Renzi, Crocetta e Orlando: tre realtà, tre inganni: tre personaggi da dimenticare. E da cambiare

4 aprile 2016

L’Italia di Renzi, la Regione di Crocetta e la Palermo di Orlando sono intimamente legate da un denominatore comune: il fallimento. Politico, amministrativo e, soprattutto, culturale. I danni prodotti da questi tre personaggi sono sotto gli occhi di tutti. Danni enormi: economici e sociali. E’ arrivato il momento di voltare pagina. Per davvero, però. Puntando su una politica diversa

Come appare, oggi, la Roma di Renzi vista dalla Sicilia? E che cosa offre, oggi, la Sicilia colonizzata dai renziani? E che aria tira, oggi, nella Palermo che non riesce ad essere ‘Capitale’ di qualcosa?

“Ogni realtà è un inganno”, ci ricorda Luigi Pirandello. E di inganni l’Italia, la Sicilia e Palermo abbondano.

Il presidente del Consiglio, commentando le intercettazioni che inchiodano l’ormai ex Ministra, Federica Guidi, dice che con lui chi sbaglia paga. Ma l’emendamento ‘corsaro’ che favoriva il compagno dell’ex Ministra era stato ‘bocciato’ e poi di nuovo inserito a colpi di ‘voti di fiducia’ e di ‘canguri’, ovvero forzando le regole parlamentari, piegate dai presidenti di Camera e Senato ai voleri del Governo. In un Parlamento di ‘nominati’ succede anche questo.

Insomma Renzi era al corrente dell’emendamento. Che definisce sacrosanto. L’emendamento che favoriva un privato era giusto, ma la Ministra, anzi l’ex Ministra Federica Guidi, ha sbagliato.

Sì, l’ex Ministra Guidi ha sbagliato a telefonare al compagno. Ma l’altra Ministra, Maria Elena Boschi, che era d’accordo con la sua collega, lei no, lei non ha sbagliato. Hanno lavorato per raggiungere lo stesso obiettivo, ma una (la Guidi) ha sbagliato, l’altra (la Boschi) ha fatto bene. La prima (la Guidi) si è dimessa, la seconda (la Boschi) è rimasta Ministra.

Chiaro?

Dice la Maria Elena Boschi: “Io sono in buona fede”.

Forse la Ministra dimissionaria, che avvertiva il compagno, era in malafede?

Le uniche cose certe, in questa storia, sono due.

La prima è che la Ministra Maria Elena Boschi non sbaglia mai: è in fallibile come il Papa?

La seconda cosa è che Maria Elena Boschi, se sbaglia, beh, sbaglia sempre in buona fede: che è come non sbagliare. Come si direbbe in Sicilia, lei cari sempri ‘a dritta…

A dare un tocco beffardo a questa vicenda – quasi come la vendetta di una capricciosa Erinni – è un’intervista, rilasciata dalla stessa Maria Elena Boschi (ecco l’intervista, se vi volete divertire). A guidare il Governo del nostro Paese era allora Enrico Letta. La oggi Ministra Boschi commentava le vicissitudini dell’allora Ministra Anna Maria Cancellieri, tirata in ballo per una storia di favoritismi.

Lei, la Maria Elena Boschi, diceva che mai e poi mai un Ministro in carica deve dare anche la sensazione di fare qualcosa per favorire qualcuno: al contrario, bisogna sempre lavorare per la collettività!

Dopo il panegirico, la Maria Elena Boschi oggi Ministra così conclude: “Io al suo posto mi dimetterei”.

Ragazzi, ad ascoltare questa intervista – che la rete in queste ore impietosamente rilancia – non si può non sorridere amaro.

Lasciamo Renzi, la Boschi e la Guidi a Roma e andiamo in Sicilia.

In queste ore fervono i preparativi per la Leopolda sicula, ribattezzata la ‘Faraona’ in onore di Davide Faraone, il sottosegretario, leader dei renziani siculi, titolare di un bel ‘pezzo’ di Regione siciliana (leggere gli assessorati che i renziani hanno scippato all’accoppiata Giuseppe Lumia-Rosario Crocetta, specie dopo la caduta di Confindustria Sicilia).

La ‘Faraona’, quest’anno, si annuncia come un grande spettacolo circense.

