Grano duro: i contratti di filiera sono una trappola della Lega per gabbare gli agricoltori del Sud!

4 gennaio 2019

In questo articolo torniamo a ribadire che i contratti di filiera – prima proposti dal PD di Renzi (leggere ex Ministro Maurizio Martina) e oggi dal Ministro leghista, Gian Marco Centinaio, si configurano come il cavallo di Troia per consentire alle industrie del Nord di ‘catturare’ e ‘imprigionare’ gli agricoltori del Sud. Le balla sulla CUN. Le dichiarazioni di Ettore Pottino e Cosimo Gioia  

Se c’è ancora qualcuno che dubita che il Ministro leghista delle Politiche agricole, Gian Marco Centinaio, rappresenti, in agricoltura, la continuazione del renzismo, il recente provvedimento che stanzia 20 milioni di euro per i contratti di filiera per il grano duro fugano gli eventuali dubbi. I contratti di filiera (ARGOMENTO CHE QUESTO BLOG HA AFFRONTATO PIU’ VOLTE AI TEMPI DEL GOVERNO RENZI, COME POTETE LEGGERE QUI) sono la testimonianza di come, in Italia, l’agricoltura viene posta al servizio della grande industria;: in questo caso, al servizio dell’industria della pasta.

Riassumiamo la ‘filosofia’ del contratto di filiera con una premessa.

Come abbiamo scritto nei giorni scorsi, i canadesi – ovvero quelli del “grano canadese” – si sono auto-sputtanati e hanno detto di avere aumentato sia la produzione di grano (duro e tenero), sia l’export. E poiché, con riferimento al grano duro utilizzato per la produzione della pasta, l’Italia è uno dei primi importatori nel mondo di grano duro canadese (e non potrebbe essere altrimenti, visto il grande numero di aziende industriali che producono pasta), è chiaro che l’Italia, contrariamente a quello che cercano di farci credere, ha aumentato l’import di grano duro canadese.

Per essere ancora più precisi, con 3,6 milioni di tonnellate di pasta prodotta l’anno scorso (il riferimento è al 2017 ndr), per un valore di 3,5 miliardi di euro, l’Italia ha rappresentato il 67% della produzione totale dell’Unione Europea sia in termini di volume, sia in termini di valore (dato Eurostat).

Ancora: l’Italia è il primo esportatore europeo di pasta (1,8 milioni di tonnellate esportate, pari al 76% del totale degli Stati membri dell’UE nel 2017).

Com’è noto, molte industrie di pasta italiane, accanto al grano duro italiano, utilizzano il grano duro estero (COME POTETE LEGGERE QUI).

Ma siccome una parte rilevante del grano duro canadese presenta problemi (il riferimento è al grano duro canadese coltivato nelle aree umide e fredde), perché viene fatto maturare artificialmente con il glifosato e potrebbe contenere anche micotossine DON in quantità superiore ai limiti – peraltro generosi – previsti dalla legislazione comunitaria (con problemi non indifferenti, COME POTETE LEGGERE QUI), ecco che il grano duro del Sud Italia torna utile per addizionarlo ai grani duri esteri importati in Italia, a cominciare dal grano duro canadese.

Insomma, ai produttori di pasta italiana il grano duro serve: e gli serve, in particolare, il grano duro del Sud Italia, perché il grano duro del Sud Italia non contiene né glifosato, né micotossine DON!

Ma quale grano duro deve essere coltivato nel Sud e a che prezzo gli industriali lo debbono pagare, ebbene, queste sono cose che ‘debbono’ essere stabilite dagli stessi industriali del Nord Italia.

Nasce così il contratto di filiera: loro, gli industriali della pasta, dicono agli agricoltori del Sud: voi dovete coltivare queste varietà di grano duro (ricche di proteine, cioè di glutine, perché così le industrie risparmiano un sacco di soldi sull’essicazione della pasta) e le dovete coltivare come vi diciamo noi: con queste concimazioni, con questo e con quello.

Nel Sud Italia, causa una volgare speculazione internazionale e nazionale, il prezzo del grano duro viene tenuto basso: a 18 euro al quintale circa, 4-5 euro in meno del costo di produzione per quintale.

Con i contratti di filiera gli industriali offrono 26-28 euro per ogni quintale di grano duro – 3-4 euro in più del costo di produzione – che deve essere però prodotto come dicono loro!

A questo punto interviene il Governo nazionale che dà un’integrazione agli agricoltori: a questo servono i 20 milioni stanziati dal Ministro Centinaio.

