Barilla dice basta alla pasta con il grano duro canadese al glifosato

18 aprile 2018

Quindi, due anni fa, quando abbiamo iniziato la battaglia in difesa del grano duro del Sud Italia – grano duro di Sicilia, Puglia, Basilicata e via continuando – non avevamo torto! Insomma, la ‘guerra’ in difesa del grano duro del Mezzogiorno, condotta da GranoSalus e da I Nuovi Vespri, non è stata sbagliata. Anzi. Ma attenzione: la strada per la liberazione dei produttori di grano duro del Sud è ancora lunga 

Alla fine si scopre che il grano duro canadese non è il “migliore del mondo”. E che la multinazionale della pasta – Barilla – ha deciso di non produrre più pasta con il grano duro che arriva dalle aree fredde e umide del Canada. Alla fine si scopre che la battaglia culturale, sociale ed economica combattuta da GranoSalus e da I Nuovi Vespri in difesa del grano duro del Sud Italia non è, poi, completamente sbagliata…

“Barilla dice basta al glifosato per il grano e ha ‘aggiornato i parametri qualitativi per questa materia prima strategica’ chiedendo ‘ai produttori di grano duro di tutti i Paesi di non usare il glifosato prima del raccolto’ come avviene in Canada che fino allo scorso anno era il principale fornitore straniero dell’Italia”.

Così leggiamo su Il Cittadino oggi Corriere nazionale. Quindi quando nell’agosto di due anni fa abbiamo scritto che il grano duro canadese non era migliore del grano duro siciliano, ma era “UN GRANDE IMBROGLIO AL GLIFOSATO” non avevamo torto!

Allora, sulla rete, siamo stati presi in giro. C’era chi scriveva che noi mettevamo in giro “bufale”. Anzi fake newes, come si dice oggi, ovvero notizie false.

Invece le nostre non erano notizie false. Raccontavamo la verità con un anticipo di due anni sul dibattito attuale!

Sono tanti, oggi, i detrattori della rete. Magari in certe cose hanno ragione. Ma la rete ha un grande pregio: la memoria. E’ lì a ricordarci, con gli articoli del passato, chi aveva torto e chi aveva ragione.

La rete è un giudice implacabile, perché ci ricorda le dichiarazioni, le interviste, gli articoli, le prese di posizione. Quando la verità viene a galla – e prima o poi la verità emerge – la rete indica, senza possibilità di errore, chi scriveva il vero e chi…

Quando abbiamo scritto il nostro articolo in difesa del grano duro siciliano – era il 13 agosto del 2016 – rispondevamo ad alcune dichiarazioni che erano state rilasciate nei giorni precedenti da Oscar Farinetti, il patron di Eataly che, durante la trasmissione In Onda Estate, su La7, aveva attaccato frontalmente il grano duro del Mezzogiorno d’Italia:

“Per fare una pasta di alta qualità e per ottenere una semola di alto livello servono caratteristiche di proteine, di glutine, di cenere nel grano duro che purtroppo in Italia è molto difficile ottenere. Una ragione è climatica: non siamo un Paese vocatissimo a fare il grano, ma siamo vocati a fare ortaggi e frutta di altissimo livello. E, in più, siamo piccoli, il nostro terreno coltivabile è una fesseria in confronto a quello di altri Paesi del mondo”. (QUI L’ARTICOLO PER ESTESO CON IL FARINETTI-PENSIERO).

“Non siamo un Paese vocatissimo a fare il grano”: rilette oggi queste dichiarazioni fanno sorridere. La Sicilia, che era il “granaio dell’antica Roma” non è vocatissima a fare il grano duro! Il Mezzogiorno d’Italia – dove si produce l’80% del grano duro italiano – non è vocato a questa coltura.

Queste sono le affermazioni e le persone che, due anni fa, facevano l’informazione nell’agroalimentare italiano!

Oggi ci misuriamo con il presente. Con il direttore degli acquisti del gruppo Barilla, Emilio Ferrari, che, a Toronto, al Canadian Global Crops Symposium, racconta che “al momento Barilla non ha firmato nessun contratto per l’importazione del grano dal Canada”.

Quindi lo importavano?

