Le scie nel cielo di Palermo, le prime nuvole ‘inseminate’ in Sicilia negli anni ’80 e il grano siciliano ‘annegato’ dalle piogge di Maggio/ MATTINALE 934

2 giugno 2023
  • All’alba di oggi, a Palermo, tre o quattro scie presenti nel cielo ci hanno fatto tornare in mente una storia di trentacinque anni fa della quale siamo stati quasi testimoni: la prima sperimentazione di ‘inseminazione’ delle nuvole andata in scena sui Nebrodi a cura di alcuni tecnici israeliani
  • L’ingegnere israeliano e lo ioduro di argento
  • Le tre storie
  • L’agrovoltaico, il grano canadese e ucraino e le intense piogge di Maggio
  • “Ma che ci coltivi a fare ancora il grano duro in Sicilia?”

All’alba di oggi, a Palermo, tre o quattro scie ci hanno fatto tornare in mente una storia di trentacinque anni fa della quale siamo stati quasi testimoni: la prima sperimentazione di ‘inseminazione’ delle nuvole andata in scena sui Nebrodi a cura di tecnici israeliani

All’alba di oggi, nel cielo di Palermo, si vedevano due scie. C’era ancora poca luce e si intravedevano appena. Cinque minuti dopo, o forse sei o sette minuti dopo, le due scie erano ben visibili. Dieci, dodici muniti dopo è spuntato un aereo che volava molto alto lasciando una grande scia. Lo sappiamo tutti qual è la storia delle scie chimiche, considerate uno dei pezzi forti dei “complottisti”. Oggi qualcosa sta cambiando, perché della cosiddetta inseminazione dei cieli, con la produzione di nuvole artificiali che poi danno luogo a piogge, parla anche la televisione. Ecco, quando una notizia arriva dalla televisione – nei programmi di approfondimento o, peggio, ‘strillata dai telegiornali – io, per definizione, sono portato a non crederci. La televisione, è noto, racconta un sacco di fesserie. La televisione, per citare un esempio, ci racconta che questa o quella pasta è fatta con “solo grano italiano”, le merendine sono preparate “con solo grano italiano” tra un po’ pure le corna che hanno in testa saranno fatte “con solo grano italiano” quando sappiamo tutti che l’Italia è piena zeppa di grano canadese e soprattutto di grano ucraino. Quindi quando sento la televisione che ci dice che l’inseminazione dei cieli con nuvole artificiali esiste, ebbene, sono portato a non crederci. Però… Però debbo raccontare una storia della quale sono stato parzialmente testimone. Era la seconda metà degli anni ’80 del secolo passato e in Sicilia c’era una grande siccità. Non ricordo di preciso se era il 1987 o il 1988, ma siamo lì. Chi scrive lavorava al giornale L’Ora di Palermo. Un mio amico che prestava servizio all’Ente Minerario Siciliano mi aveva spifferato che c’era in programma una sperimentazione sui monti Nebrodi. “Verranno degli scienziati israeliani – mi disse – e spareranno in cielo per produrre nuvole artificiali. Attento, la cosa è molto riservata. Non puoi partecipare, perché ci controlleranno ad uno ad uno. Se sei interessato ti posso raccontare tutto, perché io ci sarò. Sempre se ti interessa, il giorno dopo la sperimentazione ti posso fare parlare con un ingegnere israeliano del quale sono diventato amico che parla benissimo l’italiano e che si intratterrà in Sicilia un paio di giorni. Lui è alla mano e se gli garantirai l’anonimato ti racconterà questa storia. Non parlare al giornale di questa storia prima della sperimentazione prevista il… Proponila dopo, sennò succede un casino. Al resto penso io”.

 

L’ingegnere israeliano e lo ioduro di argento

Il giorno dopo la sperimentazione era un Mercoledì. Lo ricordo bene perché il capo servizio del mio giornale non era molto convinto della storia che gli proponevo. Anche perché non dovevo rivelare il luogo dove era stata effettuata la sperimentazione, né i nomi dei protagonisti. Insomma, la storia non piacque perché le notizie erano troppo frammentarie. Così la sera di quel Mercoledì ho proposto di scrivere un articolo al mio amico Federico, che era uno dei redattori di Lettera Sud, il settimanale economico e finanziario del quotidiano Il Mattino di Napoli. A Federico la storia piacque tantissimo, tanto che mi commissiono, per il Venerdì mattina, un ‘pezzo’ di centoventi righe. Centoventi righe erano quattro cartelle, lo spazio che si riservava alle notizia importanti. Per correttezza gli dissi che l’ingegnere israeliano non poteva comparire. “E tu racconta quello che ti dice senza citarlo”, mi rispose. La sera di quel Mercoledì ero a cena con il mio amico e l’ingegnere israeliano. Si era a fine Maggio e siamo andati in una pizzeria all’aperto. Mi raccontò che, in questa prima fase sperimentale, le particolari sostanze venivano ‘sparate’ in cielo con fucili piuttosto potenti. Gli spari venivano effettuati dalla sommità dei monti. Per questo in Sicilia avevano scelto i monti Nebrodi. Gli chiesi: “Ma che sostanze sparate nei cieli?”. Ricordo che la risposta fu secca: “Ioduro di argento”. Mi raccontò che erano già state effettuate molte sperimentazioni in tante parti del mondo dove c’erano problemi di siccità. “In Sicilia siamo stati contattati perché la siccità sta mettendo a dura prova la vostra Isola”. Era così. Ricordo perfettamente la siccità e ricordo che l’anno successivo Palermo venne riempita di silos con l’acqua che veniva messa gratuitamente a disposizione dei cittadini. L’ingegnere mi disse che la sperimentazione stava andando tutto sommato bene, anche se c’erano alcune cose da sistemare. E aggiunse che era in programma di utilizzare gli aerei per inseminare i cieli con lo ioduro di argento. “Però – mi disse – per ora non parli degli aerei, perché mi mette in difficoltà, perché l’idea è mia e il suo articolo verrebbe collegato a me. Il prossimo anno saremo di nuovo qui e magari lo potrà scrivere insieme con nuovi dettagli”.