La stessa cosa che ha fatto il Governo Renzi (solo che, fino ad oggi, i soldi, agli agricoltori, in buona parte, non sono arrivati).

Spiega Ettore Pottino, presidente di Confagricoltura Sicilia:

“I contratti di filiera non tengono conto di alcuni parametri: per esempio, l’assenza, nel grano duro del Mezzogiorno d’Italia, di micotossine DON”.

L’assenza di micotossine DON è un valore aggiunto che agli industriali della pasta serve: ma il prezzo, come già accennato, lo fissano loro! E questo valore aggiunto, gli industriali del Nord, lo considerano come un elemento che gli agricoltori del Sud gli debbono regalare!

“I contratti di filiera – spiega ancora Pottino – servono agli industriali della pasta. Risolvono i problemi degli industriali della pasta, non certo i problemi degli agricoltori. Tutto il potere contrattuale è nelle mani degli industriali. Se un grano duro non raggiunge la percentuale di proteine da loro richiesta, loro ribassano il prezzo. Insomma, sono contratti con riserva: dove la riserva tutela gli industriali, non gli agricoltori. Ti impongono le sementi, ti impongono le concimazioni. Gli agricoltori che siglano un contratto di filiera si consegnano nelle mani degli industriali della pasta”.

“I contratti di filiera bloccano i prezzi violando il principio della concorrenza – sottolinea Cosimo Gioia, produttore di grano duro -. A comandare, su tutto, sono gli industriali. Che, lo ribadisco, giocano sui prezzi bloccati e, se una cosa poi non gli garba, abbassano anche i prezzi. Sono catene. Molto più serio bloccare il grano duro malsano che arriva in Sicilia e, in generale, nei porti del Sud Italia con le navi. Ma questo postula la presenza di Governi seri, a Roma e in Sicilia”.

“L’attuale Governo regionale – aggiunge Gioia – ha assunto degli impegni in campagna elettorale che non sta rispettando. Il presidente della Regione, Nello Musumeci, e l’assessore all’Agricoltura, Edy Bandiera, si erano impegnati a controllare il grano che arriva in Sicilia con le navi. Ma, fino ad oggi, a parte il controllo su una nave arrivata nel marzo dello scorso anno, non hanno fatto nulla. Ora arrivano i contratti di filiera: e arrivano, guarda caso, dopo che il prezzo del grano duro del Sud è stato tenuto basso. In conclusione: sono contrario ai contratti di filiera che sono espressione del colonialismo del Nord ai danni degli agricoltori del Sud”.

E sono espressione – aggiungiamo noi – dell’ascarismo dei governanti della Sicilia che sanno solo penalizzare gli agricoltori della nostra Isola, abbandonandoli – con riferimento al grano duro – alla mercé dei prezzi bassi e dei contratti di filiera.

Il Ministro Centinaio – che probabilmente non si è reso conto della contraddizione – ha promesso anche che farà partire la CUN, la Commissione Unica Nazionale che dovrebbe porre fine alla speculazione al ribasso che colpisce il prezzo del grano duro.

C’è da crederci? No. Per un semplice motivo: perché i contratti di filiera hanno un senso logico-economico solo se il prezzo del grano duro del Sud viene tenuto basso: piuttosto che vendere il proprio grano duro a 18 euro al quintale, alcuni agricoltori – non tutti – preferiscono sottostare ai dettami dell’industria della pasta, perché incassano i 27-28 euro al quintale (se il grano che coltivano raggiunge la percentuale di proteine chiesta dagli industriali), più l’integrazione finanziata dallo Stato: circa 100 euro ad ettaro.

Ma se il Ministro Centinaio farà partire la CUN e il prezzo del grano duro meridionale (che, tra parentesi, sotto il profilo organolettico, è uno dei migliori del mondo: grosso modo, la stessa qualità del grano duro americano Desert Durum che non costa mai meno di 40 dollari al quintale) schizzerà all’insù, gli agricoltori meridionali non avranno alcun motivo di sottoscrivere i contratti di filiera che interessano alla Lega, partito che tutela gli industriali del Nord non certo gli agricoltori del Sud.

Per capire questo non c’è bisogno di essere economisti agrari: basta un po’ di buon senso! (vallo a spiegare agli ‘scienziati’ del Sud che hanno aderito alla Lega di Salvini!).

Quindi? Quindi la CUN è solo un mezzo per convincere gli agricoltori del Sud a farsi ‘catturare’ dai contratti di filiera. Il resto sono solo chiacchiere.

Foto tratta da winenews.it

 

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