La CIA nazionale su grano duro: qualche verità, qualche ammissione e tanta ambiguità

5 agosto 2018

Una nota della CIA nazionale sul grano duro merita di essere letta e commentata. Intanto perché fa il punto della situazione dell’attuale annata. Dice alcune verità. Altre le accenna appena (sulla privatizzazione del Senatore Cappelli un po’ di coraggio in più non guasterebbe). Le ambiguità sul grano duro canadese e sul CETA

Una nota della CIA nazionale sul grano duro – ripresa dall’ANSA – merita di essere letta e commentata. Non solo perché si fa il punto della situazione sull’attuale annata, ma anche perché si fa privilegia il dubbio sulle troppe certezze – che sanno molto di propaganda e poco di verità – sulla riduzione, in Italia, del grano duro canadese, sulla privatizzazione della varietà di grano duro Senatore Cappelli e – almeno questa è la nostra interpretazione – sui troppo celebrati contratti di filiera, veri e propri contratti-capestro in danno degli agricoltori, perché pensati e strutturati per favorire gli industriali della pasta. La nota presenta anche qualche ambiguità e, forse, qualche passaggio meritava di essere approfondito.

Ma andiamo a leggerla.

“E’ crisi per il grano duro in Italia, con semine al palo e prezzi ancora al di sotto dei costi di produzione. Criticità anche per la promettente varietà Senatore Cappelli, con dati inferiori alle previsioni che confermano l’incapacità di produrre semi a sufficienza per un mercato in espansione”.

Qui, in realtà, la CIA (sigla che sta per Confederazione Italiana agricoltori) nazionale avrebbe dovuto denunciare con un po’ più di coraggio la privatizzazione della cultivar Senatore Cappelli da parte della società bolognese SIS, cosa che invece ha fatto il presidente della Confagricoltura Siciliana, Ettore Pottino (QUI LA SUA INTERVISTA NELLA QUALE DENUNCIA IL MONOPOLIO DI SIS E COLDIRETTI).

Magari ci sarà poco seme, come sottolinea la CIA nazionale. Ma il problema del Senatore Cappelli è un altro e questa organizzazione agricola non può ignorarlo!

Per la CIA nazionale, quest’anno la produzione di grano duro si dovrebbe attestare intorno a 4,3 milioni di tonnellate. “La situazione per gli imprenditori – si legge sempre nella nota CIA – è ancora complicata”, tant’è vero che l’organizzazione agricola chiede “un intervento urgente del ministro delle Politiche Agricole, Gian Marco Centinaio, per dare risposte concrete ad un comparto, anche a fronte del fallimento di alcuni accordi di settore tanto propagandati”.

Con molta probabilità – ribadiamo: questa è la nostra interpretazione – il riferimento è ai contratti di filiera, a nostro avviso pensati più le l’industria della pasta che per gli agricoltori (QUI UN APPROFONDIMENTO SUL TEMA).

“Nell’attuale campagna – prosegue la nota CIA – gli ettari seminati sono 1,3 milioni, circa gli stessi della precedente. Grazie ad un lieve miglioramento delle rese in alcuni aree, la produzione segna un aumento del 2% con un raccolto che si attesta su 4,3 milioni di tonnellate. Buona la qualità in termini di proteine, ma resta difficile la situazione dei prezzi di mercato che continuano a restare intorno ai 200 euro la tonnellata”.

Segue un passaggio poco chiaro, almeno sul fronte del grano duro canadese che, a nostro avviso, va evitato (QUI ABBIAMO ILLUSTRATO IL PERCHE’):

“Risultano contraddittorie le notizie dell’import, con un calo dai tradizionali Paesi di approvvigionamento come il Canada e mentre si rafforzano Kazakhstan, Stati Uniti e Australia, crescono Messico e Argentina”.

Sul fatto che in Italia arrivi più grano duro da Kazakhstan, USA, Australia, Messico e Argentina si può essere d’accordo: cos’è che, invece, proverebbe la riduzione del grano duro canadese? Forse la CIA ha promosso le analisi sul grano duro che arriva in Italia? A noi non risulta. 

Finora le analisi che hanno fatto chiarezza su questo delicato settore le hanno promosso GranoSalus e I Nuovi Vespri, ‘beccandosi’ anche le azioni giudiziarie delle multinazionali della pasta. Cause vinte, certo. Ma altro non conosciamo su questo delicato fronte.

Sappiamo, invece, che ogni anno il Canada ha un problema: ‘sbolognare’ a qualcuno 4 milioni di tonnellate di grano duro che questo Paese produce nelle aree fredde e umide: grano che viene fatto maturare artificialmente con il glifosato e che potrebbe contenere micotossine DON (QUI UN ARTICOLO SUL GRANO DURO AL GLIFOSATO PRODOTTO IN CANADA).

“Dall’Europa – conclude la nota CIA – arriva dalla Francia un prodotto competitivo per qualità e quantità e a prezzi più contenuti del Durum canadese e questo in contemporanea con la trebbiatura in Italia, che porta un ulteriore compressione sui prezzi all’origine del grano nazionale. Non ultimi, segnala CIA, i dati ancora provvisori dell’entrata in vigore del trattato CETA che sembra non abbia avuto alcun impatto sull’import di grano duro dal Canada”.

Quest’ultimo punto è piuttosto ambiguo: cosa significano queste parole? Che il Canada continua a esportare in Italia il grano canadese a prescindere dal CETA? Su una questione così importante la chiarezza deve essere massima, mettendo da parte il ‘politichese’, specie se al servizio dell’Unione Europea dell’euro che, calpestando la sovranità dei Parlamenti di 27 Paesi europei, ha applicato la porcata chiamata CETA!

Una porcata, il CETA, che infatti oggi è sponsorizzata dal PD, da Forza Italia, dagli industriali del latte dell’Emilia Romagna e da ‘pezzi’ del Veneto e della Lombardia. Un trattato-porcata che, invece, tanto per cambiare, mortifica il Sud!    

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