvo, poi, il giorno dopo, fregarsene bellamente e a tornare ogni 27 a prelevare il lauto stipendio. La scelta è: o insistere andando fuori legge e rischiando l’arresto per ‘caporalato’, o abbandonare la coltivazione con tutte le ricadute del caso come stiamo facendo tutti”.

ZOOTECNIA? UN DISASTRO! – “Disastro totale per quanto riguarda i bovini. Regole sanitarie pesantissime e costose. Occorrerebbe, per prima cosa, istituire un distretto sanitario unico, con regole e procedure di movimentazione all’interno della nostra Isola. Un nuovo programma di vaccinazione per la brucellosi, limitatamente alla linea vacca /vitello, su base volontaria. Sarebbe anche necessaria l’autorizzazione delle transumanze, previa comunicazione e con controllo nel territorio di
destinazione, in modo da saltare quello di partenza, visto che le
aziende transumanti sono legate alle condizioni di clima e di foraggi
quindi non prevedibili”.

La transumanza, per la cronaca, è la migrazione del bestiame dai pascoli delle pianure a quelli delle aree montuose e viceversa.

“Anche facendo riferimento agli allevamenti di ovini – prosegue il documento di Agricoltori riuniti e sindaci – la situazione è catastrofica, considerando le condizioni di un allevatore, il tempo che impiega per il proprio gregge e vista la situazione che si e venuta creare da decenni di totale assenza delle istituzioni che si sono solo preoccupate di firmare accordi con l’Unione Europea, non tenendo conto della nostra situazione”.

Segue il conto economico:

“Per un allevamento di ovini medio la spesa complessiva per capo è di circa 298,00 euro annuo, con un ricavo di euro 98,00 a capo. Si ha una perdita di 200,00 euro annuo a capo. L’allevatore, per sostenere tutte le spese, è costretto a vivere in condizioni disumane, non riesce ad onorare i pagamenti dei contributi INPS, delle rate agrarie e quant’altro serve per mantenere allevamento. Nemmeno un minimo di reddito ma copiosa perdita netta”.

“Bisognerebbe intervenire su diversi fronti – prosegue il documento – a cominciare dal ripristino dell’indennità compensativa, del prezzo del latte adeguato e tanto altro… E che dire degli ortaggi, degli agrumi e dell’ortofrutta in generale ? Prodotti lasciati marcire a terra per non perderci anche il costo della raccolta. Per non parlare dei carciofi, non certo per qualità uguali ai nostri, che ormai arrivano a prezzi bassissimi dall’Egitto e dalla Cina”.

CONSORZI DI BONIFICA – “La situazione dei Consorzi di Bonifica è poi più che disastrosa. Spese immani, reti colabrodo che non consentono l’utilizzo dell’acqua agli agricoltori, che sono costretti a pagare lo stesso le tariffe anche se non utilizzano l’acqua. Una riforma annunciata da più di un decennio che ancora non partita”.

IL DISASTRO VIABILITA’ – “A tutto questo enorme disagio che persiste da anni – leggiamo sempre nel documento – si aggiunge una viabilità fatiscente, che non permette ai nostri prodotti di essere ritirati”.

Altri disagi e altri costi per gli agricoltori, allevatori compresi.

COSTI DELLE STRADE A CARICO DEI COMUNI – “Questa situazione
grava sui sindaci che devono con poche risorse rendere accessibili le
strade interessate a volte da frane e smottamenti. Al Nord pensano alla TAV per risparmiare 20 minuti di tempo, alla quinta corsia se non alla sesta e, qui, per raggiungere un’azienda ci vuole il trattore…”.

“Bandi per il rifacimento delle strade poderali annunciati, ma mai partiti. Ci diceva un tecnico che l’ultimo bando risale a 20 anni fa, eppure, nel PSR i fondi dedicati ci sono… Tutto questo, naturalmente, causa la contrazione delle coltivazioni e l’indebitamento, con le conseguenti procedure esecutive di cui sopra. Ci dica la politica come si può fare e cosa ci consiglia. Noi abbandoniamo… I nostri giovani emigrano lasciando l’atavico lavoro; senza dimenticare che, l’agricoltore, è il primo guardiano dell’ambiente”.

