Controstoria dell’impresa dei Mille 8/ La battaglia di Milazzo: un altro vergognoso tradimento

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Anche a Milazzo Garibaldi e le sue truppe – circa 8 mila garibaldini – si coprono di ridicolo. Debbono espugnare la fortezza della cittadina che opera con un numero di militari che è meno della metà dei garibaldini. Ma questi ultimi vanno a sbattere, mentre lo stesso eroe dei due mondi sfugge per miracolo alla cattura. A salvare le sorti di Garibaldi e del suo squinternato esercito arriveranno i soliti traditori…

Abbiamo lasciato metà dei Mille più Mille a Catania, mentre l’altra metà dei Mille che sono in realtà diventati ottomila (tutti garibaldini, ovviamente, però con le camicia del colore delle divise dell’esercito piemontese), si accinge ad attaccare la fortezza borbonica di Milazzo, difesa da 3 mila e 400 soldati. Garibaldi, che non è abituato a combattere in superiorità numerica (sic!) rischia una clamorosa sconfitta, perché per la prima volta trova pane per i suoi denti.

I soldati borbonici in campo sono determinati a vendere cara la pelle. Sono agli ordini di un vero comandante, il colonnello Ferdinando Beneventano del Bosco. Uno sconsiderato attacco, suggerito all’eroe dei due mondi dalla sproporzione delle forze in campo è respinto con gravissime perdite dai Borbonici. Lo stesso Garibaldi rischia di essere catturato e viene salvato da un tale Missori che in quel momento non aveva di meglio da fare.

Ma la cosa è messa male. Ecco puntuali presentarsi Giuda e suo fratello. Il primo è un tale comandante Pironti, che è a capo del resto delle truppe napoletane, asserragliate dentro il Castello di Milazzo e che, nonostante le richieste di Del Bosco, non fa uscire in campo a dare manforte, perché l’imbecille sostiene che, essendo più alto in grado, non prende ordini da Del Bosco. Ma il meglio deve ancora venire, e viene per mare.

La pirofregata Veloce, della Marina borbonica è stata ceduta due giorni prima della battaglia dal suo comandante, Amilcare Anguissola, convinto a tradire dall’Ammiraglio Persano, capo della Marina piemontese che, a sua volta, si coprirà di ignominia nella battaglia navale di Lissa, nella III guerra di Indipendenza. La nave, subito ribattezzata Tukory, è moderna e dotata di un armamento di tutto rispetto. Ben 10 cannoni che cominciano a tempestare i soldati borbonici seguendo le indicazioni da terra di Garibaldi.

Le truppe borboniche sono costrette a ritirarsi nella cittadella e successivamente a trattare la resa.

Un ultimo tradimento e la Sicilia sarà finalmente “liberata”

Continua

Qui potete trovare le prime sette puntate della Controstoria dell’impresa dei mille  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Visualizza commenti

  • Manfredi Mosca sarebbe così cortese da indicare almeno alcune delle fonti alle quali attinge per le sue ricostruzioni ? Grazie anticipate.

  • ,Supponiamo che fosse vera la tesi secondo la quale ci sia stato il tradimento, tesi che non considero credibile perché un regno non si dissolve per simili motivi poiché le cause sono complesse; ebbene, che razza di ufficiali aveva il Regno di Napoli?

    E' mai possibile che un esercito nazionale fosse così corrotto o era lo stato nazionale al quale appartenevano più corrotto dell'esercito?

    Che fine ingloriosa dell'esercito napoletano che con Gioacchino Murat aveva selezionato i migliori ufficiali (Morelli, Silvati, i fratelli Pepe)

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