Nebbie a 5 Stelle: alla fine sarebbe tutta ‘colpa’ di Nuti, Mannino e Di Vita…

14 aprile 2017

Cosa c’è dietro lo scontro, arrivato fino a Genova, che sta dilaniando il M5S di Palermo? Solo il caso Forello o anche altro? Di certo, l’annunciata sospensione dei tre deputati nazionali ” non è derivata dal procedimento penale in corso”

L’unica cosa certa è che di questa storia non si sa tutto.  Nessuna dichiarazione, nessun fatto noto, nessun comunicato ufficiale spiega per intero, a nostro parere, cosa ci sia esattamente dietro alla scontro al vetriolo che sta dilaniando il Movimento 5 Stelle di Palermo. Uno  scontro che oggi è arrivato fino a Genova: Beppe Grillo in persona, con un post su Facebook, ha annunciato la sospensione dal gruppo parlamentare  per  Riccardo Nuti, Claudia Mannino e Giulia Di Vita dal gruppo parlamentare. Sono coinvolti nell’inchiesta firme copiate, ma non sono i soli.

Come mai tanta severità da parte del leader M5S?

Grillo nel suo post scrive che la sua decisione scaturisce “dalle dichiarazioni dei portavoce sospesi dal MoVimento 5 Stelle Nuti, Mannino e Di Vita riportate dai giornali  in cui viene attaccato il candidato sindaco del MoVimento 5 Stelle a Palermo e in cui vengono fatte considerazioni sulla magistratura che non coincidono con i nostri principi”.

Che la candidatura di Ugo Forello abbia diviso il movimento è cosa nota. Riccardo Nuti (e con lui una buona parte di attivisti) lo ha detto prima, durante e dopo le comunarie: è stata una candidatura imposta dall’alto che nulla ha a che fare con il M5S di Palermo.

Concetto ribadito oggi: “Lo staff, in autunno, ci chiese un parere. E definimmo inopportuna la candidatura di Forello, da noi attaccato in Antimafia, nel giugno 2014, per un conflitto di interessi simile a quello della Boschi per Banca Etruria. Da avvocato difendeva i commercianti con Addiopizzo, ma con la stessa organizzazione chiedevano i risarcimenti e stavano nella commissione ministeriale che assegnava i risarcimenti”, ha dichiarato Nuti. 

E’ solo questa la causa dell’ira di Grillo? Forello? E se così fosse, perché sacrificare la forza di un gruppo per un nome che, in effetti, non ha mai avuto nulla a che fare con la storia del M5S di Palermo?

Certo è che non è l’inchiesta sulle firme copiate ad avere indotto Grillo a tanta severità, perché se così fosse, come fanno notare i tre deputati messi sulla graticola, per i due che hanno ammesso le proprie responsabilità – i parlamentari regionali Giorgio Ciaccio e Claudia La Rocca – l’espulsione dovrebbe essere automatica:

“Ha ragione Luigi Di Maio, le espulsioni dal Movimento 5stelle conseguono alla condanna in primo grado. Tuttavia, i deputati regionali della Sicilia Claudia La Rocca e Giorgio Ciaccio dovrebbero essere espulsi dal Movimento, in quanto hanno confessato d’aver partecipato alla vicenda delle firme per le ultime comunali di Palermo. Che abbiano assunto il ruolo di accusatori non elimina le responsabilità penali che i due hanno ammesso, apparendo all’opinione pubblica come paladini e dunque estranei”, affermano in una nota i deputati nazionali Nuti, Di Vita e Claudia Mannino. Che aggiungono: “È un’ovvietà, loro sono colpevoli per ammissione, noi ci proclamiamo innocenti, convinti di provare la nostra totale estraneità ai fatti e anche il nostro agire secondo i princìpi del Movimento”.

“Finora – continuano i tre deputati nazionali – l’attenzione si è concentrata soltanto sulla nostra difesa, sul presupposto, sospinto a modo, che sottoporci a interrogatorio e saggio grafico dopo aver conosciuto le accuse rivolteci fosse indice di colpevolezza e quindi di tradimento dell’etica 5stelle. Abbiamo agito nel nostro diritto e col dovere di tutelarci, collaborando con la magistratura cui abbiamo fornito elementi concreti che smontano le accuse di La Rocca e Ciaccio, i quali autosospendendosi hanno evitato provvedimenti disciplinari del Movimento. La nostra sospensione – chiariscono i tre deputati nazionali – è stata invece deliberata dai probiviri, i quali ci hanno contestato una scelta difensiva che poi ci ha permesso di smontare le accuse di La Rocca e Ciaccio sulla presenza, nel primo pomeriggio, di Di Vita alla riunione del misfatto. Di Vita ha infatti provato con documenti la sua assenza pomeridiana a quella riunione, contraddicendo la versione fornita ai magistrati dagli accusatori. Si badi, la nostra sospensione non è derivata dal procedimento penale in corso, né ha riguardato, come invece si è sostenuto in malafede, il nostro ruolo di parlamentari”.

“Infine – concludono i tre deputati – la perizia calligrafica ordinata dalla Procura è chiarissima per La Rocca, riconoscendo la corrispondenza delle lettere di un’intera parola. Nel caso di Nuti essa esclude qualsiasi compatibilità e nel caso di Di Vita e Mannino non perviene ad alcuna certezza di compatibilità”.

Nel comunicato, dunque, i tre parlamentari confermano che la sospensione non scaturisce dal procedimento penale. Tutto, o quasi, riporta a Forello e Nuti oggi lo ha ribadito: tutta questa storia è una montatura ben organizzata  “da chi ha poi lavorato alla designazione dell’attuale candidato a sindaco di Palermo Ugo Forello”.

Ma non sarebbe male se i tre deputati approfondissero l’intera questione che, a nostro avviso, rimane avvolta dalle nebbie e che nemmeno il caso Forello spiega per intero.

Aggiornamento: Claudia Mannino su facebook:

“Informo che io, Di Vita e Nuti non abbiamo rilasciato dichiarazioni contro la magistratura, anzi tutt’altro, né contro il candidato sindaco del M5s di Palermo. Se circolano dichiarazioni in tal senso attribuite a noi sono da ritenersi non veritiere, abbiamo espresso fiducia nella giustizia a cui ci affidiamo per dimostrare la nostra innocenza.

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