La tempesta su Borse a banche continua, anche se un po’ attenuata dagli interventi degli Stati. Intanto la BCE ha alzato i tassi di interesse

16 marzo 2023
  • L’interrogativo Credit Suisse che ha chiesto un prestito di 45 miliardi
  • Che faranno gli azionisti sauditi della banca svizzera? 
  • Le banche, al di là delle rassicurazioni, restano deboli (anche se le banche europee, a differenza di quelle americane, hanno più liquidità) 
  • I riflessi negativi
  • Cosa portano in ‘pancia’ le banche nei vari asset?  
  • La BCE potrebbe anche allentare le regole sulle garanzie per le banche, anche se non tanto quanto la Federal Reserve
  • Si pagano gli effetti del “denaro facile”
  • È troppo presto per sapere quanto sia diffuso il danno. Anche perché bisognerà capire cosa succederà domani e la prossima settimana

L’interrogativo Credit Suisse che ha chiesto un prestito di 45 miliardi

Ieri le azioni del Credit Suisse sono crollate fino al 30%. E oggi la banca elvetica ha chiesto un prestito di 45 miliardi alla Banca Nazionale Svizzera. Il suo maggiore azionista ha dichiarato di non poter fornire ulteriore supporto, ed ha invitato ufficialmente l’Amministratore Delegato della banca a fornire nuove rassicurazioni sulla solidità finanziaria dell’istituto. Ma chi è il maggiore azionista? Lo apprendiamo leggendo i report dell’analista dei mercati internazionali, Sandro Puglisi, che per noi è una guida in questo mondo. La Saudi National Bank, che detiene il 9,88% di Credit Suisse. L’istituto di credito saudita ha acquisito una partecipazione di quasi il 10% l’anno scorso dopo aver preso parte alla raccolta di capitale della Credit Suisse ed essersi impegnata ad investire fino a 1,5 miliardi di franchi svizzeri (1,5 miliardi di dollari). Il motivo della non disponibilità alla sottoscrizione di un ulteriore aumento di capitale è stato tanto semplice, quanto lapidario: non si procederà ad ulteriori acquisti di azioni semplicemente per motivi normativi!

 

Che faranno gli azionisti sauditi della banca svizzera? 

Nel frattempo, i funzionari della Banca Centrale Europea (BCE) hanno contattato tutti gli istituti di credito sotto la supervisione della BCE, per chiedere informazioni sulle esposizioni finanziarie presso la Credit Suisse. I problemi della Credit Suisse sarebbero specifici di quella banca, piuttosto che sistemici. L’autorità di vigilanza finanziaria tedesca (BaFin) ha affermato di non vedere alcun rischio diretto di contagio e il sistema bancario tedesco è apparso robusto ed in grado di digerire tassi di interesse più elevati. La gatta da pelare però, dovrebbe essere ben più grande, se si pensa che il caso ha mosso all’azione anche esponenti politici di rilievo quali il primo ministro francese Elisabeth Borne che ha immediatamente incaricato il ministro delle finanze Bruno Le Maire a parlare con la sua controparte svizzera. Invero, il problema sembrava essere già emerso nel corso del 2022. Ma è venuto alla ribalta Martedì, quando Credit Suisse ha pubblicato il suo rapporto annuale per il 2022, nel quale ha affermato di aver identificato “debolezze sostanziali” nei controlli sull’informativa finanziaria e di non aver ancora arginato il deflusso dei clienti. La seconda banca più grande della Svizzera, infatti, ha visto i deflussi dei clienti nel quarto trimestre 2022 salire a oltre 110 miliardi di franchi svizzeri (120 miliardi di dollari). Il Credit Suisse aveva fatto appello alla Banca Nazionale Svizzera e all’organismo di vigilanza finanziaria svizzera FINMA per una pubblica dimostrazione di sostegno, ha riferito il Financial Times. Ma la Banca Nazionale Svizzera ha rifiutato di commentare, dopo che la Saudi National Bank ha dichiarato di non poter fornire al Credit Suisse maggiore assistenza finanziaria a causa di vincoli normativi.

 

Le banche, al di là delle rassicurazioni, restano deboli (anche se le banche europee, a differenza di quelle americane, hanno più liquidità) 

Si ricordi che già lo scorso anno, la Saudi National Bank, ha aumentato la sua partecipazione in Credit Suisse nell’ambito di un aumento di capitale proprio per rafforzare la propria solidità finanziaria. Tuttavia, ieri hanno dichiarato di non poter andare oltre il 10%, in quanto si pone un problema di regolamentazione. Il calo del prezzo delle azioni del Credit Suisse ha riacceso il nervosismo tra gli investitori sulla resilienza del sistema bancario globale. L’indice bancario europeo ha visto evaporare oltre 120 miliardi di euro (127 miliardi di dollari) di valore dall’8 Marzo. Nelle negoziazioni mattutine di ieri è sceso del 6,1% e del 14% dalla chiusura di mercoledì scorso, toccando il minimo dal 3 Gennaio. È la più grande perdita settimanale dell’inizio della guerra in Ucraina lo scorso febbraio. Tra i maggiori ribassi di ieri subiti dalle banche europee c’erano gli istituti di credito francesi Société Générale e BNP, in calo di oltre l’11%. Le azioni della banca svizzera UBS sono scese del 6,8%. La banca spagnola Banco de Sabadell ha perso il 9% e la tedesca Commerzbank ha perso quasi il 10%, mentre le azioni Deutsche Bank sono scese dell’8,4%. Con il diffondersi del disagio, l’euro è sceso dell’1,8% rispetto al dollaro, il più grande calo di un giorno dal culmine delle turbolenze di mercato indotte dal COVID di Marzo 2020.

