Regione, niente rimpasto: il PD chiude le gabbie

7 dicembre 2016

Il Partito Democratico, a quanto pare, vuole evitare altre scosse dopo il terremoto referendum. Così, Crocetta, fa retromarcia. Ma la resa dei conti è iniziata. Faraone ammette le colpe ma dà una botta ai sostenitori ‘del No del giorno dopo’ e a chi non ha giocato la partita…

Dietrofront: dopo avere detto a Repubblica Palermo che non escludeva l’ipotesi di un rimpasto (per fare fuori i renziani dopo la debaclé referendaria), il governatore Rosario Crocetta viene rimesso ‘a posto’ dal suo partito, il PD, che in questo momento vuole evitare ulteriori terremoti.

D’altronde, che senso avrebbe un rimpasto se poi Crocetta, considerato corresponsabile del flop visto ‘l’amore’ che provano per lui i Siciliani, confermato da tutti i sondaggi, resta al suo posto?

Sic stantibus rebus, il PD ha deciso: per ora le gabbie restano chiuse. E, il governatore, torna a giurare che mai questo pensiero gli ha attraversato la testa:“Non ho alcuna resa dei conti da fare, non appartiene alla mia cultura e al mio modo di fare politica. Io penso all’unità, a lavorare e non alle polemiche” dice in una nota il presidente della Regione siciliana. Che sul referendum aggiunge: “Il no, è un grido di allarme che viene dalle fasce più deboli della popolazione. Nonostante la ripresa del Pil e il lieve incremento dell’occupazione, paghiamo ancora il prezzo della crisi degli anni passati. Occorre intervenire rapidamente, trovo veramente irresponsabile che invece di chiedere di fare di più nell’economia e nella solidarietà, si pensi ad esasperare conflitti. Ci sono alcune questioni da affrontare immediatamente: lo sblocco dei cantieri attraverso la riforma dell’Urega che è già all’Ars; l’avvio immediato dei cantieri del Patto per la Sicilia, bandi europei e misure straordinarie di reddito di inclusione sociale, per i senza lavoro, i giovani, i disoccupati. Non mi interessa la politica politicante, mi interessa che facciamo queste cose. Perchè la Sicilia ce la può fare e ce la deve fare”.

Intanto, però, la resa dei conti è iniziata. Davide Faraone, ad esempio, uno dei campioni della disfatta siciliana, ammette le sue responsabilità, ma senza scordarsi degli altri: “Matteo, da grande leader qual è, si è assunto la responsabilità e la totale paternità di questa sconfitta e ha deciso di lasciare palazzo Chigi, con coerenza e determinazione – dice Faraone -. Io ho condiviso questa scelta e naturalmente in questa scelta c’è anche la mia di assunzione di responsabilità, in quanto componente del suo governo. Ho rispetto per chi manifesta una idea anche contraria alla mia e si batte per quella idea, ma non mi piacciono i sostenitori del No del giorno dopo, quelli che hanno deciso di non giocare la partita referendaria, ergendosi a vincitori soltanto a risultato acquisito. Non mi piace chi ha detto di aver giocato la partita, salvo poi sottolineare di non essersi impegnato, in fondo, così tanto. Frasi pronunciate quando il Sì aveva già perso nettamente”.

Chi meglio di Crocetta rappresenta la categoria dei sostenitori del No del giorno dopo? Meglio di lui, forse, solo Leoluca Orlando. E a loro pare riferirsi Faraone.

Ma in queste ore, come vi raccontiamo qui, indagine aperta anche tra i big del partito che in teoria si sono schierati per il Si, ma sotto sotto….

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