La strage dell’Italia fascista in Etiopia del Febbraio del 1937

21 febbraio 2023
  • Quando i partigiani erano gli altri
  • Mussolini ordina: tutti i ribelli vanno passati per le armi. E Badoglio e Graziani eseguono
  • Quasi sessant’anni di silenzi italiani
  • Il 19 Febbraio Giorno della memoria per gli etiopi, per non dimenticare le atrocità commesse dagli italiani 

Quando i partigiani erano gli altri

19 febbraio 1937. Solo i bastoni e le spranghe di ferro non bastavano. Anche trafiggere la gente con la baionetta non era sufficiente. Più che altro perché era faticoso e non troppo efficace. Allora si pensò che si facesse prima con la benzina: cosparsa sulle capanne, bastava poi lanciare una bomba a mano per ottenere il massimo risultato, cioè sterminare quante più persone possibile. Per tre giorni di seguito ci fu un massacro senza precedenti. Ma chi erano questi feroci e sanguinari aguzzini? Italiani. Non solo soldati, ma moltissimi civili, persone “normali”, all’improvviso scatenate in una vergognosa “caccia al moro”. I soldati, dal canto loro, erano impegnati in una più scientifica e organizzata operazione di rappresaglia: 4000 persone furono arrestate e rinchiuse in improvvisati campi di concentramento, dove si susseguirono per giorni esecuzioni sommarie di notabili, religiosi, intellettuali. Un massacro. Ma perché? Cosa era successo?

 

Mussolini ordina: tutti i ribelli vanno passati per le armi. E Badoglio e Graziani eseguono

Era successo che Badoglio prima, e Graziani poi, avevano decisamente esagerato in Etiopia. Conquistata Addis Abeba nel maggio del 1936, per ordine esplicito di Mussolini tutti i ribelli dovevano essere “passati per le armi”. Seguì quindi un lungo periodo di terrore con esecuzioni sommarie, incendi di interi villaggi, deportazioni di comunità, ma anche e soprattutto l’utilizzo sistematico di iprite, un gas tossico, proibito dalla Convenzione di Ginevra. E sempre in violazione alla Convenzione di Ginevra, i soldati fatti prigionieri furono tutti uccisi. In questo clima di terrore e sopraffazione, però, c’era anche chi voleva almeno provare a resistere. Facevano quello che da noi faranno pochi anni dopo i partigiani contro i nazisti. Solo che in Etiopia i nazisti eravamo noi. Così il 19 febbraio 1937, i due giovani studenti Abraham Debotch e Mogus Asghedom si introdussero nel palazzo del viceré per lanciare bombe contro Graziani e le autorità italiane. Ci furono 7 morti e una cinquantina di feriti, tra cui lo stesso Graziani. I due attentatori furono uccisi nei giorni successivi.

 

Quasi sessant’anni di silenzi italiani

Ecco, era successo questo. Un atto di resistenza armata che diede il via a una rappresaglia mostruosa contro i civili inermi, un truce sfogo ai più bassi istinti di soldati e civili, che per “vendicare” l’attentato letteralmente impazzirono per tre lunghi giorni di sangue, morte e distruzione ai danni di uomini, donne, bambini.
Tutto questo succedeva nel 1937, ma fino a pochissimi anni fa da noi non solo non se ne parlava, ma si continuava a negare. Solo nel 1996 con l’apertura degli archivi il governo italiano ha ammesso l’impiego di gas tossici, e qui anche Indro Montanelli che aveva sempre negato, si scusò pubblicamente sulle colonne del Corriere della Sera. Nel 2006 è stata proposta l’istituzione del “Giorno della memoria in ricordo delle vittime africane durante l’occupazione coloniale italiana”. Ma poi purtroppo questa benemerita iniziativa è naufragata nel mare delle buone intenzioni.

 

Il 19 Febbraio Giorno della memoria per gli etiopi, per non dimenticare le atrocità commesse dagli italiani  

Però il 19 febbraio, Yekatit 12, secondo il calendario etiope, in Etiopia è il Giorno della Memoria: il ricordo della strage di Addis Abeba è diventato infatti il simbolo di tutte le atrocità commesse da parte dell’Italia fascista. Sarebbe bello in questi giorni leggere su tutti i nostri giornali un ricordo, una riflessione, delle scuse, ma ne dubito (anche se sarei felice di essere smentita). Perché è un ricordo scomodo. Perché ci vergogniamo. Perché abbiamo sempre altro di cui occuparci. Ma, è fondamentale fare i conti con la nostra storia più raccapricciante. Perché la favola di Italiani brava gente è una favola, consolatoria, autoassolutoria, ma solo una favola. Nulla di più.

Tratto dalla pagina Facebook 🦋La farfalla della gentilezza🦋
(Per chi vuole approfondire: Angelo Del Boca, Italiani brava gente, Neri Pozza, 2005, ricco di testimonianze e documenti di quegli anni bui)

Foto Wikipedia

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