 

I riflessi negativi

I mercati ora valutano i tassi della zona euro raggiungerebbero un picco di circa il 3% quest’anno, in calo rispetto al 4% della scorsa settimana. Il rendimento dei titoli di Stato tedeschi a due anni, sensibile alle aspettative sui tassi di interesse, è sceso di 52 punti base al 2,42% e il divario tra i rendimenti dei titoli di Stato italiani e tedeschi è tornato ieri verso i 200 punti base. Resta fermo il fatto che le banche europee, e soprattutto quelle più grandi, hanno una gestone molto
migliore del loro rischio di tasso di interesse, che è ciò che ha fatto crollare le tre banche statunitensi. Inoltre hanno molta liquidità. Però per interrompere questa tendenza, ci deve essere una sorta di azione decisiva che cambi il gioco e stabilizzi la situazione. In questo contesto, anche gli indici azionari statunitensi di ieri ovviamente sono crollati. Qualsiasi cosa negativa da qualsiasi istituzione altamente visibile, in questo momento, ha effetti a catena in tutto il settore finanziario. La First Republic Bank è scesa del 17,7% mentre PacWest Bancorp è scesa del 17,2%, giusto un giorno dopo che le azioni delle banche in crisi avevano messo a segno una forte ripresa. Le grandi banche statunitensi tra cui JPMorgan Chase & Co, Citigroup e Bank of America Corp sono scese tra l’1% e il 6%. L’indice bancario regionale KBW è sceso dell’1,4%, mentre l’indice bancario S&P 500 è sceso del 3,7%. I prezzi del petrolio sono scesi ieri di oltre 5 dollari al barile al minimo in più di un anno. Entrambi i benchmark hanno toccato il minimo da Dicembre 2021 e sono scesi per tre giorni consecutivi. Il greggio Brent è sceso del 6,5%, alle 16:34 GMT, mentre il greggio WTI è sceso del 6,6%, a $ 66,58.

 

Cosa portano in ‘pancia’ le banche nei vari asset?  

Il disagio per il crollo di Credit Suisse ieri ha spaventato i mercati mondiali. Oggi lo scenario non sembra mutato. Le persone hanno staccato la spina attraverso diversi strumenti, poiché nessuno ieri voleva rimanere con una posizione importante su qualcosa. Sembrava proprio che non ci fosse nessun posto dove nascondersi… Ma non tutti sono andati male, le azioni della Western Alliance Bancorp e quelle della banca e broker Charles Schwab Corp hanno invertito i primi ribassi salendo rispettivamente del 7,1% e di quasi il 2%. Il motivo principale dipende da quello che portano in ‘pancia’ i vari istituti nei vari asset. Le notizie economiche di Mercoledì provenienti dagli Stati Uniti hanno mostrato che le vendite al dettaglio sono diminuite dello 0,4% il mese scorso da una crescita del 3,2% a Gennaio, mentre gli economisti si aspettavano una contrazione dello 0,3%. Un rapporto separato ha mostrato che i prezzi alla produzione negli Stati Uniti sono inaspettatamente diminuiti a Febbraio. I dati arrivati Martedì mostravano una moderazione dell’inflazione al consumo il mese scorso. Tutto ciò, ovviamente, ha immediatamente alimentato le speranze di una politica della Fed meno aggressiva. Il risultato è stato che i rendimenti del Tesoro statunitensi sono crollati, sicuramente favorendo i detentori di debito pubblico.

 

La BCE potrebbe anche allentare le regole sulle garanzie per le banche, anche se non tanto quanto la Federal Reserve

Ma nel frattempo, ieri, l’indice del dollaro è salto dello 0,868%, mentre l’euro è sceso dell’1,36% a 1,0586 dollari e la sterlina è scesa dello 0,67% a 1,2076 dollari.
Il dollaro è salito dell’1,63% rispetto al franco svizzero, mentre lo yen giapponese si è rafforzato dello 0,58% a 133,42 per dollaro. Una cosa è certa, i settori bancari regionali ed in generale quelli più piccoli, rimangono a forte rischio. Gli analisti hanno affermato che questa crisi dei bancari potrebbe indurre la BCE ad annunciare un nuovo sostegno alla liquidità. Si ipotizza un’operazione di liquidità di un anno che funge da backstop al tasso di deposito medio, rispetto alle attuali operazioni settimanali e trimestrali al più punitivo rifinanziamento principale tasso di operazioni. La BCE potrebbe anche allentare le regole sulle garanzie per le banche, anche se non tanto quanto la Federal Reserve. Alla fine, fornire nuovi prestiti ad hoc alle banche, secondo alcuni, potrebbe anche essere più efficace. Oggi  molte cose quindi potrebbero cambiare tanto da poter portare la presidente della BCE Lagarde all’uso di tutti gli strumenti disponibili se necessario. Tuttavia, l’inflazione persisterà e quindi i tassi di interesse continueranno a salire: non a caso oggi la Banca Centrale Europea ha deciso di aumentare i tassi di 50 punti base.

