Impugnata (come previsto) la Finanziaria siciliana. Resta aperto il nodo sanità

7 luglio 2018

E’ finita come doveva finire: con una mega impugnativa da parte del Governo nazionale (anche se qualcosa si è salvata). La parola passa adesso alla Corte Costituzionale, se è vero che Governo e Ars dovrebbero difendere la propria legge. I grillini attaccano a testa bassa e chiedono le dimissioni dell’assessore Armao. Ma non parlano dei 600 milioni di euro di fondi della sanità che lo Stato scippa alla Sicilia dal 2007

Alla fine, senza sorpresa, è arrivata l’impugnativa della Finanziaria regionale siciliana 2018 da parte del Consiglio dei Ministri. E’ finita meno peggio del previsto (ad esempio, non è stata impugnata la norma che prevede la stabilizzazione dei precari storici negli enti locali: piaccia o no, è il segnale che la vecchia politica può continuare ad assumere nella pubblica amministrazione in barba alla Costituzione ricorrendo al precariato in cambio di voti), ma la ‘botta’ è pesante lo stesso, se è vero che sono saltate oltre venti articoli della legge, peraltro tutti importanti.

E’ stata impugnata, ad esempio, la norma che avrebbe consentito il passaggio alla Resais (la società di ‘parcheggio’ della Regione) degli ex PIP di Palermo. No del Governo nazionale anche per il prepensionamento dei dipendenti degli enti regionali, niente anticipo di liquidazione per chi va in pensione, bloccate anche le promozioni dei dirigenti tecnici della Regione (quindi non era un’impuntatura del Commissario dello Stato per la Regione siciliana), secco no al trasferimento dei catalogatori targati SAS alla Regione e blocco per il ‘festival dei contributi a pioggia’.

Il Governo regionale ha comunque un merito: aver aperto la questione delle accise petrolifere che lo Stato si rifiuta di riconoscere alla Regione siciliana in seguito allo scippo di quasi 600 milioni di euro all’anno: una vergogna iniziata nel 2007, grazie ai ‘distratti’ parlamentari nazionali eletti in Sicilia nella legislatura 2006-2008 (VICENDA CHE POTETE APPROFONDIRE QUI).

Di questa storia tornerà ad occuparsi, con molta probabilità, la Corte Costituzionale. Ma il problema non è solo costituzionale: è politico. Come proveremo a illustrare domani in un articolo.

Nel complesso – questo va detto per inciso – il Governo nazionale si è limitato ad affondare il bisturi in una legge Finanziaria regionale fragile, sbrindellata, confusa, priva di relazioni tecniche a sostegno di scelte legislative peraltro – almeno in alcuni casi – molto discutibili (NE ABBIAMO PARLATO QUI).

Errori marchiani, da imputare in parte a una Segreteria generale del Parlamento tutt’altro che brillante e a una presidenza dell’Ars pasticciona e approssimativa (COME ABBIAMO RACCONTATO QUI).

Leggiamo insieme la nota del Consiglio dei Ministri:

“Il Consiglio dei ministri su proposta del ministro per gli Affari regionali e le Autonomie Erika Stefani, ha esaminato otto leggi delle Regioni e delle Province Autonome e ha quindi deliberato di impugnare: la legge della legge Regione Sicilia n. 8 del 08/05/2018, recante ‘Disposizioni programmatiche e correttive per l’anno 2018. Legge di stabilità regionale’, in quanto varie norme eccedono dalle competenze statutarie e violano principi costituzionali. Infatti: alcune norme in materia di assunzioni e di collocamento in quiescenza del personale regionale invadono la competenza legislativa esclusiva statale in materia di ordinamento civile e in materia di previdenza sociale con conseguente violazione dell’art. 117, secondo comma, lettere l), ed o), della Costituzione, nonché dei principi costituzionali di uguaglianza, buon andamento e imparzialità della pubblica amministrazione previsti dagli artt. 3 e 97 della Costituzione”.

“Altre norme riguardanti la spesa sanitaria contrastano con i principi fondamentali riservati al legislatore statale in materia di ‘tutela della salute’ e di ‘coordinamento della finanza pubblica’, di cui all’art. 117, terzo comma della Costituzione, ledendo altresì i livelli essenziali delle prestazioni, in violazione dell’art. 117, lett. m), della Costituzione. Altre norme ancora, incidendo sulle autorizzazioni per gli impianti eolici e fotovoltaici e sulle modalità di svolgimento e i criteri di partecipazione alle gare per l’affidamento della gestione del servizio di distribuzione del gas naturale, nonché sulle concessioni per i beni demaniali marittimi, contrastano rispettivamente con il principio di libertà di iniziativa economica di cui all’art. 41 della Costituzione, nonché con il principio di tutela della concorrenza previsto dall’art. 117, secondo comma, lett. e), della Costituzione. Ulteriori norme infine in materia, tra l’altro, di edilizia e di previdenza violano l’art. 81, terzo comma, della Costituzione, risultando prive della necessaria copertura finanziaria”.

Molto dura la nota dei parlamentari del Movimento 5 Stelle, Valentina Zafarana (capogruppo) e Giancarlo Cancelleri (componente della commissione Bilancio).

“Ed eccolo qua il capolavoro firmato Musumeci-Armao. Quando dicevamo in commissione e in Aula che la Finanziaria era infarcita di errori macroscopici che sarebbero certamente stati impugnati, lo dicevamo a ragion veduta. Se questi sono gli esperti della politica, gli stessi cioè che in un recente passato hanno creato i disastri che ben conosciamo, allora la Sicilia è condannata, nero su bianco. Parola di Consiglio dei Ministri”.

“Qualche ora fa – spiegano i due deputati – abbiamo letto basiti le dichiarazioni di Armao sul fatto che il Consiglio avrebbe impugnato le manovre volute dai deputati. Armao non è soltanto tecnicamente incapace, ma anche disonesto intellettualmente, perché tra le norme impugnate ci sono provvedimenti che portano la firma del Governo regionale. Abbiamo detto mille volte, in Aula e in commissione, che molte di quelle norme erano palesemente incostituzionali e invece, gli esperti della politica hanno preferito andare per la loro strada. L’unica cosa da fare adesso per Musumeci è mettere alla porta Armao, che oltre ad essere il re dei conflitti d’interesse in Sicilia, vedasi caso Riscossione, prima mente sulla trattativa con Roma, venendo immediatamente sbugiardato dal ragioniere di Stato e poi si fa impugnare mezza Finanziaria a sua firma. Della sagra dei dilettanti la Sicilia non ha certo bisogno. Solo Musumeci è riuscito a fare peggio di Crocetta”.

Detto questo, i grillini non parlano dei 600 milioni della sanità che, dal 2007, lo Stato scippa alla Sicilia: e fanno male, anche perché, negli anni passati, gli stesso grillini dell’Ars hanno chiesto a Roma il perché queste somme non vengono erogate alla Regione siciliana.

La parola dovrebbe passare adesso alla Corte Costituzionale, perché Governo e Ars dovrebbero difendere le proprie tesi.

Su facebook la soddisfazione dell’assessore regionale alle Autonomie locali, Bernardette Grasso:

“Sto rientrando da Roma… stanca ma soddisfatta! Grazie ad una proficua collaborazione con il governo ed in particolare con il Ministro della funzione pubblica sono riuscita a salvare dalla preannunciata impugnativa la norma che prevede la stabilizzazione dei precari storici degli Enti Locali e della Regione! Risultato conseguito a fatica senza mai mollare!”.

P.s. 

Invece di parlare di sviluppo continuiamo a parlare di precari…

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