PSR? PARTECIPARE AI BANDI E’ TROPPO COSTOSO – “Per non parlare degli investimenti sul PSR, tanto decantati dalla Regione leggiamo ancora nel documento – fermi da tempo, ai quali la maggior parte degli agricoltori rinuncia per non indebitarsi oltre… Infatti, a parte le pratiche burocratiche estenuanti a cui si viene sottoposti (per un certificato antimafia come già detto occorrono mesi!), bisogna presentare i progetti esecutivi che si devono esibire alla presentazione della pratica, anche se la stessa pratica non viene accettata. Cosa, questa, che hanno un costo iniziale di notevole rilievo. Chi ha fatto progetti di miglioramento come farà a pagare la parte di sua competenza? Bisogna chiederlo a chi ci governa. Forse loro hanno la soluzione e, se ce l’hanno, ce la dicano che risparmiamo tempo”.

POLITICA ASSENTE – “La Politica, totalmente assente, ha contribuito a mettere in ginocchio questa comunità che noi rappresentiamo – si legge sempre nel documento -. Il malessere diffuso causa l’abbandono dei fondi e, qualche volta, anche la vita… e ne abbiamo già parlato. E’ da sottolineare che i prezzi sono determinati dall’importazione di prodotti di scarsa qualità e, comunque, non paragonabili ai nostri, come i pomodori dal Marocco o dalla Cina, il ciliegino dal Kenia. Prodotti che, a parte i costi di produzione bassissimi, contengono sostanze e pesticidi proibiti (risulta che, in Africa e Cina, usano ancora il DDT che le multinazionali della chimica vendono in questi Paesi per esaurire le vecchie scorte), o il grano canadese, ucraino (anche da Cernobyl, il cui territorio, dicono gli scienziati, è inutilizzabile per decenni a causa dei residui radioattivi), kazako etc. Per non parlare dell’olio d’oliva tunisino, recentemente arrivato in Italia e delle carni di importazione che contengono estrogeni ed antibiotici vari… Paesi dove la manodopera, trattata in maniera disumana, costa 10 volte meno che da noi.
Altro che buste paga, TFR e tracciabilità dei pagamenti!”.

Nel documento si ricorda che la Sicilia produce grano, ortaggi, carne e olio d’oliva di ottima qualità. Il grano duro è assolutamente privo di micotossine (cancerogene…) e di gliphosate o glifosato (che usano nei Paesi freddi per la maturazione).

Nel documento si ricorda che il glifosato è causa di varie patologie.

“E’ di qualche tempo fa la pubblicazione, di uno studio dell’Istituto ‘Ramazzini’ di Bologna – leggiamo sempre nel documento – stando al quale il glifosato, anche in dosi molto basse, ha causato danni riproduttivi e di sviluppo sulle cavie. L’argomento glifosato è particolarmente spinoso in quanto gli studi, su questo principio attivo, sono stati secretati per anni e sono stati tirati fuori e pubblicati grazie ad un’associazione privata: GranoSalus che, sostituendosi agli organismi pubblici che avrebbero dovuto vigilare, ha fatto analizzare i prodotti finiti a proprie spese: pasta e prodotti da forno prelevati dai banchi vendita dei supermercati. E’ stata rilevata la presenza di questo principio attivo e, tutto questo, ha causato la reazione furiosa delle multinazionali della pasta che, dopo aver portato l’Associazione in Tribunale, hanno perso per le vie legali. Ma tant’è, non si possono controllare all’arrivo e quindi vanno nei banchi dei supermercati a prezzi della metà dei nostri prodotti sani e salubri”.

A dir la verità, sui banchi dei tribunali siamo finiti anche noi de I Nuovi Vespri (COME POTETE LEGGERE QUI).

IL ‘REGALO’ DEL CETA – I nostri rappresentanti politici in Europa, tra cui la quasi totalità dei siciliani, sono riusciti solo a fare approvare il CETA (Accordo col Canada’ che abbatte i dazi sulle nostre importazioni…) che reciterà il “de profundis..” della nostra cerealicoltura… Spero che ce lo ricorderemo alle prossime elezioni”.

Il riferimento, ovviamente, è alle elezioni europee del prossimo mese di maggio.