 

Si pagano gli effetti del “denaro facile”

Invero, l’attuale situazione finanziaria è il prezzo che stiamo pagando per aver ottenuto per tanto tempo “denaro facile”. La Federal Reserve e la BCE hanno dovuto aumentare i tassi di quasi in maniera vertiginosa per combattere l’inflazione, e da tutte le parti ci si aspetta un ulteriore aumento dei tassi. Con questa crisi, l’industria finanziaria si può dire che sta constatando il “disallineamento di liquidità”. I tassi bassi hanno spinto alcuni proprietari di asset ad aumentare la loro esposizione a investimenti ad alto rendimento che non sono facili da vendere. I mercati obbligazionari sono scesi del 15% l’anno scorso, e tutto sembrava ancora “tranquillo” anche fin troppo. Ma poi, è avvenuto qualcos’altro, qualcosa si è rotto, poiché abbiamo assistito al ritmo più veloce degli aumenti dei tassi sin dagli anni ’80. Ciò, ovviamente, ha messo in luce le crepe dell’attuale sistema finanziario. I rapidi aumenti dei tassi di interesse hanno reso più difficile per alcune aziende rimborsare i prestiti, aumentando le possibilità di perdite per i prestatori che sono anche preoccupati per una recessione. I responsabili politici della BCE fino a Giovedì scorso erano ancora propensi ad un aumento dei tassi di mezzo punto percentuale, poiché si aspettano che l’inflazione rimanga elevata. Gli investitori avevano iniziato a dubitare dell’impegno della BCE per un altro forte aumento dei tassi mentre il crollo di SVB ha scosso i mercati. Ieri Puglisi definiva “improbabile” che la BCE si sarebbe discostata dal suo piano di aumento i tassi di 50 punti base: previsione azzeccata. Mentre negli Stati Uniti la rapida azione normativa degli organi di vigilanza ha contribuito li ad evitare una crisi ancora più ampia. Ma la crisi resta, e chissà quanto sta costando agli USA e all’Unione europea.

 

È troppo presto per sapere quanto sia diffuso il danno. Anche perché bisognerà capire cosa succederà domani e la prossima settimana 

In Europa, durante il fine settimana gli organi di vigilanza erano dormienti, forti probabilmente delle condizioni di salute tutto sommato discrete delle banche Europee, e comunque diverse rispetto a quelle degli istituti finanziari americani. Ma poi, ecco che è arrivata la sorpresa con “l’uovo pasquale” svizzero… Cosa c’è da aspettarsi? Un mondo ancora più diviso che probabilmente vedrà nuovamente interrompere le catene di approvvigionamento. Ciò renderà l’inflazione persistente.
La crisi bancaria causerà altre vittime, in quanto sembra inevitabile che alcune banche ora ristoreranno i prestiti per sostenere i propri bilanci. In tal senso, Goldman Sachs stamane ha abbassato le sue previsioni per la crescita del prodotto interno lordo (PIL) degli Stati Uniti nel quarto trimestre, citando i rischi per l’ambiente dei prestiti poiché le banche più piccole ritirano i prestiti per preservare la liquidità di fronte a una crisi bancaria. Gli analisti dell’azienda ora prevedono una crescita anno su anno dell’1,2% per il trimestre, in calo di 0,3 punti percentuali rispetto alla stima precedente. Ciò porterà i clienti delle banche a rivolgersi maggiormente ai mercati dei capitali per il loro finanziamento di fronte ai “disallineamento tra attività e passività” che hanno di fatto condannato la Silicon Valley Bank e diverse istituzioni più piccole. Sostanzialmente perderanno la proprietà o parte di questa. È troppo presto per sapere quanto sia diffuso il danno.
Gli alti tassi di interesse limiteranno anche la spesa dei vari governi. Finora la risposta normativa ha contribuito a scongiurare rischi maggiori, ma i mercati rimangono sull’orlo del baratro. Gli strumenti monetari e fiscali a disposizione dei responsabili politici e delle autorità di regolamentazione per affrontare l’attuale crisi sono limitati. Tuttavia, Paesi come il Nord America potrebbero essere tra i maggiori beneficiari delle tensioni globali, data la loro forza lavoro abbastanza ampia e diversificata, le loro risorse naturali e gli investimenti tecnologici!

Foto tratta da Pixers

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