La Burberry Landscapes di margherite africane e Helichrysum petiolare

18 aprile 2023
  • Breve storia di un marchio che ha fatto epoca
  • Dai teppisti al campo in Sudafrica

di Nota Diplomatica

Breve storia di un marchio che ha fatto epoca

Burberry è tra le più vecchie case di ‘moda’ al mondo, fondata nel 1856 a Basingstoke, in Inghilterra, e a lungo orientata alla produzione di cappotti impermeabili. Il marchio possiede, fin dal 1901, un logotipo – un cavaliere equestre stilizzato – ma dal punto di vista visivo è sicuramente più conosciuto per l’interno dei suoi vestiti, cioè per la famosa fodera che vediamo riprodotta a destra. È un’azienda che è stata quasi distrutta dal suo stesso successo, da una popolarità eccessiva. All’inizio del Millennio il marchio è stato adottato massicciamente dai ‘chav’ inglesi, cioè i giovani proletari un po’ teppisti e tutt’altro che consumatori prestigiosi e altolocati. L’azienda ha incolpato per l’improvvisa caduta di stile l’attività di contraffazione dei propri prodotti, oltre a decidere volontariamente di distruggere – perlopiù bruciandole – intere scorte di vestiti, accessori e profumi ‘originali’ invenduti per un valore complessivo di 90 milioni di sterline, il tutto allo scopo di ‘ri-impreziosire’ l’offerta e ridurre la presenza sul mercato del ‘fin troppo noto’ disegno della fodera.

 

Dai teppisti al campo in Sudafrica

L’auto-vandalismo effettuato da Burberry ha salvato il marchio, ma è stato fortemente criticato da Greenpeace e altri gruppi ecologisti. Così, nel 2021, la casa di moda ha annunciato che la sua produzione diventerà “climate positive” entro il 2040. Cosa fare però della famosa fodera, considerata il più noto simbolo dell’azienda, sottratto forse ai teppisti ma al costo di attirare gli strali dei ‘verdi’? È probabilmente così che arriviamo al campo sudafricano e alla fodera Burberry che ‘più ecologica di così non si può’. La installation, a Cape Overberg, a est di Città del Capo, fa parte di una serie di Burberry Landscapes ed è stata creata piantando margherite africane e Helichrysum petiolare, un fiore scuro che emana un vago profumo di liquirizia. Le piante sono state innaffiate con pura acqua piovana raccolta localmente. Finita l’esposizione, i fiori sono stati attentamente interrati, di modo che potessero ‘tornare alla natura’ e arricchire ulteriormente il terreno…

Foto sopra tratta da Dezeen

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