Agricoltori siciliani in ginocchio per i mancati pagamenti dei fondi europei. Situazione esplosiva

15 marzo 2018

Sì, non è esagerato definire esplosiva la situazione nelle campagne della Sicilia. Con gli agricoltori – in molti casi indebitati con le banche – che non possono restituire i prestiti perché AGEA, l’Agenzia nazionale per i pagamenti in agricoltura, ritarda in pagamenti alle imprese agricole siciliane, in molti casi di due anni. Le responsabilità del passato Governo regionale. Mentre l’attuale Governo dovrebbe darsi una mossa  

Se qualcuno ha ancora dubbi sul fatto che sia in corso un tentativo di mettere in ginocchio l’agricoltura siciliana (stamattina abbiamo segnalato l’ennesimo arrivo di una nave carica di grano nel porto di Pozzallo, COME POTETE LEGGERE QUI), i ritardi che si stanno accumulando nell’erogazione dei fondi europei agli agricoltori della nostra Isola dovrebbero aprire gli occhi anche ai più scettici.

Sono ritardi incredibili da parte di AGEA, l’Agenzia statale per le erogazioni in agricoltura. Ritardi di un anno e, in alcuni casi, anche di due anni. Tenendo conto che gli agricoltori anticipano le spese (soprattutto nell’agricoltura biologica, dove le spese sono consistenti) e che questi soldi sono destinati all’agricoltura siciliana, i ritardi nell’erogazione di questi fondi da parte dello Stato non possono che avere un solo significato: creare enormi difficoltà agri agricoltori siciliani, magari per convincerli a sbaraccare tutto.

Un’esagerazione? Non esattamente. Ricordiamo che l’ordine che l’Unione Europea, attraverso la BCE, ha impartito alle banche, semplificando, è quello di far rientrare i soldi dati in prestito. E’ chiaro che gli agricoltori che si sono rivolti alle banche per investire – per esempio, nell’agricoltura biologica – non ricevendo i pagamenti da due anni e dovendo fronteggiare la richiesta di rientro dalle banche non possono che andare in tilt!

E lo stesso discorso vale per gli agricoltori che hanno anticipato le somme senza ricorrere al sistema bancario: hanno anticipato le spese per il primo anno, per il secondo anno, ma adesso non sanno più cosa fare.

Non è esagerato affermare che la situazione, nelle campagna sicilaine, rischia di diventare esplosiva.

Ci sono responsabilità di AGEA, ma non mancano le inefficienze dell’amministrazione regionale. A cominciare dai ritardi nella predisposizione delle pratiche da parte degli uffici periferici.

Se a questo aggiungiamo lo scenario in cui operano gli agricoltori siciliani, che debbono fronteggiare ortofrutta che arriva dall’universo mondo e che, pur essendo spesso di pessima qualità, ha il ‘pregio’ di costare poco, la ‘frittata’ è fatta!

L’ortofrutta, ma anche il grano duro, coltura d’elezione del Sud Italia e, quindi, anche della Sicilia: la CUN – la Commissione Unica per il controllo dei prezzi – non decolla, mentre la speculazione al ribasso, internazionale e nazionale, tiene il prezzo del grano duro a 20 euro al quintale.

Se poi arriva il grano duro delle navi – venduto a meno della metà del prezzo del grano duro siciliano – per i produttori cerealicoli della Sicilia non c’è molto da fare.

Ma il tema, oggi, è rappresentato dalle mancate erogazioni dei fondi europei da parte dell’AGEA. Ricordiamo che più volte delegazioni siciliane sono partire alla volta di Roma per sollecitare i pagamenti. Tutto inutile.

Vediamo come si articolano questi mancati pagamenti e chi vanno a colpire. Parliamo del Piano di Sviluppo Rurale destinato alla Sicilia, stanziamento di 2 miliardi e 200 milioni di euro circa per gli anni che vanno dal 2014 al 2020.

Cominciamo con la Misura 11, ovvero Agricoltura biologica. Lo stanziamento è pari a quasi 417 milioni di euro. Di questi fondi, dal 2014 ad oggi, sono stati spesi solo 57 milioni e 700 mila euro: una spesa pari al 22,88% dello stanziamento.

La Sicilia è la prima Regione italiana per agricoltura biologica. Come già ricordato, per praticare questo tipo di agricoltura gli investimenti sono consistenti. Così i mancati pagamenti creano seri problemi, con rischio di sopravvivenza per le stesse aziende.

In questo settore ci sono responsabilità dell’AGEA che, però, trovano una mezza giustificazione nei ritardi degli Ispettorati provinciali dell’Agricoltura, uffici che, sotto il profilo amministrativo, dipendono dall’assessorato regionale all’Agricoltura.

