Cialtroni, incolti e ‘sgarrupati’: ecco a voi i Savoia (da Vittorio Emanuele II a Umberto I: meglio perderli che trovarli)

31 marzo 2016

Insieme con i vari Garibaldi, Crispi, Cialdini, Govone, Medici e delinquenti vari, i Savoia costituiscono un esempio raro di ipocrisia, mistificazione e degenerazione. Se l’Italia oggi è un “Paese senza”, lo si deve in generale al grande imbroglio del risorgimento (con la erre minuscola) e, in particolare, a questi regnanti imbroglioni e assassini. Di questi due ‘Personaggetti’ non c’è proprio nulla da prendere. Ed è semplicemente incredibile che, ancora oggi, nelle città del Sud Italia strade scuole siano intitolate a questi due miserabili

Altro che avanti! Concludo la passerella sugli eroi risorgimentali con la dinastia più scalcinata, cialtrona e incolta che abbia mai regnato su un popolo. I Savoia, appunto.

Mi occuperò in particolare, ovviamente, del Re galantuomo (Vittorio Emanuele II), e del re Buono (Umberto I).

Come personaggi incredibili come VE 2  e U 1 possano avere scippato ai suoi contemporanei gli appellativi di “galantuomo” e di buono”, è un mistero che solo gli scrittori salariati e i giornalisti a libro paga possono svelare.

I Savoia, dunque. Personaggetti, direbbe un noto politico. Patiti del voltafaccia e del tradimento. Da conti o duchi che fossero, diventarono re con una magistrale giravolta. Nella guerra dei trent’anni, da alleati della Spagna, diventarono alleati dei loro nemici, i francesi, e quando questi vinsero la guerra, i Savoia si videro assegnato in premio il Regno di Sicilia.

Un tale Vittorio Amedeo di Savoia, patito del tradimento, una specie di Gano di Maganza, viene incoronato re di Sicilia nella Cattedrale di Palermo e alla prima occasione barattò la Sicilia con la più vicina e tranquilla Sardegna, ignorando la differenza, con tutto il rispetto, ma si porta la corona.

Beau geste!

VE 2 fu in tutta la sua vita il contrario del galantuomo. Veglia di nascosto sull’organizzazione di una spedizione militare in Sicilia astutamente contrabbandata per una guerra di liberazione, mettendosi nelle mani di un “audace condottiero” come lo definì Francesco II, senza comparire mai, almeno all’inizio. Se tutto  fosse andato bene, bene, se le cose si fossero messe male, chi ti conosce! Che uomo! Anzi, che galantuomo!

Quando quel vanesio di Garibaldi gli consegna l’Italia meridionale, lui ovviamente non passa in rassegna i vincitori del Volturno. Sarebbe stato un riconoscimento in fatto di un mandato e uno sputtanamento.

A proposito, che ci faceva il re di Sardegna a Teano? E dov’era Teano? Teano era un paese della Campania e lì era acquartierato con il suo esercito il futuro padre della patria. Da notare che questa circostanza non compare mai nel mito risorgimentale, VE2 sembra solo. E si capisce. Qualcuno potrebbe farsi qualche domanda indiscreta. Come queste, ad esempio. Come c’era arrivato? Forse lo aveva invitato il legittimo re di quelle terre, Francesco II? Non  risulta. Forse aveva dichiarato guerra al Borbone e ne aveva invaso i territori? Nemmeno. E allora? Si era semplicemente auto-invitato, come il famoso garzone  del droghiere per incassare i sospesi, il regno del Sud. Mica male. Un regno che gli avevano conquistato a sua insaputa.

Vittorio Emanuele II

Vittorio Emanuele II

La storia ci insegna che Francesco II oppose l’ultima resistenza a Gaeta. Città anch’essa in territorio duosiciliano, ovviamente. E che ci faceva il VE 2 all’assedio di Gaeta, assedio questa volta condotto direttamente dai piemontesi, con tanto di divisa al comando del massacratore Cialdini? VE 2 si godeva la scena degli effetti dei bombardamenti ad una città cui non aveva dichiarato guerra. Un vero signore!

La dominazione dei Savoia in Sicilia è stata peggiore di quella degli angioini, degli aragonesi e dei Borbone.

Ricordiamoci che nel 1860 lo Statuto Albertino era in vigore da appena 12 anni. Prima lo Stato sabaudo era uno dei tanti Stati assoluti esattamente come il Borbone. Senza convinzione intima, ma sotto la minaccia di una insurrezione Carlo Alberto aveva concesso lo Statuto. “Concesso”, attenzione. E quindi la sua formazione, la sua cultura, era imbevuta di assolutismo. Il liberale Piemonte non è poi tanto diverso da  tanti altri Stati assoluti dell’epoca. Esistono sudditi e non cittadini; la giustizia è in mano al governo ed è sensibile alle sue indicazione e sollecitazioni. La polizia e i carabinieri hanno potere di vita e di morte sui sudditi, il concetto di cittadino è ancora lontano.

