Stato sociale 6/ Come garantire la sicurezza ai cittadini: repressione o prevenzione?

9 maggio 2018

Oggi sesta puntata del nostro “viaggio” nello Stato sociale, affrontando una delle questioni cruciali della civiltà moderna: la sicurezza dei cittadini. Problema le cui possibili soluzioni possono riassumersi in una precisa e tragica domanda: repressione o prevenzione?

In ogni ora del giorno della notte dalle “periferie degradate”, dagli “antri suburbani”, dai “ghetti multietnici” calano nelle nostre città frotte fameliche che reclamano la loro parte di ricchezza. Tutto, o quasi, gli è stato tolto, i bonifici estero su estero, i paradisi fiscali, gli ambulacri, i vestiboli e i corridoi dei lobbisti, le segrete stanze dove “tutto si merca”. Gli sono rimaste le solite, piccole cose: coltelli, pistole e i veleni con cui, in cerca di una parità impossibile, sperano di ottenere una redistribuzione del surplus.

Esplodono violenze ‘annunciate’ e rinasce la polemica: sono state prese tutte le misure necessarie ad evitare che accadesse? Per garantire la sicurezza dei cittadini bisogna puntare di più sulla “prevenzione” o sulla “repressione”?

Il dilemma tra queste due strategie (preventiva e repressiva) è un falso dilemma, E’ meglio puntare sulla “prevenzione”, intesa come incoraggiamento, sostegno economico, educazione alla consapevolezza?

Si è detto: Proviamo. Su queste basi è stato condotto un grande esperimento sociale in tutto il mondo occidentale. Un esperimento che è miseramente fallito. Si pensava che la delinquenza fosse una manifestazione del disagio economico. E invece si è moltiplicata insieme con la diffusione del benessere.

Viste le pericolose conseguenze sociali di un eccessivo permissivismo, e della necessità di porvi un freno con un’applicazione severa della legge, si è corso ai ripari. E così, per fare l’esempio più illuminante, negli USA, a partire dal 1973, il tasso complessivo della criminalità è sceso del 40 per cento, quello degli omicidi del 50 per cento, quello dei furti quasi del 60 per cento.

In Europa il tasso di criminalità ha avuto un andamento opposto. Secondo i dati dell’Interpol, nel 2001 ci sono stati negli Usa 4.161 crimini ogni 100.000 persone, mentre in Francia 6.941.

Non si tratta di esaltare la pena di morte in vigore negli USA, anche perché quel tipo di sanzione sembra avere una scarsa incidenza nella tendenza descritta. Né si tratta di plaudire ad alcuni deprecabili eccessi delle forze dell’ordine segnalati dalla cronaca, che del resto non sono un’esclusiva americana.

Si tratta piuttosto di evidenziare i meriti di una politica della sicurezza che ha puntato a ridurre il più possibile le sue smagliature. È ad esempio la politica della “tolleranza zero”, introdotta a New York dal sindaco Rudolph Giuliani, che ha completamente trasformato il volto della città. Una città che fino a pochi anni fa conoscevamo per gli scenarî di guerriglia urbana descritti nei film di Hollywood: “Bronx” era sinonimo di terra senza legge.

Meglio la “repressione” della “prevenzione”, dunque? Insistiamo: si tratta di una falsa alternativa. Se repressione significasse Stato di polizia che schiaccia sotto il suo tallone chi cerca di ribellarsi alle ingiustizie, o che irroga sanzioni irrispettose della dignità umana, non potremmo certo invocare un tale modello.

La democrazia e un ordinamento che difenda le libertà individuali sono beni insostituibili. Ma devono essere tutelati sempre, da qualunque direzione – grande o “piccola” criminalità – provenga l’aggressione.

“Repressione”, dunque, non è necessariamente una parolaccia. Significa anche applicazione delle sanzioni a chi viola le regole della convivenza civile. Questo tipo di tutela non è alternativa alla “prevenzione”, intesa come stimolo alla crescita culturale e sociale, come percorsi di recupero e reinserimento di chi abbia violato la legge; ma deve procedere parallelamente ad essa.

Fine sesta puntata/ Continua

QUI TROVATE LE CINQUE PUNTATE PRECEDENTI DEL NOSTRO ‘VIAGGIO’ NELLO STATO SOCIALE

Foto tratta da iclucignano.it

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