A molti sembrerà incredibile, ma in questo assessorato molte pratiche vengono ancora oggi scritte a penna! Così, tra ritardi siciliani e ritardi romani, ci sono 5 mila pratiche ancora oggi inevase solo per l’agricoltura biologica. Semplicemente vergognoso. 

Va da sé che la responsabilità di questi ritardi – per la parte siciliana – possono essere ascritte solo in minima parte all’attuale Governo regionale e vanno invece ascritte in massima parte ai precedenti Governi regionali che hanno anche sulle spalle la responsabilità di aver bloccato – con ritardi incredibili! – anche il bando del biologico del PSR 2007-2013 (ci sono agricoltori siciliani che ancora aspettano i soldi del vecchio PSR!).

Poi, ovviamente, ci sono i ritardi romani. E qui la responsabilità è del Governo nazionale di centrosinistra e dei ‘geniali’ protagonisti del Governo regionale di Rosario Crocetta che, nella passata legislatura, con il voto della maggioranza di centrosinistra della passata Assemblea regionale siciliana, hanno abolito l’Agenzia regionale per i pagamenti in agricoltura.

Così i pagamenti per l’agricoltura siciliana sono finiti ad AGEA, con gli agricoltori siciliani che finiscono in coda alle altre Regioni italiane. Un ‘regalo’ del quale gli agricoltori siciliani debbono essere ‘grati’ al passato Governo regionale di centrosinistra a trazione PD, partito che, soprattutto con Renzi in poppa, ha sempre fatto gli ‘interessi’ della Sicilia… (con il dubbio – tutt’altro che infondato – che i soldi dell’agricoltura siciliana siano stati dirottati altrove). 

Poi c’è la Misura 12 del PSR: Indennità Natura 2000 e indennità direttiva quadro acqua. Dovrebbero essere interventi a tutela dell’ambiente. Lo stanziamento è di quasi 42 milioni di euro. Le somme utilizzate ammontano a poco meno di 500 mila euro, pari all’1,94%. Anche in questo caso i ritardi nei pagamenti sono notevoli. E anche in questo caso non possiamo non chiamare in causa il passato Governo regionale che, in materia di agricoltura, ha prodotto per lo più chiacchiere e roboanti comunicati stampa che annunciavano fondi investiti di qua e fondi investiti di là…

Quindi la Misura 13 del PSR: Indennità zone soggette a vincoli naturali o specifici. Questa è la più utilizzata. Ebbene, su uno stanziamento pari a poco più di 102 milioni di euro, i fondi effettivamente spesi sono stati circa 64 milioni e mezzo di euro, ovvero il 63%. Anche in questo caso ci sono ritardi nei pagamenti.

A questo punto una domanda: perché succede tutto questo? E’ un caso? Sembrerebbe proprio di no.

Sul grano duro, per esempio, la speculazione ha un significato preciso: il grande affare dei grani duri antichi che, in molti casi, possono essere coltivati solo in Sicilia o solo nel Sud Italia.

Ricordiamo che, a fronte di 20 euro per quintale di grano duro tradizionale, un quintale di grano duro antico – Tumminìa, Senatore Cappelli, Perciasacchi, per citarne solo tre – si vende a 70-80 e anche 90 euro a quintale, come ci ha raccontato Giuseppe Li Rosi, protagonista di ‘Simenza’ (QUI LA SUA INTERVISTA).

E’ chiaro che un prodotto di alta qualità genera interesse. E siccome, in Italia, la Sicilia è considerata una ‘colonia’, l’idea che nella nostra Isola i siciliani possano diventare i protagonisti del rilancio del grano duro all’insegna della qualità -peraltro con alti margini di guadagno – non va già a certi personaggi del Nord Italia, che vorrebbero a tutti i costi impossessarsi dei grani antichi.

L’attacco è a tutto il grano duro del Sud Italia. E infatti una società bolognese si è impossessata dei ‘diritti’ su una delle più note varietà di grano duro antico: la già varietà Senatore Cappelli, mettendo quello che, alla fine, non è altro che un brevetto su un essere vivente! (COME POTETE LEGGERE QUI).

Mentre lo scorso anno hanno provato a mettere i ‘brevetti’ su altre varietà di grani antichi siciliani (COME POTETE LEGGERE QUI).

Il grano duro è solo un esempio. L’attacco è a tutta l’agricoltura siciliana, finita nel mirino di speculatori, probabilmente anche internazionali.

QUI UNA NOSTRA INCHIESTA SUL PIANO DI SVILUPPO RURALE IN SICILIA 

Foto tratta da ignaziocorrao.it

 

 

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