“E sì, cari amici, la situazione è questa senza sé e senza ma. Innanzitutto, la politica si rende colpevole di lasciare completamente solo e allo sbando l’intero settore. Soli, contro la globalizzazione selvaggia che ci propone prodotti di scarsissima qualità a prezzi irrisori in concorrenza con i nostri salubri e privi di sostanze nocive”.

Quindi la ‘bordata’ all’attuale assessore all’Agricoltura, Edy Bandiera:

I CONTROLLI-FARSA DELLA REGIONE – “L’assessore, al suo arrivo, aveva promesso controlli drastici sulle navi che trasportavano grano duro dall’estero. Ne avrete sentito parlare: una sola, sequestrata e poi rilasciata, dopodiché il niente. Interpellato e sollecitato, l’assessore ci dice che si creerebbe un danno alla Regione se il carico restasse fermo e quindi si fidano dei controlli effettuati visivamente visto che, una volta entrata in un un porto Europeo, la nave viene controllata lì e può circolare liberamente nei porti UE. Ma hanno mai richiesto, visto che si tratta di documenti ufficiali, il risultato delle analisi effettuate, per esempio, a Marsiglia?
E poi… IL controllo visivo: Forse le sostanze nocive sono fosforescenti e si vedono ad occhio nudo?”.

“E’ chiaro, e ci assumiamo la responsabilità di quanto diciamo – prosegue il documento – che qualcosa di strano c’è. Chi non bisogna disturbare? Qualche finanziatore politico? Ce lo dicano che ci rassegniamo almeno… Non è possibile vendere il nostro grano di ottima qualità a 20 euro/quintale, quando per produrlo ne occorrono 29/30 all’attuale prezzo. E’ chiaro che si aumentano gli indebitamenti… Forse sotto c’e’ qualcosa o qualcuno che ci vuole portare verso il fallimento per acquisire i nostri beni? E’ una domanda che bisogna porsi…”.

IL MINISTRO LEGHISTA? PENSA AL RISO – Poi l’attacco al Ministro leghista delle Politiche agricole, Gian Marco Centinaio:

“Il Ministro pare si occupi solo di riso ed, in ogni caso, delle regioni del Nord… In un passato, ormai remoto, i politici isolani chiedevano lo stato di calamità naturale, di crisi di mercato e si sospendevano i pagamenti e le procedure esecutive finché la situazione non si normalizzava. Così nacquero leggi ad hoc come la 135 ora 102/04 che servivano per soccorrere gli agricoltori in difficoltà; ora niente perché la scusa è: ci sono l’Europa, Basilea 3, la concorrenza sleale, gli aiuti di Stato, etc. Ma la legge è ancora in vigore. I problemi sono tantissimi; non finiremmo mai di elencarli in questo documento, ma ci sentiamo di dire che, in primis, bisogna da parte del Governo regionale favorire i processi di aggregamento tra gli agricoltori, agendo sull’assistenza tecnica, sul miglioramento qualitativo del prodotto e sulla riduzione della frammentazione dell’offerta poi incentivare la tracciabilità del prodotto per garantire la sicurezza alimentare”.

“D’accordo – si legge nel documento – ma vista la situazione catastrofica in cui versa il settore, caro assessore e caro Presidente, con tutte le promesse preelettorali fatte e inserite nel vostro programma preelettorale, andatevela a discutere a Roma, a Bruxelles e, se necessario, incatenatevi ai cancelli, ma almeno dimostrate che vi interessate”.

Dopo di che arrivano le richieste:L

1) IMMEDIATA ISTITUZIONE di un tavolo di crisi del mercato agricolo regionale permanente che, oltre ai soggetti istituzionali, comprenda anche una rappresentanza di questo comitato spontaneo. Tale tavolo dovrà riunirsi almeno una volta al mese ed, in ogni caso, quando richiesto.

