Cari cittadini del Sud, l’olio extra vergine di oliva acquistatelo nei frantoi e nelle aziende del Sud!

24 agosto 2018

Tre Regioni del Sud – Puglia, Calabria e Sicilia – producono il 90% dell’olio extra vergine di oliva. Ma nel Sud e nella Sicilia solo un quinto della produzione di extra vergine viene imbottigliato. Mentre il Centro Italia, con circa il 9% della produzione, imbottiglia il 40% dell’extravergine. Il resto viene imbottigliato nel Nord che ha una produzione ininfluente. E’ tempo che il Mezzogiorno si svegli e prenda in mano le redini di questo settore. Il ‘Patto’ tra cittadini e produttori di extra vergine del Sud

di Domenico Iannantuoni
e Michele Eugenio Di Carlo

Il 90% della produzione di olio d’oliva extra vergine italiano si concentra nel Sud con Calabria, Puglia e Sicilia. Ma la commercializzazione e la distribuzione dell’oro giallo segue i circuiti imposti dalla Grande Distribuzione Organizzata (GDO) e dalle grandi aziende con sede legale ben oltre la linea di demarcazione del Mezzogiorno. Ai produttori locali degli Abruzzi, del Molise, della Campania, della Puglia, della Calabria e della Sicilia, spesso, non resta che svendere il proprio prodotto, consegnandolo sottocosto agli speculatori a un prezzo che oscilla da 3 a 5 euro al litro; quasi sempre gli stessi consumatori delle Regioni meridionali comprano l’olio d’oliva extra vergine imbottigliato dalle aziende del Nord e dai supermercati a 4 euro al litro, invece di recarsi direttamente nei frantoi, o direttamente nelle aziende dei piccoli produttori.

Spesso i consumatori comprano addirittura un olio non extra-vergine e di dubbia provenienza. Bisogna ripeterlo: un olio extra vergine di oliva non può costare meno di 14 euro al litro in produzione intensiva e di seguito vi indichiamo i prezzi legati ad una media produzione, ossia un uliveto di 10.000 mq.

Costi:

raccolta meccanizzata con abbacchiatori (numero due compresi benzina e lubrificanti) ore 48 per sei quintali di raccolto: 500 euro;

molitura: 200 euro;

lattine zincate da 10 litri cadauno: 200 euro;

tasse terreno: 100 euro;

potatura biennale: 500 euro;

capitale investito (10.000 euro) rendita 6%: 600 euro.

Totale costi: 1.850 euro all’anno per ettaro.

Poiché nell’olivicoltura ad annate di carica (molto produttive) si alternano annate di scarica (poco produttive), si deve fare una media tra le due annate. Tale media risulta essere pari a circa 0,8 (ma può scendere anche a 0,5). Ciò significa che, se nell’anno di carica la produzione è stata, ad esempio, pari a 6 quintali di olive per ettaro, nell’anno di scarica, se la media è 0,8 si arriva a una produzione di 4,8 quintali circa; mentre se è 0,5 diventa 3 quintali di olive per ettaro.

Il totale dei costi diviso per il coefficiente pari a 0,8 dà il risultato di 2.312 euro: questi sono i costi complessivi per la gestione di un ettaro di oliveto. 

Con una spesa di 2 mila e 312 euro si ottiene una produzione di 120 litri di olio extra vergine. Se dividiamo 2.312 euro per 120 otteniamo un costo di produzione di circa 19 euro al litro (che economizzando un po’ sui costi può scendere a 14-15 euro al litro).

Abbiamo considerato qui un uliveto in biodynamics e privo di costi di fitofarmaci in grado di combattere la mosca olearia ed altri parassiti.

Un tempo il rapporto di equilibrio tra olio di oliva extra vergine di oliva e vino era di 15 a uno: cioè quindici litri di vino pareggiavano i costi di un litro d’olio d’oliva e se ci soffermassimo su questo antico concetto non potremmo che riconoscerne ampia veridicità.

Il consumatore deve capire che la sua salute non dipende dall’acquisto di prodotti mistificati o, peggio, sofisticati. D’altro canto, il consumo pro capite di olio d’oliva extra vergine è oggi di 15 litri/ anno e la spesa complessiva personale sarebbe di 240 euro/ anno, del tutto affrontabile per vivere in vera salute.

Il Mezzogiorno d’Italia deve assolutamente evitare che il proprio olio d’oliva extra vergine venga acquistato sottocosto da intermediari al servizio delle grandi aziende e della Grande Distribuzione Organizzata che lo imbottigliano e lo distribuiscono non solo nel Nord e all’estero, ma addirittura nelle regioni meridionali di produzione a prezzi triplicati!

Spesso, invece, anche i consumatori meridionali acquistano nei supermercati della GDO con sede legale al Nord olio d’oliva tunisino o spagnolo.

In altre parole, occorre procedere speditamente alla realizzazione di una “filiera olearia meridionale” che si faccia carico di concentrare anche nelle regioni del Sud l’imbottigliamento, la commercializzazione e la distribuzione. E questa esigenza diventa ancora più urgente in tempi di regionalismo differenziato che promette di destinare i proventi delle tasse esclusivamente nelle Regioni dove le aziende hanno la sede legale.

