Ma dove li ha presi il Corriere della Sera i ‘numeri’ dell’Autonomia finanziaria della Regione siciliana?/ MATTINALE 877

31 marzo 2023
  • E’ veramente incredibile come un giornale del Nord Italia affronti la questione delle Autonomie. Questo è un altro segno di profonda decadenza  
  • Come si può fa rientrare la genesi dell’Autonomia siciliana nell’articolo 116 della Costituzione italiana?  
  • I dati Regione per Regione. Ma lo sanno al Corriere della Sera cosa prevede lo Statuto siciliano per IRPEF e IVA? 
  • L’imbroglio dello Stato italiano sulle norme di attuazione dell’articolo 36 dello Statuto siciliano
  • Chissà perché gli amici della Lombardia non ricordano mai quanto pagano ogni anno per “il risanamento dei conti pubblici” italiani…

E’ veramente incredibile come un giornale del Nord Italia affronti la questione delle Autonomie. Questo è un altro segno di profonda decadenza  

“Regioni a statuto speciale, ecco i privilegi: perché sono a spese di tutti noi”. Così titola il Corriere della Sera in un articolo di qualche giorno fa. Per carità, non se n’è accorto quasi nessuno, a parte i pochi lettori dei giornali cartacei rimasti in Italia e giornalisti che si cimentano con le rassegna stampa. Non ce ne saremmo accorti neanche noi, se non fosse stato per un nostro amico che ci ha inviato l’articolo. Se ce ne occupiamo è perché in questo articolo c’è un dato macroscopico che smentisce i documenti pubblici relativi ai Bilanci dello Stato e della Regione siciliana che, da anni, ci tocca quanto meno visionare per questioni di lavoro. Fino a prima di leggere questo articolo sapevamo – dopo la lettura di documenti ufficiali – che la spesa sanitaria in Sicilia ammontava a 9 miliardi e 400 milioni di euro all’anno. Leggendo il Corriere della Sera – noto per la sua autorevolezza – abbiamo scoperto che la Regione siciliana spende ogni anno 12 miliardi di euro per la propria sanità pubblica. Sei miliardi li mette la Regione siciliana e altri 6 miliardi di euro li mette lo Stato. A questo punto delle due l’una: o i documenti pubblici che abbiamo letto sono sbagliati e hanno ragione le due giornaliste del Corriere della Sera autrici di questo articolo – Milena Gabanelli e Simona Ravizza – e in questo caso bisogna dargliene atto e censurare chi ha scritto inesattezze nei documenti pubblici; oppure il Corriere della Sera – giornale da sempre celebrato per la sua autorevolezza – ha scritto un’inesattezza grande quanto una casa.

 

Come si può fa rientrare la genesi dell’Autonomia siciliana nell’articolo 116 della Costituzione italiana?  

In realtà qualche altra inesattezza nell’articolo del Corriere della Sera c’è: e non è, come ora illustreremo, un’inesattezza di poco conto. L’articolo affronta il tema delle cinque Regioni italiane a Statuto speciale: Sicilia, Sardegna, Valle d’Aosta, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige. Le due giornaliste raccontano la genesi delle Autonomia regionali in Italia: “L’origine risale all’art.116 della Costituzione del 1948. I commi 1 e 2 sanciscono che «Friuli-Venezia Giulia, Sardegna, Sicilia, Trentino-Alto Adige e Valle d’Aosta dispongono di forme e condizioni particolari di autonomia, secondo i rispettivi statuti speciali adottati con legge costituzionale». Le ragioni della scelta hanno radici diverse: la forte spinta indipendentista in Sicilia; le rivendicazioni austriache in Trentino-Alto Adige; la prevalenza del dialetto francese in Valle d’Aosta; la complessità linguistica e l’influenza dell’allora regime comunista jugoslavo in Friuli-Venezia Giulia; la povertà secolare in Sardegna”. E qui c’è una grande inesattezza. L’articolo 116 della Costituzione vale per la genesi dell’Autonomia di Sardegna, Valle d’Aosta, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige. Ma non vale per la Sicilia. La genesi dello Statuto siciliano prende le mosse da un accordo di origine “pattizia” fra lo Stato Italiano e la Sicilia, rappresentata dalla Consulta regionale siciliana. Nella Consulta siciliana, costituita nel 1945, erano presenti le categorie, i partiti e i ceti produttivi dell’Isola. Lo Statuto siciliano anticipa di un anno e mezzo la Costituzione italiana, se è vero che è stato approvato con un Decreto regio nel Maggio del 1946. Questo è un fatto acclarato e siamo stupiti che un giornale prestigioso come il Corriere della Sera sorvoli su questo aspetto.

