Alienazione culturale del Sud atto IV/ “Se siete venuti a salvarmi, perché mi uccidete?”/ MATTINALE 132

15 settembre 2018

In questo grido disperato di una donna abbruzzese sul punto di essere infilzata da una baionetta piemontese è sintetizzato tutto il dramma del SUD. Da allora ad oggi, fatta eccezione per il sussulto di dignità della Costituzione del 1948, è cambiato poco o nulla

Historia magistra vitae. La Storia, quella vera, è maestra di vita. Tutto quello che abbiamo scritto e riportato nei post precedenti è pura e documentata verità e tanto basti. Sfidiamo tutti i pennivendoli e gli alienati culturali in un pubblico dibattito, meglio se in uno dei tanti istituti simbolo dell’orrore, quali l’Istituto Lombroso di Torino o il Museo di Storia Patria (sic!) a Palermo.

Veniamo dunque alle conclusioni.

Se siamo quello che siamo la colpa risale una scelta scellerata che ha posto le nostre vite nelle mani di chi non aveva interesse a fare di una vecchia espressione geografica una nazione. Ne è venuto fuori solo uno staterello fondato sulla menzogna, sull’inganno e sulla mistificazione. Inattendibile e inaffidabile.

Dopo le pagliacciate savoiarde, costruite sulla mamma e sulla patria e la tragica farsa fascista, il Paese ha vissuto il suo unico sussulto di dignità con la Resistenza e la costruzione della Repubblica costituzionale. Non seppe, forse non poté, certamente non volle però fare i conti col fascismo, né tantomeno con il passato coloniale interno, rimanendo in un limbo da cui, cessata la deriva nobile della rifondazione, siamo piano piano scesi nell’inferno berlusconiano e ora nel girone dei cazzari gialloverdi.

Questa costruzione artificiosa e artificiale chiamata Italia, però, non ha mai potuto eliminare una corrente carsica, sotterranea, che percorre lo stivale dal Brennero al Capo Passero. Un murmure sommerso, questo sì, unisce il Paese, una colonna sonora stonata, scordata, stridula, che ciclicamente diventa urlo, invettiva, disprezzo gridato. Quello che corre sulla superficie italica invece è un fiume di ingiustizie, di prevaricazioni, di disparità, di sfruttamento, di ipocrisie e di egoismi invincibili.

Chiunque va al governo entra in un ingranaggio che lo innesta in un processo immutabile. Anche i 5 Stelle, eletti coi voti dei meridionali e dei siciliani, sono finiti nel tritacarne e proprio in questi ogni ne abbiamo avuto un prova. Che non sarà l’ultima.

Lo Stato italiano non ha né il potere, né la volontà di mettere le cose a posto. Il diavolo che regge i fili che ci muovono è troppo forte, troppo astuto. Questo sistema non può essere modificato, deve essere cambiato dal suo interno con una presa di coscienza rivoluzionaria che ponga l’aut aut.

O lo Stato fa ammenda di tutta una storia infame o questo Stato, così com’è, non ha ragione di esistere.

L’occasione è più vicina di quanto non sembri: l’attuazione del federalismo fiscale.

Prepariamoci: ESSERE PRONTI È TUTTO.

Di seguito i tre articoli precedenti:

 

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