- Indignarsi perché un collaboratore di Giustizia esce dal carcere dopo aver scontato 25 anni non ha senso, se si pensa a quanti mafiosi ha fatto catturare, processare e condannare
- I mafiosi collaborano con la Giustizia solo se ne hanno un tornaconto. Altrimenti non collaborano
- Allo Stato i collaboratori di Giustizia servono per arrestare mafiosi, i processi e assestare colpi mortali alle organizzazioni criminali. Il resto sono chiacchiere
di Marco Morana
Indignarsi perché un collaboratore di Giustizia esce dal carcere dopo aver scontato 25 anni non ha senso, se si pensa a quanti mafiosi ha fatto catturare, processare e condannare
Potevano mancare le flotte di “indignados” per la scarcerazione del collaboratore di giustizia, Giovanni Brusca? L’uomo che sciolse nell’acido il piccolo Giuseppe Di Matteo, autoaccusato di 150 omicidi e azionò il telecomando nella strage di Capaci fu catturato nel 1996. In seguito, per evitare l’ergastolo (che gli era stato comminato per l’omicidio di Ignazio Salvo) si decise a collaborare. Le sue dichiarazioni non furono immediatamente proficue per chi indagava e si prestavano, anzi, al sospetto di depistaggio. In seguito, grazie alle sue rivelazioni si sono celebrati decine di processi con conseguenti condanne. Se oggi la strage di Capaci ha comunque una verità, ancorché parziale, su almeno quelli che sono gli esecutori materiali, lo si deve alla sua collaborazione. E’ stato peraltro il primo “pentito” a parlare di
trattativa Stato-mafia.
I mafiosi collaborano con la Giustizia solo se ne hanno un tornaconto. Altrimenti non collaborano
Brusca ha scontato interamente la pena (25 anni) che gli è stata inflitta in forza di una sentenza e di una legge (voluta proprio da Giovanni Falcone). Grazie a questa norma, i mafiosi che decidono di collaborare con la Giustizia vengono inseriti in un apposito programma di protezione e hanno notevoli sconti di pena. Se gli sconti di pena non sono forti, come bene ha ricordato Piero Grasso, ex procuratore nazionale antimafia, il mafioso non ha alcun interesse a collaborare. Ci sono gli irriducibili boss che, una volta al gabbio, si cuciono la bocca e preferiscono farsi l’ergastolo. Non racconteranno mai nulla. Chi, invece, decide di collaborare sconta il fio in un altro modo. La legge pensata da Falcone è stata, infatti, una fucina di pentiti. Proprio quello che Cosa Nostra temeva. E in virtù di questa norma (che magari non è perfetta) l’ala stragista e militare mafiosa è stata disarticolata. Se oggi in Sicilia non si spara più, non si sciolgono più i bambini nell’acido, non si mettono più le bombe, non è solo perché la mafia ha mutato pelle, ma perché ha subìto dei colpi mortali grazie ai processi che si sono potuti celebrare, forti delle testimonianze dei collaboratori di giustizia.
Allo Stato i collaboratori di Giustizia servono per arrestare mafiosi, i processi e assestare colpi mortali alle organizzazioni criminali. Il resto sono chiacchiere
Certo, sarebbe un mondo meraviglioso se si potesse conoscere l’organigramma mafioso, gli intrecci indicibili, la verità sugli omicidi, i segreti che legano mafia e politica, compulsando l’astrolabio o i tarocchi della sibilla. Brusca e quelli come lui sarebbero dietro le sbarre per sempre, e tutti saremmo più felici. Purtroppo, la mafia la possono raccontare i mafiosi. E se la contropartita non è notevole, col cazzo che quelli parlano. Cosa gli chiedi: di dire tutto in nome del buon cuore di Maria? Cosa Nostra è stata in grado di tessere rapporti con le istituzioni, di infiltrarsi fra le forze dell’ordine e la magistratura. Chi può narrare di quegli accordi indicibili se non i protagonisti o i diretti testimoni? Se non si garantisce a chi collabora protezione e sconti, è la fine della lotta alle mafie. E’ così complicato capirlo? Noi possiamo anche rinunciare a tutto questo. Possiamo prendere la legge sui collaboratori di giustizia, e cestinarla. Così le nostre coscienze, inclini all’indignazione, non vengono turbate. Con tanto di brindisi della mafia, però. Se lo ficchino bene in testa quelli che propongono leggi più severe per i collaboratori. I boss non aspettano altro. Se ci si sforza di ragionare (esercizio sempre più faticoso) e comprendere, non c’è spazio per l’indignazione. Solo prendere atto che la giustizia vera, probabilmente, non è di questo mondo. Ma ciò non interessa allo Stato (cioè a tutti noi). Allo Stato non importa la giustizia divina e il pentimento autentico. Importa fare i processi e assestare colpi mortali alle organizzazioni criminali. Non lo comprendiamo? Ok, allora continuiamo a disquisire di argomenti senza senso.
Foto tratta da L’Occhio
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