 

I dati Regione per Regione. Ma lo sanno al Corriere della Sera cosa prevede lo Statuto siciliano per IRPEF e IVA? 

L’articolo punta a dimostrare, come si legge nel titolo, che le Regioni a Statuto speciale sarebbero privilegiate e che il resto d’Italia pagherebbe il costo di questi privilegi. Si tratta – questo almeno è il nostro sommesso giudizio – di una semplificazione che mette insieme storie completamente diverse. Ma su questo punto non vogliano entrare, dal momento che noi guardiamo a questo articolo dall’angolo visuale della Sicilia. L’articolo sostiene che il “punto sostanziale” delle Autonomia è la possibilità data alle Regioni a Statuto speciale di trattenere le imposte. “La Valle d’Aosta – leggiamo sempre nell’articolo – si tiene il 100% di Irpef, Ires (imposta per le società), Iva e accise sui carburanti; le Province autonome di Trento e Bolzano il 90% e l’80% di Iva; il Friuli-Venezia Giulia il 59% e il 30% delle accise; la Sicilia il 71% dell’Irpef, il 100% dell’Ires e il 36% di Iva; e la Sardegna il 70% su tutto e il 90% di Iva. Con questi soldi si pagano: sanità, assistenza sociale, trasporti e viabilità locali (che però si pagano in proprio anche Regioni come Lombardia, Toscana e Lazio), manutenzione del territorio, infrastrutture per l’attrazione turistica. La Valle d’Aosta e le due province del Trentino si finanziano anche l’istruzione, ovvero gli stipendi degli insegnanti”. Per completezza d’informazione va detto che lo Statuto siciliano prevede che la Regione siciliana trattenga il 100% dell’IRPEF e il 100% dell’IVA. Ma lo sanno questo al Corriere della Sera? E dire che qualche siciliano, in questo giornale, ci dovrebbe essere stato e ci dovrebbe essere ancora.

 

L’imbroglio dello Stato italiano sulle norme di attuazione dell’articolo 36 dello Statuto siciliano

In realtà, già a partire dai primi anni ’60 del secolo passato, grazie anche a una classe politica siciliana di ascari, lo Stato ha cominciato a trattenere abusivamente una parte dell’IRPEF e poi una parte dell’IVA che spetta alla Sicilia. Nel 2016, sapendo che tutto questo era fuori legge, il Parlamento nazionale e il Parlamento siciliano – entrambi a maggioranza di centrosinistra e con il silenzio-assenso del centrodestra – hanno modificato le norme di attuazione dell’articolo 36 dello Statuto e hanno stabilito, per l’appunto, che la Regione siciliana avrebbe trattenuto il 71% di IRPEF invece del 100% e il 36% di IVA invece del 100%. La politica italiana – ribadiamo, con la connivenza della politica siciliana, dal centrosinistra al centrodestra, fino ai grillini, che nel 2016 contavano 14 deputati nel Parlamento della nostra Isola – ha di fatto in parte vanificato un articolo cardine dello Statuto siciliano. E che il centrodestra sia anche responsabile dello scippo ai danni di 5 milioni di siciliani in ordine all’articolo 36 dello Statuto lo dimostra il fatto che l’accordo infame sull’IVA è stato avallato, nel Gennaio del 2018, dal Governo siciliano di Nello Musumeci. A firmare questo accordo il Governo dell’isola mandò l’allora assessore regionale alle Infrastrutture, Marco Falcone, oggi ‘premiato’ con l’incarico di assessore regionale all’Economia. Anche il 100% dell’IRES incassato dalla Sicilia fa un po’ sorridere: l’imposta per le società – cioè l’IRES – che finisce nelle ‘casse’ della Regione siciliana equivale a quella della Provincia di Bolzano! Di più: dell’IRES siciliana non è stato mai applicato il maturato! Questi sono i fatti.

