Autonomia siciliana affossata da uno Stato mafioso e da banditi di passo e peracottari

23 aprile 2016

Ricostruiamo quanto avvenuto qualche giorno fa in Assemblea regionale siciliana, quando Sala d’Ercole, con un anno di ritardo, ha discusso e approvato la mozione che impegna il Presidente della Regione a disdettare l’accordo del Giugno 2014 con il quale lo stesso Rosario Crocetta ha rinunciato al contenzioso finanziario con lo Stato. Privando la Regione siciliana di una barca di soldi. Rileggendo il resoconto della seduta, accertiamo che il comportamento di Crocetta è stato lesivo dello Statuto siciliano. E vi pare poco?

 

Questo blog si è occupato in più occasioni della mozione 439, quella, per capirci, che impegna il Presidente della Regione a disdettare (termine censurato dalla somma giurista e accademica della Crusca, Alice Anselmo) l’accordo con Roma del Giugno 2014 che prevede la rinunzia al contenzioso con lo Stato e quindi a svariati miliardi di Euro che lo stesso Stato, ove soccombesse, dovrebbe versare nelle ‘casse’ della Regione.

Prima di entrare nel merito della questione è bene che i nostri 25 lettori vengano informati circa il metodo seguito dalla maggioranza e con la complicità dei Presidenti dell’Assemblea, titolari e riserve, per tentare di affossare la mozione.

In primis, va sottolineato che la Presidenza dell’Assemblea ci ha messo più di un anno dalla sua presentazione per metterla in discussione. E trattandosi di una mozione di importanza capitale, per le sorti del nostro bilancio, la cosa fa pensare.

Comunque finalmente il 20 Aprile la mozione va in Aula. La illustra con passione l’on. Toti Lombardo, in presenza dell’assessore dell’Economia, Alessandro Baccei, e in assenza del Presidente della Regione, Rosario Crocetta, destinatario della mozione.

O forse il Presidente della Regione, quello vero, era presente. Freud potrebbe darci una mano a capire. Fatto sta che nessuno nota l’assenza di Crocetta, oscurato com’è dalla presenza di Baccei.

Dopo Lombardo intervengono altri rappresentanti dell’opposizione che rincarano la dose già massiva dell’on. Lombardo. La replica è affidata al pres… pardon, all’assessore  dell’Economia, il quale dopo essersi applicate delle prensili ventose sui polpastrelli, inizia una faticosa arrampicata  sugli specchi, per dirci che, alla fine, ci è finita bene. Contento lui!

La maggioranza tace, forse per  solidarietà umana a Baccei, forse per disciplina di partito, forse perché, ed e più probabile, non sa di che cosa si sta parlando.

Nell’attimo i cui il Presidente dell’Assemblea sta per mettere ai voti la mozione si alza la bella Alice Anselmo, capogruppo del PD. Come sono veri i proverbi. “La gallina che cammina torna a casa con la pancia piena”. Senza mancare di rispetto a nessuno, donne e galline, dobbiamo dire che l’Anselmo ne ha di strada nei suoi coturni: cambi di casacca a ripetizione, esperienze poliedriche, andò di qua, andò di là, maturazione assicurata, una vera nave scuola.

La bella Alice dà un sguardo astuto al banco del governo e si accorge che Crocetta non c’è. Veramente non c’era mai stato, ma la volpina se ne accorge solo adesso e con candore virginale lo fa notare all’aula. Botta di sale! E come abbiamo mai potuto non accorgercene? Eravamo tutti sicuri che ci fosse.

La mozione  era stata calendarizzata da tempo, il Governo era informato. Crocetta è sul banco degli imputati, ma non a quello del governo; latita, è contumace.

Si può mancare di rispetto al contumace? Decidere senza di lui, senza ascoltare le sue ragioni? Giammai, squittisce. Coro unanime: ce ne fottiamo, andiamo avanti. Tutto sembra perduto, ma alla bella Alice soccorre il mestiere. Con grande dignità, come ladri nella notte, i deputati della maggioranza si squagliano.

Forte in aritmetica, la bella Anselmo fa la conta dei presenti. Il numero legale è venuto meno e con ardore preraffaellita la bella fa la richiesta della verifica dl numero legale. Dopo un po’ di tira e molla la seduta viene sospesa. Pericolo scampato, almeno per  ora. Piglia tempo e camperai.

Seduta successiva. Qui il presidente dell’Ars, Giovanni Ardizzone si supera. Invece di disporre la votazione sulla mozione contro Crocetta, con un colpo di mano passa alla mozione di censura contro l’assessore all’Agricoltura, Antonello Cracolici.

Qualcosa però non funziona e Lombardo lo inchioda e lo richiama all’ordine del giorno. Ardizzone, con una menzogna verbalizzata nel resoconto stenografico, ma che certamente sparirà nel resoconto definitivo, si corregge.

Tutti gli occhi a questo punto si puntano su Crocetta. Tutti  aspettano trepidanti  il poderoso, alato discorso del Presidente della Regione siciliana, suprema autorità dell’Isola a Statuto speciale, che tuonerà contro i miscredenti, i nemici dell’Isola e li confonderà in eterno.

Niente di tutto questo. Crocetta si rivela per quello che è: un pensionato del petrolchimico di Gela senza arte né parte, un corvo rivestito con le penne del pavone. Si fa piccolo piccolo e lascia che la sua maggioranza – che stavolta presidia in massa l’aula e non si può muovere di un passo perché altrimenti le opposizioni impiombano Cracolici – si faccia dunque battere dalle opposizioni. E deve subire l’onta dell’approvazione della mozione contro di lui.

Io non voglio entrare nel merito delle cifre (qui il resoconto della votazione). Se i balletti piacciono a Crocetta e ai suoi sodali, io parlo alle persone serie. Quando questo schifo finirà, perché state sicuri, finirà, i veri numeri verranno  fuori. E saranno dolori per gli ascari e i peracottari. Lo Stato ci dovrà restituire fino all’ultimo Euro.

Desidero però sottolineare un passaggio della mozione approvata. Il comportamento di Crocetta è stato definito lesivo dello Statuto regionale. E’ un’affermazione gravissima. E Crocetta non ha fatto un plissé, quindi lo ha ammesso.

Crocetta ha disposto di una materia che è indisponibile e seppure in qualche modo, in qualche parte era negoziabile, erano necessari alcuni passaggi istituzionali e democratici, la Giunta regionale, per quello che poteva valere, e soprattutto la Commissione bilancio dell’Ars e poi l’Aula, per dare contezza ai nostri rappresentanti su che cosa ci si accingeva  a fare.

Ma era difficile andare a spiegare ai siciliani che, per disporre di 250 milioni in più sul patto di stabilità per foraggiare amici, clienti, sodali, servi e famigli, si rinunciava a miliardi. Era difficile spiegare che lo Stato si comportava da mafioso, costringendo la Regione a cedere a un ricatto.

“A pigghiata fu furzusa” ha spiegato il rozzo  ma esplicito Crocetta alla Conferenza dei capi gruppo, a cose fatte.

Facciamo in modo che anche la “lassata” sia altrettanto “furzusa”.

A Gela ci sono tante panchine dove si può passare il tempo a giocare a carte . . .

Foto tratta da sikelianews.it

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