Sanità: dal 2007 ad oggi lo Stato ha scippato alla Sicilia oltre 7 miliardi grazie al centrosinistra

6 luglio 2018

E’ questo, alla fine, quello che viene fuori leggendo la nota che il Ministero dell’Economia ha inviato in questi giorni agli uffici della Regione siciliana. E’ il documento che annuncia l’impugnativa della Finanziaria regionale 2018 nella quale si fa luce su uno scippo consumato al Senato (nella foto sopra) che risale al 2006. Le pesanti responsabilità del centrosinistra. La parola passa al Governo nazionale dei grillini che, oggi, non può certo fare finta di nulla e avallare un’ingiustizia ai danni di 5 milioni di siciliani

Nel documento che il Ministero dell’Economia ha inviato agli uffici della Regione siciliana annunciando una probabile impugnativa c’è un passaggio per certi versi sorprendente che riguarda la sanità. Per la precisione, i quasi 600 milioni di euro all’anno che lo Stato avrebbe dovuto corrispondere alla Sicilia a partire dal 2007.

Di questo argomento I Nuovi Vespri si occupa da tempo (QUI UN NOSTRO ARTICOLO DEL 2016).

La notizia è che, dal 2007, in materia sanitaria, lo Stato scippa alla Sicilia quasi 600 milioni all’anno grazie a un inghippo parlamentare: nel 2006, quando il Parlamento nazionale approvò la Finanziaria, il testo della legge, nel passaggio dalla Camera dei deputati al Senato, è stato stravolto a danno della Sicilia.

La responsabilità politica di questa vergogna è del centrosinistra che, nel 2006, ha ‘pilotato’ l’operazione, ma anche del centrodestra che non ha fiatato. Ci riferiamo, ovviamente, ai parlamentari nazionali dell’epoca eletti in Sicilia. Ma andiamo per ordine.  

Gli accordi sulla sanità, per come vennero presentati nel 2016, prevedevano che la quota di compartecipazione della Regione siciliana alla spesa sanitaria passava da circa il 42% al 49,11%. In cambio lo Stato avrebbe riconosciuto alla Regione siciliana una quota delle accise petrolifere pari al maggiore esborso che la Regione ha iniziato a sostenere dal 2007.

Questi sono i termini dell’accordo contenuti nella Finanziaria nazionale approvata dalla Camera dei deputati. Quando il testo passa al Senato avviene uno stravolgimento. Ma stranamente non parla nessuno.

Sarebbe stato dovere dei parlamentari nazionali dell’epoca eletti in Sicilia dare grande risalto a questo vergognoso scippo a danno di 5 milioni di siciliani consumato al Senato, del quale proveremo a raccontare i particolari.

Sarà nostra cura, nei prossimi giorni, pubblicare i nomi e i cognomi dei parlamentari nazionali eletti in Sicilia nella legislatura 2006-2008, perché sono loro i responsabili di questo scempio. 

La versione ufficiale di questa storia è sempre stata legata al testo che è stato approvato dalla Camera: lo Stato accollava alla Regione il pagamento di 600 milioni di euro in più per la sanità e, in cambio, riconosceva alla stessa Regione siciliana accise sui carburanti pari a circa 600 milioni di euro.

In questi anni ci siamo chiesti: come mai, dal 2007 ad oggi, lo Stato non ha mai corrisposto queste somme? Non parliamo di cifre irrisorie, ma – come già ricordato – di quasi 600 milioni di euro all’anno: oggi, di soli arretrati, siamo oltre i 7 miliardi di euro!

Una cifra importante, che risolverebbe i tanti problemi della sanità siciliana, a cominciare dalla crisi dei Pronto Soccorso.

Ebbene, nel documento inviato dal Ministero dell’Economia agli uffici della Regione c’è la spiegazione di questo mancato pagamento di Roma alla Sicilia. Ed è una spiegazione inquietante. Vediamo di illustrare l’inghippo.