Nel Sud e nella Sicilia, dai circa 4500 frantoi, solo un quinto della produzione di olio d’oliva extra vergine viene imbottigliata, mentre il Centro Italia, con circa il 9% della produzione, imbottiglia il 40% dell’extravergine. Il resto viene imbottigliato nel Nord che ha una produzione di nessun rilievo.

Quasi tutta la produzione di olio d’oliva extra vergine italiano viene vantaggiosamente confezionata nel Centro-Nord. L’industria olearia italiana è quindi praticamente tutta Centro-Settentrionale e, comprando all’estero olio a prezzi stracciati, agisce potentemente nel deprimere il valore della produzione nazionale di olio d’oliva extra vergine fino al limite del sottocosto.

Un sottocosto che, spesso, costringe le aziende olivicole meridionali a ricorrere al caporalato, con l’utilizzo di veri e propri schiavi nelle varie fasi della lavorazione. Il caporalato si elimina costituendo la filiera dell’extra vergine del Sud, che darà vero lavoro (e non sfruttamento!) e ricchezza in tutto il Sud.

Ricordiamoci che il mercato dell’olio d’oliva italiano, vero o mistificato che sia, comporta un giro d’affari di svariati miliardi di euro all’anno: un mrcato che, oggi, è saldamente nelle mani delle grandi aziende e della Grande Distribuzione del Centro-Nord Italia. E questa è un’assurdità se consideriamo, come già accennato, che il 90% della produzione di vero olio d’oliva extra vergine si localizza in Puglia, in Calabria e in Sicilia.

In tempi in cui, nel giro di un decennio, circa 1,8 milioni di cittadini del Sud sono emigrati – parliamo di un decimo della popolazione meridionale – dobbiamo imporre alle nostre Regioni del Mezzogiorno il rilancio dell’economia agricola e olivicola in particolare.

Alle Regioni del Sud Italia spetta il compito di attivarsi immediatamente per una politica di ricostruzione della propria tipica filiera olivicola, mettendo ai margini le grandi aziende e la GDO e diventando protagoniste della fase di commercializzazione e di distribuzione dell’oro giallo, in modo tale che tutto l’imbottigliamento avvenga sul territorio di produzione in maniera certificata.

In fondo si tratta di riportare nel Mezzogiorno una ricchezza che gli appartiene e che le solite politiche Nord-centriche gli hanno sottratto. Una ricchezza che garantirebbe occupazione a decine di migliaia di lavoratori e un reddito sicuro a centinaia di migliaia di aziende olivicole con un tasso di disoccupazione che potrebbe scendere di vari punti.

Le Regioni meridionali – le classi dirigenti delle Regioni meridionali – si devono impegnare. Ma anche i cittadini del Mezzogiorno devono fare la propria parte. Basta acquistare olio extra vergine a 4-5-6 euro a bottiglia nei supermercati. Nella migliore delle ipotesi si tratta di olio d’oliva tunisino spacciato per olio extra vergine italiano; nella peggiore delle ipotesi è olio di non si sa bene che…

Allora – lo ribadiamo ancora una volta – serve un ‘Patto’ tra cittadini e produttori di olio d’oliva extra vergine del Sud: noi cittadini del Mezzogiorno, ogni anno, in autunno, andiamo ad acquistare il nostro olio d’oliva extra vergine nei frantoi o nelle aziende; mettendoci in testa che non dobbiamo risparmiare su questo prodotto dell’agricoltura: ne va della nostra salute e della nostra economia. Non facciamoci più sfruttare dal Centro Nord Italia e dalla Grande Distribuzione organizzata.

P.s.

Non dobbiamo stupirci se, in Puglia, il costo di produzione di un litro di olio d’oliva extra vergine sia più alto rispetto al costo che si registra in Sicilia. Intanto va detto che sono diversi gli oliveti: ed è diversa, soprattutto, la metodologia seguita per arrivare al costo di produzione. 

In Puglia sono molto più analitici e inseriscono tra le voci dei costi elementi dei quali, in Sicilia – di fatto è così – gli agricoltori non tengono conto. Stiamo dicendo che gli agricoltori siciliani che producono olio d’oliva extra vergine ‘regalano’ una parte del proprio lavoro (e di altri fattori della produzione)? Praticamente è così!

Dopo di che, per carità, una parte dei costi saranno magari più contenuti in Sicilia: ma sono più ignorati che contenuti. 

In ogni caso, il messaggio che si vuole lanciare con questo articolo è sempre lo stesso: basta acquistare olio d’oliva extra vergine nei supermercati a 4-5 euro. L’olio extra vergine di oliva, noi meridionali, lo dobbiamo acquistare presso i nostri frantoi o presso le nostre aziende. 

Sarà cura di questo blog, poco prima dell’inizio della stagione olivicola, fornire ai cittadini di tutte le Regioni del Sud Italia – Regione per Regione – i nomi e gli indirizzi dei frantoi e delle aziende agricole dove sarà possibile andare ad acquistare l’olio extra vergine di oliva.  

(I nuovi Vespri)

 

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