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Il crollo del Ponte a Genova, ma la Sicilia non è messa meglio

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Se negli ultimi cinque anni, in Italia, sono stati registrati dieci crolli, tre di questi sono andati in scena in Sicilia. Dove le autostrade e le strade a scorrimento veloce sono gestite malissimo (più per gestire lucrosi appalti che per garantire una viabilità civile ai cittadini). Per non parlare delle strade provinciali, letteralmente abbandonate. Spesso si tratta di strutture obsolete. Ma di mezzo c’è l’austerità dell’Unione Europea dell’euro che sta strozzando il nostro Paese  

Mentre si discute se investire o meno una barca di soldi sulla TAV – una grande opera pubblica inutile e dannosa – le grandi e in alcuni casi vecchie opere stradali italiane vanno in frantumi. Il crollo del ‘Ponte Morandi’ di Genova, avvenuto oggi, con 35 morti (in questo momento, ma si teme che il numero possa aumentare), un numero imprecisato di feriti e tanta disperazione è solo l’ultimo degli incidenti avvenuti nel nostro Paese solo negli ultimi cinque anni. Dieci, tra ponti e viadotti, le strutture stradali crollate dal 2013 ad oggi. Tra questi crolli, due si registrano in Sicilia.

Il ‘Ponte Morandi’ di Genova presentava già da tempo livelli di criticità: tant’è vero che era oggetto di interventi di manutenzione. Ma il problema – lo ribadiamo – riguarda un Paese, ovvero l’Italia, che, è inutile nasconderlo, per problemi dettati dall’austerità imposta da una demenziale e truffaldina Unione Europea dell’euro, risparmia anche sulla sicurezza.

Non c’è bisogno di essere ingegneri per sapere che ci sono opere che, dopo un certo numero di anni, cominciano a presentare livelli di problematicità. E’ il caso di molti ponti e viadotti moderni, costruiti in ‘calcetruzzo armato’: una miscela di cemento, acqua, sabbia e aggregati (cioè elementi lapidei come la ghiaia) che viene, per l’appunto, ‘armata’ con sbarre di ferro e di acciaio.

Si tratta di materiali che, con il passare del tempo, subiscono un processo di usura, soprattutto in presenza di acqua. In alcuni Paesi civili – per esempio in Svizzera – le opere stradali, dopo un certo numero di anni, vengono abbattute e sostituite per garantire la sicurezza dei cittadini.

In Italia, invece, soprattutto dall’avvento dell’Europa dell’euro in poi, si preferisce conservare, anche perché, pagando ogni anno da 70 a 90 miliardi di euro di interessi sul debito pubblico soldi per costruire nuove opere pubbliche utili ai cittadini non ce n’è, a parte, ovviamente, la già citata TAV, che non serve ai cittadini, ma a chi la deve realizzare (la cosa incredibile è che, per assicurare al nostro Paese la moneta che serve per tirare avanti, viene considerato ‘normale’ indebitarsi con titoli di Stato i cui interessi da pagare dipendono da fattori esterni: è il caso di questi giorni della crisi in Turchia che sta facendo lievitare gli interessi da pagare: è il folle effetto della perdita della sovranità monetaria nel nome di un’Europa ‘unita’ che non fa altro che vessarci!).

In un quadro generale di depressione c’è poi la gestione. Un’inchiesta di Milena Gabanelli e Ferruccio Pinotti di quest’anno ha dimostrato che, nonostante i ricavi incassati dai gestori delle autostrade italiane (7 miliardi di euro all’anno, di cui l’83% solo dai pedaggi), il valore degli investimenti si è ridotto di quasi il 24%, mentre la spesa per la manutenzione è diminuita del 7,5% (sono dati che fanno riferimento al 2016 sul 2015).

Sempre per la cronaca, il 70% dei circa 7 mila chilometri di autostrade italiane lo gestiscono due gruppi privati: Gruppo Atlantia (Benetton) che controlla ‘Autostrade per l’Italia’ e Gruppo Gavio; il restante 30% delle autostrade (mille e 650 chilometri circa) è gestito da soggetti pubblici (per esempio ANAS), ma anche da soggetti locali (in Sicilia il CAS, Consorzio Autostrade Siciliane gestisce l’autostrada Palermo-Messina, la Messina-Catania e la Siracusa-Gela in orso di problematico completamento).