 

Le tre storie

Se non avessi vissuto personalmente questa storia – e soprattutto se non avessi raccontato questa storia su Lettera Sud – con molta probabilità avrei qualche difficoltà a credere nelle scie chimiche. Ma io questa storia l’ho vissuta e l’articolo – che non ho conservato, perché non conservo mai gli articoli che scrivo – è rintracciabile nell’archivio de Il Mattino di Napoli. Questa è la prima volta nella mia vita di giornalista che scrivo delle scie chimiche, a circa 35 anni di distanza dall’articolo che scrissi per Lettera Sud (che, detto per inciso, piacque molto a Federico). Lo scrivo oggi perché metto insieme tre storie.

 

L’agrovoltaico, il grano canadese e ucraino e le intense piogge di Maggio

Prima storia: il campo fotovoltaico realizzato tra Marsala e Mazara del Vallo, dove si dice che i pannelli solari sono compatibili con l’agricoltura. Questa compatibilità suona un po’ strana. Perché è certo che con i pannelli fotovoltaici non si può coltivare il grano, a meno che non si decida di sfalciarlo a mano, come si faceva una volta. Ma con che costi? Di certo, in un campo agrofotovoltaico non può entrare una mietitrebbia. A meno che i pannelli fotovoltaici vengano ampiamente distanziati. Con costi maggiori. Cosa si dovrebbe coltivare, allora, nei campi agrofotovoltaici? Ortaggi? Frutteti? O foraggi per gli animali? I pannelli fotovoltaici vengono piazzati nei terreni a seminativo della Sicilia dove, per mancanza di acqua, non c’è un’alternativa al grano. Insomma, a noi il connubio pannelli solari-agricoltura sembra un po’ azzardato, anche se non impossibile. Seconda storia: c’è una pressione fortissima, da parte di grandi gruppi economici che operano nel settore fotovoltaico, per sostituire il grano siciliano con i pannelli fotovoltaici. L’attuale Governo di Giorgia Meloni – ferocemente antimeridionale e anti-siciliano come quasi tutti i Governi della Seconda Repubblica – pensa alla Sicilia come luogo di produzione di energia fotovoltaica e eolica per sostenere il Nord Italia. La stessa cosa pensano i tedeschi, ormai padroni di mezza Sicilia (lo abbiamo raccontato ieri), che hanno investito nel proprio Paese somme stratosferiche nell’energia eolica ma il vento li ha traditi. Guarda caso quest’anno il prezzo del grano duro è ai minimi storici, grazie all’arrivo in Italia, come già accennato, di grano canadese e soprattutto ucraino (il primo a rischio glifosato, il secondo a rischio metalli pesanti, se è vero che i terreni dell’Ucraina, causa guerra, sono stati riempiti di bombe). Terza storia: ‘casualmente’, quest’anno, è stato registrato un mese di Maggio con piogge che non si ricordano nella storia della Sicilia. Le piogge ad Aprile sono benefiche per l’agricoltura. Le piogge a Maggio, specie se sono prolungate e se non seguite da giornate di intenso sole, provocano grandissimi ‘casini’. Per quello che noi sappiamo, quest’anno il fieno è già ‘andato’. E siccome, a Maggio, abbiamo visto piogge persistenti e poco sole, ebbene, non crediamo che in Sicilia ci sarà una grande produzione di grano. Piogge naturali, quelle che abbiamo visto in Sicilia a Maggio? Mah… Oggi, per esempio, in Sicilia è previsto allerta giallo: e siamo a Giugno!

 

“Ma che ci coltivi a fare ancora il grano duro in Sicilia?”

Riassumendo: prezzo del grano duro siciliano ai minimi storici, costi di produzione ai massimi storici (sementi, fertilizzanti ed energia a prezzi raddoppiati o giù di lì). A questo punto a Ottobre qualcuno dirà agli agricoltori siciliani che producono grano duro: “Ma che ci coltivi a fare il grano duro in Sicilia? Anche con l’integrazione dei fondi europei vai in perdita (per la cronaca, i fondi PAC relativi al grano destinati a Sud e Sicilia – Secondo Pilastro della Politica Agricola Europea – sono inferiori, in media, del 70% di quelli che incassano gli agricoltori del Nord Italia). Affitta o vendi il terreno a noi. Al limite, trasforma il tuo appezzamento in un campo agrovoltaico, guadagni di più rispetto al grano e ti diverti a coltivare le erbe officinali o con ortaggi se c’è l’acqua. Vuoi mettere?”. Hanno a loto modo ragione. Perché dovrebbero andare a piazzare i pannelli fotovoltaici nelle aree abbandonate della Sicilia con costi maggiorati? Meglio i campi di grano da trasformare in campi agrivoltaici, con gli agricoltori che fanno da guardiani. Risparmi su risparmi e maggiori guadagni. Vi pare niente? E il paesaggio agrario siciliano? E il grano duro siciliano? Parlatene con i deputati e senatori di Fratelli d’Italia, questo grande partito ‘sicilianista’ e ‘meridionalista’. O con i Ministri del Governo di Giorgia Meloni, ‘bravissimi’. Pensavamo che con il PD sulla plancia di comando dell’agricoltura avevamo toccato il fondo. Ci sbagliavamo.

Foto tratta da Lumi4Innovation        

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