Ci sono dunque tutte le condizioni perché un miserabile coronato faccia e disfaccia quello che gli pare con i territori italici che  stupidamente e supinamente gli si sono concessi senza alcuna condizione. Non che la cosa avesse un significato per lui, ma VE 2, uomo senza onore e senza parola, permise che la legge speciale promessa ai patrioti siciliani finisse nel dimenticatoio.

“Sono venuto a fare la vostra volontà, non la mia!”. Ipocrita cento volte! I suoi governi scatenarono una caccia spietata alle diversità, alle tradizioni secolari di intere regioni in nome della piemontesizzazione dei territori conquistati. Le conseguenze sono ancora sotto gli occhi di quanti hanno il coraggio di guardare e l’onestà di vedere e le ferite sono ancora aperte.

Che unità morale poteva assicurare all’Italia un personaggio come questo? Oggi  appare chiaro che l’unità politica dell’Italia era stata il frutto di un’invasione e di un’occupazione militare e di tanta, tanta mistificazione. Adesso è chiaro che per VE 2 l’Unità fu una delle tante miserabili campagne di ampliamento territoriale di quel miserevole ducato, una campagna che gli sfuggì di mano. Un uomo inadeguato, per  cultura, sensibilità e visione politica, non dico per immaginare cosa fosse necessario per creare una nazione, ma nemmeno per gestire una unità territoriale.

Le conseguenze per il Sud Italia furono drammatiche. Laddove sarebbe stata necessaria un’azione costante, progressiva, intelligente ed organica,,un’azione che avesse chiarezza di propositi, potenza di mezzi e continuità di sforzi (M.Ferraris), si ebbero invece stati di assedio, arbitrio militare, eccidi, incendi, assedi a città che venivano private dell’acqua perché si arrendessero; e ancora abusi, impunità assicurata alle forze dell’ordine che commettevano reati, offese alle tradizioni, offese personali, violazione di tutte le leggi per restaurare l’imperio della legge, collusione dei governi della Destra e della Sinistra con mafia e potentati politici, formazione di una marmaglia politica in combutta con i delegati di polizia e i prefetti.

Il popolo non centra! La storia ci insegna che le società si modellano dall’alto e quando le classi che dispongono della cultura, dell’intelligenza e del capitale sono profondamente corrotte e poggiano sulla corruttela il loro dominio, sarebbe assurdo pensare che il popolo abusato come materia passiva non rechi le impronte di tutte le deviazioni e degenerazioni.

Umberto I

Umberto I

Il padre della patria di queste cose non vuole capire niente, dispensa titoli nobiliari, conferisce medaglie e riconoscimenti ai suoi militari assassini e macellai, nessuno dei quali oggi sfuggirebbe ad una condanna severissima  da parte della Corte per i diritti umani. Pinelli, Govone, Cialdini, Medici, Morra di Lavriano delinquenti pluridecorati, Cialdini, Duca di Gaeta, la città che rase al suolo.

Ma che italiani potevano fiorire da questo fango? C’è una scusante, però: era monarchia, qualcosa che quando nasci non puoi scegliere. Ti è già addosso, come i parenti. Abbiano dunque qualche alibi come popolo, lui come re non ne ha nessuno. Il mio sogno è che in tutta la Sicilia spariscano tutti i VE 2 che appestano strade, porti, banche, teatri  e scuole e vengano sostituite da nomi di tanti siciliani come noi che hanno avuto la sfortuna di morire tra le torture e per il piombo dei militati savoiardi e dei reali carabinieri.

E le statue? Tombini.

Umberto I voleva chiamarsi Umberto IV, così come il suo augusto genitore, VE 2, restò appunto VE 2, proprio per fare capire a tutti come stavano le cose, e cioè che gli abitanti dei suoi nuovi possedimenti erano sudditi del Piemonte. Il re buono voleva continuate il numero di umberti della sua bella dinastia, IV appunto, fregandosene dell’Italia. Crispi dovette durare fatica a convincere questo mentecatto, che alla fine assunse il numero I.

Con U 1 lo Statuto Albertino dispiegò  tutte le sue potenzialità di strumento di conservazione e di reazione. Prove migliori lo attendono con fascismo, quando la dittatura si indosserà le vesti statutarie. Quel minimo di liberalismo che per occhio di mondo galleggiava per l’Italia finì. Come suo padre non seppe fare gli italiani, lui non seppe capire e fronteggiare i nuovi tempi. Paradossalmente era più avanzata la dottrina sociale della Chiesa rispetto ai cannoni di Bava Beccaris, il quale ordinò di sparare ad alzo zero sulla folla milanese che chiedeva pane.

Allo stesso modo, il governo da lui affidato a Crispi, nostro macellaio conterraneo, liquidò i Fasci siciliani fatti da operai, zolfatari e contadini che chiedevano soltanto meno disumane condizioni di vita. Bava Beccaris fu elogiato e la sua folle e sanguinosa repressione fu definita dal Re buono una “riuscita operazione militare” e ricompensata con tanto di medaglia.

Onore all’anarchico Arnaldo Bresci che a Monza tolse dal mondo questo forcaiolo!

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