Da una parte ci saranno i ‘Faraoni’ (leggere il sottosegretario Faraone e gli assessori regionali di osservanza renziana) con le promesse di commesse, progetti, tanto a te, se ti comporti bene avrai questo, ricordati di me, pensando a Nerone – l’unico che seppe riscaldare veramente Roma – noi pensiamo di incenerire i rifiuti, l’acqua è mia e la gestisco io, l’energia deve dare energia (e possibilmente voti) e tiritipt e tiritapt.

Dall’altra parte – la platea – ci saranno i siciliani dediti al ‘particulare’ (da contrabbandare rigorosamente come interesse generale): sono quelli che nei primi anni del 2000 chiedevano (e incassavano) da Totò Cuffaro, da Gianfranco Miccichè, da Diego Cammarata, da Umberto Scapagnini e che adesso sono con Renzi e Faraone. Pronti a saltare sul prossimo carro quando l’attuale capo del Governo e i suoi giannizzeri cadranno e arriveranno nuovi vincitori.

Interessante è anche la ribellione di Rosario da Gela. Lui, il presidente della Regione, per il PD, fino ad oggi ha fatto tutto. Due anni fa, o giù di lì, ha regalato proprio al Governo Renzi quasi 5 miliardi di Euro: soldi di 5 milioni di Siciliani: soldi che la Regione siciliana ha avuto riconosciuti dalla Corte Costituzionale: soldi che Rosario ha dato a Renzi per ingraziarselo.

Ma Renzi e i renziani, per ringraziamento, lo utilizzano come un mezzo vaso di Pandora da mercatino di Ballarò (il quartiere popolare di Palermo dove si vende di tutto, non la trasmissione televisiva, per carità!): Crocetta è il colpevole di quello che nella Regione non va (praticamente tutto), mentre loro, i renziani, sono i protagonisti della Regione siciliana che funziona (ma dove l’hanno vista?).

Crocetta e i pochi fedelissimi su cui ancora può contare hanno capito quale sarà il gioco del PD alle prossime elezioni regionali: scaricheranno su di lui tutte le responsabilità del fallimento e troveranno un candidato di centrosinistra che si presenterà agli elettori come un anti-crocettiano.

Per Rosario da Gela e per il manipolo di fedeli che ancora non l’hanno abbandonato le prossime elezioni regionali, nella testa dei renziani, dovrebbero essere come il Natale per i capponi.

Ma a quanto pare Crocetta non sembra molto contento di questo ruolo. Così si è ribellato. ha rimesso al vertice di Riscossione Sicilia l’avvocato Antonio Fiumefreddo, dandogli addirittura più poteri, e si sta riorganizzando.

Si vuole ricandidare? Non è da escluderlo. A meno che il PD non di qualcosa a lui e ai suoi. In ogni caso, la sua lista ci sarà: di questo, con molta probabilità, si occuperanno Fiumefreddo e Antonio Ingroia.

Un altro personaggio messo male, ma intenzionato a non mollare la presa, è il sindaco di Palermo (delle cui vicissitudini vi abbiamo raccontato qui). Leoluca Orlando continua a giocare, come ha sempre fatto, su quattro o cinque tavoli: tiene a Roma i rapporti con il PD (scavalcando, com’è sua abitudine, i dirigenti siciliani) nel caso in cui Renzi dovesse durare; ammicca con Sinistra Italiana di Fassina e D’Attorre nel cosa in cui Renzi dovesse cadere; usa la presidenza dell’ANCI Sicilia ‘minacciando’ candidature alla Regione.

Il problema è che se i tavoli, bene o male, reggono, la sua sedia, invece, comincia a traballare, perché sulla ZTL maramalda il sindaco di Palermo – cosa che non gli era mai successo – si è messo contro tutta la città.

Ormai, nell’immaginario dei palermitani, il Comune è visto come l’agente delle tasse. Il fatto che Orlando si sia sbarazzato di un assessore comunale come Giuseppe Barbera – uno dei massimi esperti in Italia in materia di aree verdi cittadine: suo il progetto, quello vero, per la valorizzazione del Parco della Favorita – e si tenga invece Giusto Catania e la sua ZTL lascia pensare.

Che dire di questo quadro a tinte fosche che da Roma arriva a Palermo, passando per la Regione siciliana?

Che al nostro Paese serve un cambiamento. Renzi è un disastro. Crocetta pure. Orlando anche. Tre realtà, tre inganni.

Tutti a casa, ragazzi. Non è cosa vostra.

 

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