Elezioni siciliane: ecco a voi i partiti di centrosinistra che voteranno per il candidato presidente di centrodestra

26 ottobre 2017

L’abbiamo scritto ieri: Renzi e Berlusconi debbono assolutamente battere il candidato alla presidenza della Regione siciliana del Movimento 5 Stelle, Giancarlo Cancelleri. Battendo i grillini in Sicilia, poi contano di vincere le elezioni politiche nazionali previste nella primavera prossima. Vi raccontiamo cosa succederà nel segreto delle urne… 

Ieri abbiamo chiuso il nostro articolo accennando alle “alchimie elettorali” consentite dal voto disgiunto e dall’effetto di trascinamento delle liste (QUI IL NOSTRO ARTICOLO). Oggi proveremo ad approfondire il nostro ragionamento sul voto per le elezioni regionali del 5 novembre prossimo. Cominciando col dire che ne vedremo di cotte e di crude. Non ci riferiamo a quanto successo a Palermo durante lo spoglio delle schede e, soprattutto, per ciò che ha riguardato la compilazione dei verbali (QUI UNA SERIE DI ARTICOLI CHE RACCONTANO I POPOCCHI RELATIVI ALLE ELEZIONI COMUNALI DI PALERMO PASSATI INCREDIBILMENTE SOTTO SILENZIO!): sotto questo profilo, ci auguriamo che ciò non accada mai più. Ci riferiamo, invece, ai risultati, che potrebbero riservare sorprese.

In un’intervista al Giornale di Sicilia on line, il candidato alla presidenza della Regione, Fabrizio Micari, rettore dell’università di Palermo, dice che “il ruolo dell’agnello sacrificale nel centrosinistra non esiste”. Noi invece abbiamo ipotizzato che Renzi e Berlusconi, d’accordo a Roma sulla nuova legge elettorale per Camera e Senato, della Rosatellum, potrebbero aver stretto un patto anche in Sicilia. Ovvero puntare, insieme, su Nello Musumeci per fermare l’avanzata dei grillini.

La nostra ipotesi nasce da una costatazione: di solito, chi vince le elezioni regionali in Sicilia poi vince le elezioni politiche nazionali. Nel centrosinistra siciliano, Massimo D’Alema sta impartendo una bella lezione politica a Renzi: ha candidato Claudio Fava in alternativa al candidato del segretario nazionale del PD e del sindaco di Palermo, il già citato Fabrizio Micari.

A meno di clamorosi colpi di scena, il centrosinistra diviso – peraltro con Fava che ‘rischia’ di prendere più voti di Micari – non ha molte possibilità di vincere.

Alla vecchia politica non resta che concentrare i propri sforzi elettorali sul candidato di centrodestra, il già citato Nello Musumeci. Così è probabile che, sottobanco, non soltanto i renziani, ma anche altri soggetti del centrosinistra – dagli alfaniani di Alleanza Popolare a Sicilia Futura di Salvatore ‘Totò’ Cardinale da Mussomeli facciano votare Musumeci.

Fantapolitica? Il sistema elettorale della Sicilia – e l’organizzazione dei seggi elettorali – consente ai politici, ma anche agli osservatori attenti, di verificare la presenza del voto disgiunto, stabilendo con un certo margine di certezza chi potrebbe essere stato favorito e chi potrebbe essere stato eventualmente penalizzato. Vediamo di illustrare, per grandi linee, quello che potrebbe succedere.

Intanto cominciamo col dire cos’è il voto disgiunto: è la possibilità, per gli elettori, di votare, contemporaneamente, per il candidato presidente della Regione di una parte politica e per un candidato al rinnovo del Parlamento siciliano di una forza politica opposta. Tutto questo con la stessa scheda elettorale, perché in Sicilia c’è la scheda unica.

Di solito, il voto disgiunto presuppone dimestichezza con la scheda elettorale: chi non ha tale dimestichezza rischia di combinare un papocchio e di farsi annullare il proprio voto. 

Questo ci dà già un primo elemento: il voto disgiunto, di solito, viene effettuato da chi vive a contatto con la politica e con i politici. Detto in parole più semplici, è un voto voluto da una parte politica.

Perché il 5 novembre riscontreremo un bel po’ di voto disgiunto l’abbiamo già scritto: perché Renzi e Berlusconi hanno un obiettivo comune: fare perdere in Sicilia il candidato alla presidenza della Regione siciliana, Giancarlo Cancelleri.

Una volta battuti i grillini nell’Isola, per la vecchia politica italiana – della quale il segretario del PD e il leader di Forza Italia sono piena espressione – dovrebbe essere più facile sconfiggere lo stesso Movimento 5 Stelle anche alle elezioni politiche nazionali.

E’ possibile verificare la presenza del voto disgiunto? Sì: basterà contare le schede nelle quali verrà espresso lo stesso voto disgiunto: voto per il candidato presidente della Regione di una parte politica e voto per il candidato all’Assemblea regionale siciliana della parte politica opposta.

