Ombre e luci sul caro affitti per gli studenti universitari: il ‘caso’ Sicilia che va in controtendenza/ MATTINALE 916

12 maggio 2023
  • Corretta l’analisi di Enzo Lionetti sul caro affitti per gli studenti universitari 
  • Il Governo nazionale alimenta e favorisce il fenomeno dei fuori sede al Nord Italia, in Università in cui sono svolti gli stessi insegnamenti delle Università Meridionali
  • L’analisi di Lionetti non vale, però, per la Sicilia. Illustriamo il perché
  • I giovani siciliani che decidono di lasciare la Sicilia dopo la laurea sono spesso costretti a questa scelta. I giovani siciliani che decidono di andare a frequentare l’università fuori dalla Sicilia non hanno tutti i torti

Corretta l’analisi di Enzo Lionetti sul caro affitti per gli studenti universitari 

Il nostro amico Enzo Lionetti ha scritto un post su Facebook sulla protesta degli studenti universitari per il caro affitti. Il titolo del suo post è molto esplicito: “UNIVERSITÀ E CARO AFFITTI. IL GOVERNO AIUTERÀ IL NORD E AFFOSSERÀ IL SUD”. Secondo Lionetti, “La protesta in corso da parte degli studenti universitari fuori sede per il caro affitti – legittima – innescherà, come al solito, l’ennesima discriminazione territoriale Nord/Sud e l’ennesimo aumento del divario territoriale tra il Nord ed il Sud. I Fondi Europei concessi all’Italia attraverso il PNRR per ridurre gli enormi divari territoriali Nord/Sud, unico caso al Mondo tra i Paesi sviluppati, saranno utilizzati al Nord per realizzare Case per lo Studente. Con l’effetto di far aumentare in maniera esponenziale il trasferimento di eccellenze ed intelligenze dal Sud e Sicilia nelle aree territoriali del Nord Italia. Invece di potenziare le Università Meridionali, che rappresentano in molti campi delle vere e proprie eccellenze accademiche, andando a realizzare a Napoli, Bari, Cosenza, Palermo, Catania e via dicendo le residenze per universitari, oltre che attrezzando ancor più le aule universitarie ed i laboratori di ricerca, oltre che gli stessi Ospedali universitari, il Ministro dell’Università Anna Maria Bernini invita immediatamente i Sindaci delle Città del Nord a mettere a disposizione immobili per poterli destinare a residenze universitarie. C’è chi fa ancora peggio, richiamando il Fondo Affitti, per la concessione di un bonus, che poi sarà intascato dai ricchi proprietari di case affittate agli Studenti fuori sede, ponendo a carico della Collettività le spese degli esosi affitti chiesti dagli ingordi proprietari di seconde, terze, quarte case”.

 

Il Governo nazionale alimenta e favorisce il fenomeno dei fuori sede al Nord Italia, in Università in cui sono svolti gli stessi insegnamenti delle Università Meridionali

“La realtà – prosegue Lionetti – è che invece di fare una politica complessiva di potenziamento delle Università Meridionali, anche con le Case per lo Studente, in modo che termini l’emigrazione intellettuale da Sud a Nord, per far in modo che al Sud si potenzi la classe dirigente intellettuale per supportare il Sistema imprenditoriale, della Pubblica Amministrazione ed il Sistema Sociale e Culturale meridionale, il Governo Meloni in perfetta continuità con i precedenti, realizza l’esatto contrario. Il Sistema Imprenditoriale sta vivendo una fase molto interessante con le ZES, vi sono molti investimenti privati anche con fondi comunitari, con le infrastrutturazioni per la logistica e i trasporti (ne occorrerebbero ancor più), con la ricerca scientifica delle Università Meridionali, la Pubblica Amministrazione deve assumere migliaia e migliaia di nuove unità per il turn over. Di contro il Governo alimenta e favorisce il fenomeno dei fuori sede al Nord Italia, in Università in cui sono svolti gli stessi insegnamenti delle Università Meridionali. È un circuito vizioso. Più studenti, più finanziamenti pubblici alle Università, più ricerca scientifica, più attrazione per Imprese, più lavoro. Senza considerare la maggior spesa in termini di consumi che i fuori sede apportano alle Città del Nord, con centinaia di migliaia di fuori sede ogni anno che si spostano da Sud a Nord. L’obiettivo deve essere capovolto. Creare maggiore attrazione per le Università Meridionali. E invece il divario Nord/Sud aumenta a dismisura creando le condizioni per l’emigrazione delle eccellenze umane, alimentando lo spopolamento e le condizioni che favoriscono la povertà economica nel Mezzogiorno d’Italia”.