L’arcano viene svelato nella parte del documento che segnala problemi per l’articolo 31 della Finanziaria regionale ella Sicilia di quest’anno. E, precisamente, ai commi 4 e 5:

“Il comma 4 prevede che, a seguito delle norme di attuazione di cui all’articolo l, comma 831, della legge n. 296 del 2006, il Ragioniere generale della Regione è autorizzato ad iscrivere in bilancio la somma ‘destinata alla maggiore spesa prevista dall’articolo l, comma 830,
della medesima legge, di cui al corrispondente accantonamento, o, in subordine, al ripianamento del debito pubblico regionale’. Il successivo comma 5 dispone che per gli esercizi finanziari 2019 e 2020 a fronte
dell’accertamento dell’entr’ata derivante dall’attuazione dell’articolo 1, comma 832, della citata legge n. 296 del 2006 è disposto uno specifico accantonamento in apposito fondo nelle more della conclusione degli accordi finanziari con lo Stato e della conseguente emanazione delle norme di attuazione”.

Traduzione: Governo regionale e Ars, nella Finanziaria 2018, hanno messo in entrata i 600 milioni di euro circa di accise, anche se tale entrata è subordinata alla “conclusione degli accordi finanziari con lo Stato e della conseguente emanazione delle norme di attuazione”.

Qui, però, arriva la notizia incredibile:

“Al riguardo – scrivono le burocrazie ministeriali – nel premettere che non si comprende la formulazione della norma in esame, si fa presente che la retrocessione delle accise a favore della Regione in assenza del contestuale incremento della compartecipazione regionale alla spesa sanitaria rispetto alla quota del 49,11 per cento prevista a legislazione vigente comporta oneri a carico del bilancio dello Stato privi di copertura finanziaria, in violazione dell’articolo 81, terzo comma, della Costituzione”.

E qui c’è già la prima stranezza: a quale parte dell’articolo 81 della Costituzione fanno riferimento le burocrazia ministeriali? Alla Costituzione del 1948 o alla Costituzione stravolta dal Fiscal compact con l’antikeynesiano “equilibrio di bilancio”? 

La domanda non è oziosa, perché lo stravolgimento della Costituzione è successivo ai fatti del 2006.

Ciò posto, apprendiamo una notizia stupefacente: e cioè che, per avere diritto ai 600 milioni di euro circa all’anno dallo Stato con la “retrocessione delle accise”, la Regione siciliana dovrebbe accollarsi tutta la spesa sanitaria! E questo lo ha deciso il Senato stravolgendo, in questa parte, il testo della Finanziaria nazionale approvato dalla Camera!

La cosa è incredibile. Come già ricordato, fino al 2006, la Regione siciliana pagava il 42% circa delle spese sanitarie, mentre lo Stato, sulla carta (poi illustreremo perché sulla carta) pagava il 58% circa. Con la legge Finanziaria nazionale 2007 si stabilì – così si disse allora – che la Regione avrebbe pagato circa il 50% (49,11%, per la precisione) e, in cambio, lo Stato avrebbe riconosciuto alla Regione una quota delle accise petrolifere pari alle maggiori spese sostenute ogni anno dalla Regione.

Questo, lo ribadiamo, è quanto prevede il testo approvato dalla Camera. Ma oggi, nel documento che gli uffici del Ministero dell’Economia hanno inviato agli uffici della Regione, scopriamo che le cose non stanno così! E scopriamo che il Senato, nel silenzio generale, ha cambiato le carte in tavola.

Cosa è successo? Ora proveremo a chiarirlo. Intanto leggiamo insieme cosa scrivono i tecnici del Ministero:

“Sul punto, il comma 830 della legge 296/2006, nel disporre l’incremento della quota di partecipazione della regione Sicilia alla spesa sanitaria, prevede di addivenire al completo trasferimento della spesa sanitaria a carico del bilancio regionale, il comma 831 richiama la procedura delle norme di attuazione, e il comma 832, al fine di dare attuazione al comma 830 (completo trasferimento della spesa sanitaria a carico del bilancio regionale), prevede l’attribuzione alla Regione del gettito dell’accisa sui prodotti petroliferi in misura corrispondente ai maggiori oneri
sanitari a carico della regione rispetto a quelli già stabiliti dal medesimo comma 830”.

Questo passaggio è tutt’altro che chiaro. Con molta probabilità, è scritto in questo modo per confondere le cose. In parole semplici, si afferma che la Regione siciliana acquisisce il diritto ai 600 milioni di euro all’anno di accise solo quando lo Stato trasferirà alla Regione siciliana tutto il costo della spesa sanitaria!

