Coldiretti Calabria: “Le Regioni dicano NO al glifosato. Per la salute e per la nostra agricoltura”

3 marzo 2017

La Calabria è la prima regione italiana a tagliare i fondi alle aziende che usano questa sostanza. Una decisione che va in una solo direzione: sensibilizzare l’opinione pubblica e arrivare ad uno stop europeo. Solo in questo modo si potrebbero chiudere le frontiere al grano canadese che ne contiene quantità massicce (e usato dalla industrie). Ricordiamo che per l’OMS è una sostanza cancerogena

E’ la Calabria la prima regione italiana a dire un chiaro e forte NO all’utilizzo del glifosato in agricoltura. E non si tratta di un NO teorico, ma molto pratico: la Giunta calabrese non darà più un euro alle aziende che lo utilizzano. Si parla di finanziamenti all’agricoltura che arrivano, soprattutto, via PSR i Piani di sviluppo rurale previsti dai programmi comunitari. E di agricoltura integrata, quella, cioè, che prevede un ricorso minimo a sostanze che hanno un impatto sull’ambiente o sulla salute dei consumatori.

La decisione è dello scorso dicembre, oggi ne parliamo con il presidente della Coldiretti Calabria, Pietro Molinaro. 

“Si tratta certamente di un passo in avanti, un risultato raggiunto grazie all’impegno di Coldiretti, ma anche di altre associazioni che stanno sostenendo questa battaglia per la tutela della salute dei consumatori”, dice ai Nuovi Vespri.

Come ormai tutti sappiamo, parliamo di un erbicida che l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha inserito tra le sostanze probabilmente cancerogene per l’uomo. Conclusione contestate dall’Efsa (l’Autorità europea per la sicurezza alimentare) che avrebbe però tenuto conto di studi elaborati su input delle stesse industrie….

Le associazioni cui si riferisce Molinaro sono circa 45 e sono confluite nella coalizione #StopGlifosato.

“Se anche altre Regioni faranno lo stesso – e in questo senso ci arrivano notizie dalla Toscana – è chiaro che questa battaglia avrà più possibilità di essere vinta. Fondamentalmente si tratta di un messaggio che deve arrivare forte e chiaro alle istituzioni italiane e a quelle europee e che va molto al di là dell’utilizzo nelle singole regioni. La Commissione Europea – aggiunge Molinaro – dovrà decidere alla fine di quest’anno sul glifosato ed è ovvio che se la consapevolezza dei consumatori sarà tale da potere esercitare pressioni, potremo cambiare il corso delle cose”.

Va ricordato che il problema del glifosato non è tanto legato al suo utilizzo come diserbante, quanto al suo impiego come disseccante: viene anche utilizzato per fare maturare le piante in condizioni di clima ostile o in anticipo rispetto ai tempi naturali. In quest’ultimo caso viene usato in quantità massicce ed è inevitabile che i suoi residui finiscano dritto nei nostri piatti.

Pietro Molinaro

Eccoci dunque arrivati al tema più caldo di questi giorni: il grano che arriva in Italia e con il quale le industrie fanno la pasta. Le analisi fatte fare dal comitato GranoSalus ad otto tra le marche più famose di pasta sono molto eloquenti (qui l’articolo in questione, qualora vi fosse sfuggito) così come ‘eloquente’ è il silenzio della ‘grande stampa’ sul caso.

“Anche in Calabria – racconta Molinari – abbiamo protestato contro le navi cariche di grano che arrivano dall’estero e le analisi hanno mostrato che i contenuti di glifosato erano superiori ai limiti consentiti, segno che in quelle coltivazioni se ne fa un uso massiccio. Noi dobbiamo batterci affinché i limiti consentiti siano quelli previsti dalla normativa italiana e non da quella europea, per questo ci opponiamo a qualsiasi iniziativa che miri ad annacquare i nostri standard sulla sicurezza alimentare”.

“Ovvio che parliamo soprattutto di grano duro canadese, ma non solo. Un prodotto – il grano duro canadese – che arriva in grandi quantità in Italia e l’accordo con il Canada, il famigerato CETA, non potrà che peggiorare le cose. L’import di grano canadese aumenterà”.

“Questo accordo, però, deve essere ratificato dai Parlamenti nazionali – sottolinea Molinari – e se anche uno solo Paese non lo farà, potrebbe saltare tutto. Dalla Francia, ad esempio, Paese battagliero e nazionalista per antonomasia, arrivano segnali incoraggianti: gli agricoltori francesi e i consumatori vedono come una minaccia il CETA ed è altamente probabile che il loro Parlamento tenderà a proteggerli. Lo stesso dobbiamo pretendere dal nostro Parlamento e per questo serve una grande opera di sensibilizzazione dei cittadini. E sempre per questo sarebbe importante che le Regioni diano dei segnali chiari, proprio come ha fatto la Calabria”.

“L’ Italia è il principale produttore europeo di grano duro, destinato alla pasta con 4,8 milioni di tonnellate su una superficie coltivata, pari a circa 1,3 milioni di ettari ma sono ben 2,3 milioni di tonnellate di grano duro che arrivano dall’estero e di queste oltre la metà per un totale di 1,2 milioni di tonnellate arrivano dal Canada, con note marche che lo usano in maniera esclusiva facendone addirittura un elemento di distintività”.

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