 

L’analisi di Lionetti non vale, però, per la Sicilia. Illustriamo il perché

Siamo d’accordo con l’analisi di Lionetti. Che è valida per il Sud Italia e un po’ meno valida per la Sicilia, dove lo scenario è un po’ più complicato. Ormai da anni assistiamo al fenomeno degli studenti siciliani che scelgono di andare a frequentare l’università fuori dalla Sicilia. C’è stata un’interruzione nel 2020 e nel 2021, in occasione della pandemia ma adesso sembra che la grande emigrazione sia ripresa. Perché si verifica tutto questo? Alla base c’è il pessimismo. Se in tutto il Sud l’intervento ordinario dello Stato è praticamente scomparso con la scusa che ci sono i fondi europei, in Sicilia il fenomeno è ancora più accentuato. La Regione siciliana, a partire dal 2007, grazie a politici siciliani ascari – ovvero a politici che non sanno e non vogliono difendere la Sicilia – ha subìto lo scippo di quasi 9 miliardi di euro di fondi sanitari. Nel 2014 il Governo regionale dell’epoca ha pensato bene di non applicare una sentenza della Corte Costituzionale, rinunciando a circa 4 miliardi di euro; nel 2015 Governo e Assemblea regionale siciliana hanno cancellato oltre 6 miliardi di euro di crediti dal Bilancio regionale; mentre nel 2016 Governo nazionale, Governo regionale e Assemblea regionale siciliana hanno riscritto nel norme di attuazione dell’articolo 36 dello Statuto siciliano, regalando allo Stato una barca di soldi (soprattutto con riferimento a IRPEF e IVA). Gli unici, grandi investimenti che arrivano in Sicilia sono quelli per i grandi appalti per opere che – scientemente e scientificamente – non vengono mai ultimate: l’autostrada Palermo-Agrigento; l’autostrada Agrigento-Caltanissetta; gli eterni lavori di manutenzione lungo l’autostrada Palermo-Catania dove i cantieri, con il passare degli anni, invece di diminuire aumentano; gli eterni lavori per il completamento dell’autostrada Siracusa-Gela; gli altrettanto eterni raddoppi ferroviari che in cinquant’anni non hanno ‘raddoppiato’ quasi nulla; la Circumetnea di Catania, il Passante ferroviario di Palermo, l’Anello ferroviario di Palermo. E l’elenco potrebbe continuare, perché ancor prima di completare queste opere stradali e ferroviarie la politica ha iniziato a mettere mano al nuovo collegamento stradale tra Catania e Ragusa. Per non parlare del Ponte sullo Stretto di Messina, che si annuncia come la nuova ‘mammella’ da mungere.

 

I giovani siciliani che decidono di lasciare la Sicilia dopo la laurea sono spesso costretti a questa scelta. I giovani siciliani che decidono di andare a frequentare l’università fuori dalla Sicilia non hanno tutti i torti

Tutte queste opere – portate avanti con copiosi fondi pubblici – sono servite e serviranno per finanziare, in buona parte, imprese del Nord Italia e poche imprese del Sud: ma soprattutto per ‘mantenere’ la politica in buona parte nazionale che, con queste grandi opere, c’abbagna ‘u pani (ci bagna il pane per i non siciliani). Che possibilità hanno i giovani siciliani laureati di trovare lavoro in questa Isola derubata e parassitizzata? Poche. E infatti i laureati in Sicilia, in maggioranza, vanno via. E molti giovani, sapendo che dopo l’università dovranno lasciare la Sicilia, scelgono di andare a studiare in università del Centro Nord Italia. In Sicilia restano in pochi: per lo più i figli di professionisti con attività professionali avviate, mentre gli altri vanno via. E le possibilità di lavorare nelle pubbliche amministrazioni della nostra Isola? Pochissime, perché da oltre quarant’anni le pubbliche amministrazioni di Regione siciliana e Comuni dell’Isola non servono per produrre atti amministrativi nell’interesse della collettività ma per produrre voti e cliente. Va detto, per onestà intellettuale, che l’ex presidente della Regione siciliana, Nello Musumeci, ha provato a ripristinare i concorsi nella pubblica amministrazione. Ma è stato un tentativo unico e minimo. Ormai dai primi anni ’80 del secolo passato, come già accennato, le pubbliche amministrazioni siciliane sono prese d’assalto da orde di precari sostenute da organizzazioni sindacali che sono lo specchio della politica parassitaria siciliana. In questi giorni abbiamo assistito al blocco di concorsi pubblici in alcune Aziende Sanitarie Provinciali (ASP). Sapete perché tali concorsi sono stati bloccati? Perché i soliti sindacati clientelari chiedono la stabilizzazione del personale dell’emergenza Covid al posto dei concorsi. Per questi sindacati è ormai l’unico modo per trovare iscritti e sopravvivere. Insomma, vista dalla parte delle pubbliche amministrazioni della Sicilia, l’interesse pubblico, nella nostra Isola, è quasi inesistente. Nel caso specifico delle ASP, se ci sono giovani siciliani laureati a pieni voti che avrebbero vinto tali concorsi, ebbene, questi resteranno a casa per fare posto ai precari dell’emergenza Covid. Così, con molta probabilità, questi giovani laureati a pieni voti lasceranno la Sicilia e ci terremo i precari Covid. Inutile girarci attorno: in Sicilia la pubblica amministrazione – con riferimento a Regione e Comuni – è una grande area di ‘eterno parcheggio’ dove – tolte le pochissime persone che mandano avanti la Regione e i Comuni – tutti vivono alle spalle di tutti. Questo sistema malato di reperimento dei dipendenti della pubblica amministrazione alimenta il sottosviluppo culturale ed economico. Da qui, ad esempio, lo sfascio nella gestione dei fondi europei e l’incapacità, di tanti uffici pubblici, di garantire i servizi ai cittadini e alle imprese. Cosa vogliamo dire? Che non dobbiamo sottovalutare i giovani siciliani appena usciti dai licei che, se vanno a studiare fuori dalla Sicilia, non sono poi così ingiustificati. Anzi.

Foto tratta da Leggo.it               

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