Ricordiamo che i relatori erano due parlamentari nazionali siciliani: Franco Piro alla Camera dei deputati e Anna Finocchiaro al Senato, entrambi di centrosinistra.

Franco Piro ha sempre affermato che, quando il testo è uscito dalla Camera, prevedeva che, all’aumento della quota di compartecipazione della Regione alla spesa per la sanità dal 42% al 49,11%, avrebbe dovuto corrispondere l’incasso, da parte della Regione, di una quota delle accise petrolifere pari al maggiore esborso della Regione.

Del resto, non poteva che essere così: per quale altra ragione, infatti, la Sicilia avrebbe dovuto regalare circa 600 milioni di euro allo Stato?

Eppure, leggendo la nota inviata agli uffici della Regione dalle burocrazie del Ministero dell’Economia apprendiamo un’altra versione delle cose:

“Da una lettura sistematica dei commi da 830 a 832 della citata legge 296/2006, peraltro dichiarati legittimi dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 145/2008, si deduce il principio del progressivo trasferimento a carico del bilancio regionale della spesa sanitaria cui è legata
l’attribuzione di una percentuale compresa tra il 20% ed il 50% del gettito delle accise sui prodotti petroliferi immessi in consumo nel territorio regionale solo a compensazione di un ulteriore incremento, rispetto al 49, 11%, della quota di compartecipazione regionale alla spesa sanitaria”.

Apprendiamo così che, su tale inghippo, c’è anche il ‘bollino’ della Corte Costituzionale che, da quando esiste, non ha fatto altro che demolire l’Autonomia siciliana (la Consulta, per la cronaca, è arrivata dieci anni dopo l’elezione del primo Parlamento siciliano, e cioè nel 1957: e appena insediata ha “assorbito” abusivamente le competenze dell’Alta Corte per la Sicilia, tra le proteste di due grandi uomini politici siciliani di quegli anni: Giuseppe Alessi della Dc e Giuseppe Montalbano del Pci: ma questa è un’altra storia).

A noi hanno insegnato che quando una legge, nel passaggio dalla Camera al Senato (e viceversa), subisce variazioni, deve tornare nella prima Camera per essere riesaminata e rivotata.

Cosa è successo nel 2006? Dopo che il Senato ha stravolto il testo, per la parte che riguarda la spesa sanitaria in Sicilia, lo steso testo è ripassato dalla Camera dei deputati? E’ stato ridiscusso e riapprovato?

Chiediamo a Piro, alla signora Anna Finocchiaro (che è sicuramente il personaggio centrale di questa brutta storia, visto che lei era al Senato, dove si è consumato l’inghippo) e, in generale, ai parlamentari nazionali eletti in Sicilia nella legislatura 2006-2008 nel centrosinistra e nel centrodestra: di un fatto così grave i siciliani non avrebbero avuto diritto a conoscere tutti i particolari? Come mai tutto è stato fatto nel silenzio?

Come stanno le cose ce lo debbono venire a spiegare, oggi, i burocrati del Ministero dell’Economia?

Non possiamo non notare l’atteggiamento supino della politica siciliana dell’epoca, e in particolare dei già citati parlamentari nazionali di quegli anni eletti nella nostra Isola.

Scendendo ulteriormente nei particolari, non possiamo non notare la pervicacia con la quale il centrosinistra e, soprattutto, il PD lavori costantemente contro gli interessi della Sicilia e dei siciliani.

Ai siciliani va detto che il caos che si registra oggi nei Pronto Soccorso della nostra Isola è anche il frutto di questo vergognoso scippo di circa 600 milioni di euro all’anno ai danni della Sicilia e dei suoi cittadini.

Lo diciamo ai medici che lavorano nelle strutture sanitarie pubbliche della Sicilia massacrati di lavoro: lo diciamo agli infermieri, anche loro massacrati di lavoro: e lo diciamo soprattutto ai cittadini utenti, costretti ad aspettare giorni interi nei Pronto Soccorso prima di essere visitati!

Con molta probabilità, è anche a causa di questo scippo che oggi, per ‘risparmiare’ (ovviamente sulla pelle dei cittadini siciliani non raccomandati), si fa di tutto per non somministrare farmaci importanti che hanno il ‘difetto’ di essere troppo costosi. Ed è anche logico: se dal 2007 ad oggi abbiamo ‘regalato’ allo Stato oltre 7 miliardi di euro qualcuno ‘sto prezzo lo deve pagare, no?