 

Chissà perché gli amici della Lombardia non ricordano mai quanto pagano ogni anno per “il risanamento dei conti pubblici” italiani…

Dopo avere analizzato la spesa dello Stato pro capite per ogni cittadino – dove viene fuori che la Sicilia è la penultima in classifica (8 mila 24 euro all’anno contro gli 8 mila 13 euro della Campania), il Corriere della Sera arriva alla conclusione: “Lo Stato, dunque – leggiamo sempre nell’articolo – non ha di fatto spese minori, in compenso le Rss (Regioni a statuto speciale ndr) hanno il doppio delle risorse da utilizzare per i loro territori: la media delle spese per i propri cittadini è di 7.096 euro pro-capite contro i 3.688 delle altre Regioni. E poi quando c’è un problema si batte cassa, come è il caso della Sicilia, che sui 12 miliardi che gli servono ogni anno per la sanità, 6 se li fa dare dallo Stato”. Non sappiamo – come abbiamo scritto all’inizio di questo articolo – da dove il Corriere della Sera abbia tirato fuori questo dato. A noi risulta che la spesa sanitaria della Regione siciliana sia pari a circa 9,4 miliardi di euro all’anno circa; di questi fondi, quasi il 50% sono a carico della Regione siciliana e il restante 50% circa è a carico dello Stato. Con una precisazione: che lo Stato conteggia come entrate statali anche l’IRAP, l’imposta sulle attività produttive. Ma l’IRAP – che fino a qualche anno fa in Sicilia ammontava a poco più di 2 miliardi di euro all’anno – la pagano le imprese siciliane! Sono soldi pagati dai siciliani: e questo a prescindere dall’Autonomia differenziata chiesta dalle Regioni del Nord Italia. Di fatto, i soldi che lo Stato eroga alla Sicilia ogni anno per la sanità – stando ribadiamo ai documenti finanziari dello Stato e della Regione che abbiamo visionato – ammontano a poco meno di 2 miliardi di euro. Ancora. Chissà perché nell’analisi del Corriere della Sera mancano le ‘rate’ annuali per il pagamento degli interessi del debito pubblico italiano, inseriti nei Bilanci delle Regioni come fondi per “il risanamento dei conti pubblici”. Se gli autori dell’articolo del Corriere della Sera avessero inserito anche questi dati avrebbero scoperto che, per anni, la Regione siciliana, per “il risanamento dei conti pubblici italiani” ha versato ogni anno allo Stato poco più di un miliardo e 300 milioni di euro, una cifra di poco inferiore a quanto versato ogni anno dalla Regione Lombardia dove ha sede il Corriere della Sera. Pensate un po’: la Sicilia, con la metà degli abitanti della Lombardia e con un’economia pari a meno della metà dell’economia lombarda ha pagato per anni (e continua a pagare, anche se la cifra è stata ridotta) per il “risanamento dei conti pubblici italiani” quasi quanto la Regione Lombardia! Che dire, alla fine? Che fino al 2006, sbagliando, chi scrive acquistava ogni giorno il Corriere della Sera ricordando gli anni di Piero Ottone; da allora abbiamo deciso di non acquistarlo più. E, a quanto pare, non siamo i soli ad aver adottato questa decisione. E non siamo affatto pentiti. Anzi.

 

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