Se i verbali di ognuna delle circa 6 mila sezioni elettorali della Sicilia verranno compilati correttamente (e non come i verbali che sono stati compilati in occasione delle elezioni comunali di Palermo dello scorso 11 giugno!), il dato dovrebbe essere disponibile. In ogni caso, ci sono i rappresentanti di lista, che dovrebbero essere presenti allo spoglio delle schede.

La riconoscibilità del voto disgiunto è agevolata dal sistema di organizzazione delle elezioni che si articola, come già accennato, in circa 6 mila sezioni.

Lo spoglio delle schede, è noto, avviene in ogni sezione. Questo semplifica il ‘lavoro’ – chiamiamolo così – di chi deve verificare la presenza del voto disgiunto o, anche, una sorta di controllo del voto.

La storia delle sezioni che agevolano la ‘verifica’ del controllo del voto è vecchia. Se un candidato, per svariati ‘motivi’, si aspetta da un dato quartiere di una città, o in un piccolo centro, un certo numero di voti, quei voti debbono venire fuori da una o più sezioni. Se ne vengono fuori di meno, o non vengono fuori, il candidato ha modo di verificarlo proprio perché quei voti sarebbero dovuti spuntare in quel particolare seggio o in alcuni seggi.

Non a caso, per evitare quello che, alla fine, non è altro che un controllo del voto agevolato dal gran numero di sezioni elettorali, è stato ipotizzato di effettuare lo spoglio in un’unica mega sezione, che – ad esempio – ridurrebbe il potere delle mafie di ‘verificare’ il voto controllato. 

Lo stesso discorso vale per il voto disgiunto. Supponiamo che alcuni candidati di Catania o di Agrigento – due province scelte a ‘caso’ – si siano impegnati a far votare ovviamente se stessi per il rinnovo del Parlamento siciliano e il candidato presidente della Regione siciliana dello schieramento opposto. Con lo spoglio nelle sezioni da 600-700-1000 elettori sarà facile, per loro, verificare se gli elettori hanno seguito le indicazioni che hanno impartito ai propri elettori fidati.

Ma sarà facile verificarlo anche per i rappresentanti di lista e per i cittadini che consulteranno i verbali elettorali compilati correttamente. Perché se un candidato all’Ars di centrosinistra prende, ad esempio, 300 voti e, di questi, 150 voti sono andati al candidato presidente della Regione del centrodestra, è chiaro che il 50% degli elettori di questo candidato ha effettuato il voto disgiunto.

Questi eventuali 150 elettori che hanno effettuato il voto disgiunto l’hanno fatto per convinzione personale? Potrebbe anche essere, ma è difficile. Di solito, lo ribadiamo, ciò avviene perché ricevono precise direttive di voto.

Anche se in queste elezioni potrebbero non mancare gli elettori che effettueranno il voto disgiunto per ‘seminare’ ingovernabilità.

Abbiamo già detto che ad essere interessati al voto disgiunto in favore di Musumeci potrebbero essere i politici del centrosinistra. Chi, in particolare?

Abbiamo già ipotizzato un accordo Renzi-Berlusconi. Ma ci potrebbero essere altre motivazioni.

Nel centrosinistra ci sono forze politiche che rischiano di non raggiungere il 5% dei consensi, soglia indispensabile per accedere alla futura Assemblea regionale siciliana.

Se a votare andrà il 50% circa degli elettori aventi diritto, il quorum del 5% si dovrebbe superare con circa 115 mila voti. Ma il se il numero degli elettori che si recheranno alle urne aumenterà – magari perché il centrodestra unito attira più elettori, o perché i grillini riusciranno a convincere ad andare a votare chi solitamente diserta le urne – di voti, per raggiungere il 5%, ce ne potrebbero volere di più.

Che significa questo? Che i partiti di centrosinistra a rischio potrebbero provare ad accreditarsi con Musumeci, facendogli arrivare un bel po’ di voto disgiunto.

Dove si potrebbe materializzare il voto disgiunto? A Catania e dintorni ne è previsto un bel po’, sia perché Musumeci è di quelle parti, sia perché nel centrosinistra di Catania non mancano certo i voltagabbana.

Lo stesso discorso vale per Agrigento, dove il trasformismo politico ha il volto del Ministro Angelino Alfano e dei suoi accoliti. Eletti cinque anni fa nel centrodestra – sia al Parlamento nazionale che in Assemblea regionale siciliana – gli ‘alfanini’ agrigentini stanno di fatto chiedendo agli elettori che cinque anni fa li hanno eletti nel centrodestra di essere rieletti nel centrosinistra.

Per carità, nella terra de I vecchi e i giovani di Luigi Pirandello – celebre romanzo dove il trasformismo politico raggiunge l’apoteosi – non è difficile trovare adepti. Ma per questi ‘politici di razza’ un conto è dire ai propri elettori che cinque anni prima li hanno votati per il centrodestra, “Signori, adesso sono nel centrosinistra”, mentre altra è ben diversa cosa è dire: “E’ tutta tattica: votatemi per l’Ars nel centrosinistra, ma votare il candidato presidente della Regione di centrodestra perché poi saremo tutti lì…”.

 

 

 

 

 

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