Ma questo è un dettaglio. Ricordiamoci che la battaglia in difesa del grano duro del Sud Italia è ancor lunga. Il no al grano duro canadese al glifosato è solo il primo passo verso la liberazione dei produttori di grano duro del Sud che, ancora oggi, sono sotto il dominio, fino ad oggi incontrastato, della speculazione internazionale e nazionale.

In questo momento il prezzo del grano duro del Sud Italia si atesta intorno a 18-20 euro al quintale. Un prezzo stracciato. Vergognoso. Meno della metà del prezzo del Desert Durum, il grano duro che si coltiva in Arizona e in California, un prodotto che ha le stesse qualità organolettiche del grano duro del Sud Italia.

Solo che il grano duro americano è difeso dal Governo americano, mentre il grano duro del Sud Italia è massacrato dall’Unione Europea e dalle multinazionali. Non a caso è oggetto di una speculazione che tiene il prezzo basso.

La grande industria della pasta – che oggi dice basta al grano duro canadese – è costretta a farlo perché la lotta, dal basso, contro la globalizzazione condotta da GranoSalus (e, nel nostro piccolo, anche da questo blog), sta avendo successo.

I consumatori, oggi, vogliono garanzie. La UE e l’Italia non danno alcuna garanzia. L’etichettatura della pasta – iniziativa elettorale – è naufragata. Bruxelles, del resto, è pronta a ‘macinare’ il decreto italiano sull’etichettatura.

Ma il punto è un’altro: oggi sono i consumatori che si stanno svegliando. E non vogliono più pasta al glifosato.

Non solo. Che il mondo della pasta sta cambiando lo racconta sempre Il cittadino oggi Corriere nazionale:

“Nel mondo l’Italia detiene il primato sulla produzione di pasta con 3,2 milioni di tonnellate all’anno davanti a Usa, Turchia, Brasile e Russia. Ma è proprio sui mercati mondiali che si avvertono i primi campanelli di allarme visto che, in controtendenza rispetto all’andamento del Made in Italy all’estero che ha superato la storica cifra di 41 miliardi di euro, si riducono invece le esportazioni italiane di pasta che nel 2017 hanno fatto segnare un preoccupante calo in valore secondo le analisi Coldiretti su dati Istat”.

“Si tratta degli effetti della rapida moltiplicazione di impianti di produzione all’estero – prosegue l’articolo – dagli Stati Uniti al Messico, dalla Francia alla Russia, dalla Grecia alla Turchia, dalla Germania alla Svezia. Ora ci sono le condizioni per frenare i pesanti effetti della delocalizzazione che, dopo aver colpito la coltivazione del grano, sta interessando la trasformazione industriale con pesanti conseguenze economiche ed occupazionali. La svolta dell’industria può quindi rappresentare una svolta per invertire la tendenza e valorizzare il Made in Italy dai campi alla trasformazione industriale”.

Ora il grano duro del Sud Italia diventa strategico. Perché è un grano di alta qualità. Ma bisognerà capire come gli agricoltori del Sud Italia si organizzeranno.

Un ruolo centrale dovrebbe essere svolto da GranoSalus, l’associazione di consumatori e di produttori di grano duro del Sud che si è intestata questa battaglia. Ma anche il Movimento 5 Stelle, prima forza politica a capire l’importanza di questa battaglia sociale, avrà un ruolo importante.

In questa ‘guerra di liberazione’ c’è anche la Sicilia. Che è in prima fila insieme con la Puglia, la Basilicata e con tutto il Sud. E’ proprio in Sicilia, nei prossimi giorni, è previsto un incontro tra i produttori di grano duro della Sicilia, a Santa Caterina Villermosa.

Vessati, da un anno, dai prezzi bassi imposti dalla speculazione, i produttori di grano duro dell’Isola sanno che il grano duro che raccoglieranno nel giugno prossimo è a rischio: perché, per l’appunto, il prezzo è bassissimo.

La grande industria vuole il grano duro del Sud: ma il prezzo lo debbono decidere loro. Perché in Italia, storicamente, la politica agricola la fanno del industrie a scapito degli agricoltori!

La battaglia si annuncia durissima. Ma un ruolo importante potrà essere svolto dai grillini che, nel Sud Italia, sono, non a caso, la prima forza politica.

 

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QUI L’ARTICOLO DE IL CITTADINO OGGI CORRIERE NAZIONALE 

 

 

 

 

 

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