Questo vale per il passato e anche per il presente. Però, per il presente, a Roma non c’è il Governo di centrosinistra: c’è il Governo Movimento 5 Stelle-Lega.

Ora, se non ricordiamo male, in Sicilia il Movimento 5 Stelle, alle elezioni politiche nazionali dello scorso 4 marzo, ha fatto il pieno di voti.

Ora, cari grillini, se nel 2006, con un vergognoso sotterfugio, l’allora Governo nazionale di centrosinistra, con la sponda del Parlamento, ha operato tale scippo ai danni della Sicilia, voi, oggi, non potete fare finta di nulla.

Al Governo della sanità italiana, peraltro, c’è Giulia Grillo, che è siciliana. Vogliamo sapere da lei e, in generale, dal Movimento 5 Stelle, cosa tale movimento politico pensa di questa storia.

La questione è politica. Qui si tratta – egregia Ministra Grillo – di sanare un torto che la vecchia politica, con in testa il centrosinistra, ha fatto alla Sicilia e ai siciliani. Lo ribadiamo: il Governo dei grillini non può, oggi, affidare la risoluzione di questa vicenda alle burocrazia ministeriali.

Tra l’altro, la vicenda, sotto il profilo tecnico, non è chiusa. Dell’assessore Gaetano Armao – che ha messo in entrata questi fondi – si può non condividere la linea politica: e noi non la condividiamo. Ma tutto si può dire di lui, tranne che sia uno sprovveduto: se ha messo in entrata queste somme, nonostante il ‘bollino’ della Consulta, significa che la storia è controversa.

Ma, lo ribadiamo, il problema è politico. E lo debbono affrontare e risolvere i grillini che sono al governo dell’Italia. I 7 miliardi che lo Stato ha scippato fino ad oggi alla sanità siciliana vano restituiti.

La Ministra Grillo e il Governo regionale trovino, insieme, il modo per far riparare ai danni compiuti dalla vecchia politica.

Accolliamo alla Regione tutto il costo della sanità, come indicano i burocrati del Ministero dell’Economia? Va bene. Tanto lo Stato non mette il 50% dei quasi 9 miliardi all’anno che si spendono per la sanità in Sicilia. Su circa 4 miliardi e mezzo lo Stato, fino al 2016, Roma riconosceva alla Sicilia 2,2 miliardi: gli altri 2,3 miliardi circa di euro sono IRAP pagata dalle imprese siciliane (oggi siamo sotto i 2,2 miliardi).

Però se la Regione si carica tutto il costo della sanità, lo Stato deve riconoscere alla Sicilia non meno di 600 milioni di euro all’anno di accise. Più una parte degli arretrati: non meno del 50% dei 7 miliardi di euro che lo Stato ha scippato alla Sicilia dal 2007 ad oggi.

P.s.

Siccome questi signori del PD pensano di essere ‘intelligenti’, a scanso di equivoci li preveniamo. 

E’ probabile che dicano che, già nel 2006, la Sicilia era forse la sola Regione italiana alla quale lo Stato pagava il 50% della sanità. Vero. Però a questi signori del PD dalla memoria corta va ricordato che il 50% delle spese sanitarie riconosciute dallo Stato alla Sicilia rientrava in un tacito accordo – peraltro a perdere per la Regione siciliana – in base al quale, dagli anni ’60 del secolo passato, lo Stato, calpestando l’articolo 36 dello Statuto, si tiene una sostanziosa quota di imposte che spettano alla Sicilia.

Non solo. Sempre in base a tale tacito accordo non scritto, in cambio di questa miseria della partecipazione dello Stato alle spese sanitarie l’articolo 37 dello Statuto non viene applicato: e parliamo delle imposte che le imprese con stabilimenti in Sicilia ma sede sociale in altre Regioni italiane dovrebbero pagare alla Regione siciliana: soldi che, invece, vengono trattenuti dallo Stato. 

Lo stesso discorso vale per l’articolo 38 dello Statuto: solo per tale mancata applicazione lo Stato deve alla Sicilia oltre 150 miliardi di euro (COME VI ABBIAMO RACCONTATO IN QUESTO ARTICOLO).

Così, per dire…   

 

 

 

 

 

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