Riassumendo, in Italia si va avanti con strutture autostradali in buona parte vecchie di oltre cinquant’anni (e questo è un punto da non sottovalutare, perché i fatti degli ultimi cinque anni dimostrano che i materiali utilizzati – a cominciare dal già citato calcestruzzo armato – non sono eterni) e con manutenzioni al posto delle sostituzioni (e talvolta non vengono effettuate nemmeno le manutenzioni, come nel caso della Sicilia: basti pensare all’autostrada Palermo- Messina o alle strada provinciali abbandonate).

I risultati sono sotto gli occhi di tutti. I dati illustrati qui di seguito fanno riferimento a incidenti accaduti dal 2013 ad oggi.

Il 22 ottobre 2013, dopo un nubifragio, tra il crolla il ponte a Carasco, in Liguria, sul torrente Strula. Due i morti.

Il 18 novembre 2013 la Sardegna è colpita da un’alluvione che provoca il crollo di un ponte sulla strada provinciale Oliena-Dorgali. Un agente di polizia muore e altre tre uomini delle forze dell’ordine rimangono feriti.

Il 7 luglio del 2014 tocca alla Sicilia: crolla un tratto del viadotto Petrulla, sulla strada statale 626 tra Ravanusa e Licata, in provincia di Agrigento. Per fortuna non ci sono morti, ma solo quattro persone lievemente ferite.

Il 25 dicembre dello stesso anno – sempre il 2014 – altro crollo in Sicilia. Cede il viadotto Scorciavacche sulla strada statale Palermo-Agrigento, forse una delle peggiori strade della nostra Isola. La cosa incredibile è che era stato inaugurato due giorni prima: il 23 dicembre. Anche in questo caso, per fortuna, non cui sono stati morti e nemmeno automezzi coinvolti.

Il 10 aprile 2015 tocca ancora una volta – e siamo a tre – alla Sicilia. Una frana provocata dal maltempo (e anche dall’incuria) è la causa che provoca il crollo di un pilone del viadotto Himera sull’Autostrada A19 Palermo-Catania. Anche in questo caso, nessun coinvolgimento di persone. I disagi sono tanti.

Il 28 ottobre 2016 crolla il cavalcavia di Annone, in provincia di Lecco, che passa sopra la ‘Valassina’. E’ la strada statale 36 che collega Milano all’alta Brianza. Il ponte cede per il troppo peso: il passaggio di un tir da oltre 108 tonnellate. C’è una vittima: Claudio Bertini, 68 anni, che in qual momento passava da lì con la sua l’Audi.

Il 23 gennaio 2017 crolla un ponte in Calabria: è il ponte Fiumara Allaro. Per fortuna non ci sono vittime.

Il 18 aprile 2017 viene giù un viadotto della tangenziale di Fossano, in provincia di Cuneo. Non era una struttura autostradale vecchia: era stata infatti realizzata negli anni ’90 del secolo passato e inaugurata nel 2000. Per fortuna non ci sono state vittime.

Il 9 marzo 2017 va in scena il crollo del cavalcavia sull’A14 fra Loreto e Ancona. In questo caso vengono coinvolte alcune automobili. Il bilancio è di due morti e due feriti.

Il 6 agosto 2018 – e siamo ai nostri giorni, appena una settimana fa – esplode una cisterna di Gpl e crolla il viadotto-ponte dell’autostrada all’altezza del raccordo di Casalecchio A1-A14. Un morto e 145 feriti.

Oggi il disastro di Genova.

Per concludere, ricordiamo che in Sicilia – dove, negli ultimi cinque anni, come già accennato, sono stati registrati tre crolli – la situazione non è molto tranquilla. Abbiamo già detto delle strade provinciali abbandonate. E delle carenze del CAS, che alla fine ha funzionato bene solo un anno, quando il commissario Patrizia valenti ha cercato di mettere ordine (subito allontanata dall’allora Governo regionale di Raffaele Lombardo).

Non va meglio nelle autostrade e nelle strade a scorrimento veloce gestite dall’ANAS (in calce potete leggere le prime tre puntate del nostro ‘viaggio’ nel mondo dei trasporti della Sicilia scritti da Alfio Di Costa).

A questi vorremmo aggiungere il ‘viadotto Morandi’ di Agrigento chiuso al traffico, il ponte sul fiume Belìce, che fa un po’ paura, e il ponte sul fiume Carboy, tra Menfi e Sciacca, che negli anni passati non ha risparmiato problemi.

Foto tratta da ilfattoquotidiano.it

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