2) Dichiarare, IMMEDIATAMENTE, lo stato di crisi di mercato e da eventi meteorologici eccezionali con la conseguente messa in atto delle normative che prevedano la sospensione delle cartelle di pagamento INPS ed Equitalia, delle rate ISMEA, delle procedure esecutive per 24 mesi come previsto nel D.L., e quant’altro sia nel potere della Regione e dello Stato, di concerto con la UE, come deliberato dalla Giunta regionale con la Deliberazione n. 138 del 28 Marzo 2019, vista la relazione dell’assessore n.15224 del 27/03/2018 (quando gli eventi alluvionali non si erano ancora verificati) estendendola a tutta la Regione visto che la crisi, riguarda tutto il territorio.

3) Chiedere l’immediata applicazione del D.L. 102/04 ex 135 e, vigilare, perché quest’ultimo venga applicato.

4) Chiedere l’estensione del Decreto agricoltura (02/07/2015), fatto per gli Interventi su latte, olio, xylella e piogge alluvionali in Puglia anche alla Regione Sicilia, per il settore cerealicolo, allevamenti e ortofrutticolo.

5) L’attivazione della legge L. 14 febbraio 1992, n. 185.
Nuova disciplina del Fondo di solidarietà nazionale.

6) Legiferare, ove non prevista, sulla questione CRISI DI MERCATO AGRICOLO e approntare provvedimenti sull’argomento. Ove non contemplata, tale normativa, interpellare il Governo Nazionale per intervenire.

7) Attuare sistematicamente, e non sporadicamente, controlli sanitari delle merci importate, non affidandosi solo ad un’analisi visiva, incaricando un Ente di concerto con gli organi preposti (NAS; Dogane ecc.) che monitori costantemente quello che arriva, collegato ad una rete di laboratori già esistenti (Rete ASCA, ASL, Istituto Zooprofilattico, ESA etc.) o, se necessario, indipendenti. Aggiornare i laboratori, se sprovvisti, degli strumenti idonei per il rilevamento del glifosato (ci risulta che nella nostra Regione non ce ne sono….) tenendo presente che, nel caso delle navi, basta un attracco al porto di Marsiglia o Amburgo, con conseguenti analisi (quali?..quella del grano Kazako dove è stata controllata?), per potere circolare e scaricare liberamente nei porti dei Paesi dell’Unione Europea.

8) Assumere iniziative valide affinché i carichi possano essere controllati in breve lasso di tempo ed, in tale attesa, restino carichi. Fare in modo da prevedere che nei contratti di acquisto, per legge, sia prevista tale attesa; se il controllo e’ effettuato in altro luogo di entrata UE richiedere obbligatoriamente la documentazione delle analisi.

9) Nel caso di controlli sui prodotti poi scaricati nei mulini controllare nei silos se il prodotto ha le stesse caratteristiche del controllo effettuato o è stato miscelato con grano nostrano per abbassare i limiti delle sostanze nocive. Pratica proibita dal regolamento UE. 

10) Chiedere al Ministero della Salute di attivarsi urgentemente, presso la UE, per far abbassare il limite di residuo del glifosato stabilito su un consumo Europeo di pasta di 5 Kg annui pro capite, in considerazione che in Italia, specie nel Meridione, il consumo è di circa 50 Kg annui ad individuo. Tutto questo ci porta ad ingerire 10 volte la dose consentita, minando anche la salute dei nostri bambini.

11) Per quanto riguarda il grano, presentare progetti per la promozione dello stesso, mettendo in atto le procedure consentite dalla UE per un marchio singolo, non ad ombrello, che contenga la dicitura: “Grano duro di Sicilia”, comprensivo di disciplinare e promozione sui media nazionali ed esteri, per far conoscere la qualità del nostro prodotto, in modo da raggiungere le quotazioni del Desert Durum Americano (oggi 40 dollari/quintale), del quale, il nostro prodotto, non è assolutamente inferiore (tale progetto è conservato nei cassetti del “Consorzio Ballatore” e fu presentato il 18 Dicembre 2009).

“Queste richieste urgenti – conclude il documento – sono propedeutiche a tutta una serie di proposte che verranno fatte nel consesso del tavolo tecnico di cui sopra e che, in questa sede, non possono essere elencate per ovvi motivi. Questo comitato spontaneo, ove non venissero accolte le richieste di cui sopra, nel più breve tempo possibile, si riserva di prendere in considerazione tutte le iniziative che la legge consente”.

Foto tratta da lasicilia.it

 

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