Berlusconi a Roma ‘piccona’ Giorgia Meloni e Miccichè in Sicilia ‘piccona’ Renato Schifani…/ MATTINALE 819

20 ottobre 2022
  • Chi ha un po’ di memoria ricorderà Francesco Cossiga il ‘picconatore’. Anche se i personaggi sono molto diversi, le frasi pronunciare in queste ore da Berlusconi ricordano un po’ i fendenti che l’ex presidente della Repubblica Cossiga assestava al mondo politico italiano negli anni ’90
  • Le ‘mine’ piazzate nei sentieri che conducono alla Farnesina
  • La strategia di Berlusconi: cominciare a logorare dal di dentro il Governo Meloni che sta nascendo
  • Gianfranco Miccichè tra presidenza dell’Assemblea regionale siciliana a gestione della sanità
  • … e alla fine il presidente Schifani scivola sulla trappola mediatica

Chi ha un po’ di memoria ricorderà Francesco Cossiga il ‘picconatore’. Anche se i personaggi sono molto diversi, le frasi pronunciare in queste ore da Berlusconi ricordano un po’ i fendenti che l’ex presidente della Repubblica Cossiga assestava al mondo politico italiano negli anni ’90

La notizia politica di questi giorni è che Silvio Berlusconi a Roma e Gianfranco Miccichè in Sicilia hanno preso atto di non essere i potenti di un tempo. Il fondatore di Forza Italia ha dovuto prendere atto che nella formazione del nuovo Governo la sua influenza è stata, se non pari a zero, magari a qualcosa che gli somiglia. Ha provato, Berlusconi, a far nominale la federe Maria Elisabetta Casellati, presidente del Senato nella passata legislatura, al Ministero della Giustizia. Ma ha trovato un muro nella leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni. Ha iniziato, come direbbero a Catania, “a cassariarsi tutto”, ma i risultati sono stati sempre pari a zero. Non solo non ha ottenuto quello che chiedeva, ma è stato costretto a recarsi nella sede romana del partito di Giorgia Meloni. Poi un po’ se n’è pentito, ma ormai i giochi sono quelli che sono. Il Governo Meloni, piaccia o no a Berlusconi, ci sarà: e non sarà quello immaginato dal leader di Forza Italia. Quello che l’ormai ex leader del centrodestra italiano non riesce a ‘digerire’ non è soltanto la perdita della leadership, ma anche la prospettiva di contare sempre di meno. A 86 anni, dopo varie vicissitudini giudiziarie, è rientrato al Senato: ma l’idea di essere un semplice senatore e di dover vedere governare coloro i quali, un tempo, dipendevano da lui, no, non riesce proprio a sopportarlo.

Le ‘mine’ piazzate nei sentieri che conducono alla Farnesina

Chi ha un po’ di memoria ricorderà che Francesco Cossiga, grande figura democristiana, più volte Ministro, capo del Governo e poi presidente della Repubblica, negli ultimi anni della sua vita politica si ritagliò il ruolo di ‘picconatore’. Ne diceva di cotte e di crude, utilizzando le tante cose che aveva appreso nella sua lunga attività politica, ora per seminare zizzania, ora per levarsi i sassolini dalle scarpe. In un certo senso – anche se la caratura politica è diversa – sembra che Berlusconi abbia deciso di cominciare a ‘picconare’ il nascente Governo di Giorgia Meloni. Le parole che in queste ore sta pronunciando sul presidente della Russia, Putin, suo vecchio amico, e in generale in materia di politica estera non stanno certo favorendo Antonio Tajani, l’esponente di Forza Italia che la futura presidente del Consiglio dei Ministri dovrebbe chiamare al vertice della Farnesina. Di fatto – stando a quello che si dice in relazione ai nomi dei futuri Ministri – Tajani è l’unico esponente di Forza Italia che verrebbe chiamato a gestire un Ministero di peso. Anzi, per essere precisi, a gestire il Ministero più importante del Governo, perché il Ministero degli Esteri, soprattutto in questo momento storico, è centrale.

La strategia di Berlusconi: cominciare a logorare dal di dentro il Governo Meloni che sta nascendo

Si fida, Berlusconi, di Tajani? Sicuramente sì, altrimenti in questi anni non gli avrebbe affidato il partito. Però adesso Tajani è cresciuto troppo e c’è anche il dubbio che al Ministero degli Esteri faccia prevalere gli interessi del Governo. E’ in questo scenario che si inseriscono le dichiarazioni di queste ore di Berlusconi: prima il riferimento alla sua ritrovata amicizia con Putin (ma qualcuno crede veramente che Berlusconi abbia interrotto la sua amicizia con il leader russo?); poi la sviolinata sul presidente ucraino Zelensky e le considerazioni sui rischi che la NATO sta facendo correre al mondo e sui massacri di ucraini nel Dombass negli ultimi sette-otto anni. Tutte cose vere, per carità. Ma va da sé che queste affermazioni pronunciate così, a ruota libera, creano un certo disagio, perché arrivano da un uomo politico che ha rivestito varie volte la carica di capo del Governo italiano. Quando si arriva a quel livello, è chiaro, si ha accesso a informazioni che non sempre sono di dominio pubblico. Così certe parole pronunciare in queste ore di Berlusconi creano scompiglio e già tra le opposizioni c’è chi comincia a mettere nel conto l’ipotesi di far presente che, dopo le affermazioni di Berlusconi in politica estera, beh, forse non è proprio il caso di affidare a Forza Italia la gestione del Ministero degli Esteri… Via, non è difficile capire la strategia di Berlusconi: cominciare a logorare dal di dentro il Governo Meloni che sta nascendo.

Gianfranco Miccichè tra presidenza dell’Assemblea regionale siciliana a gestione della sanità

Una strategia simile sta seguendo in Sicilia il pupillo di Berlusconi, Gianfranco Miccichè. Qualcuno si era illuso che Miccichè avrebbe lasciato la Sicilia. Come scriviamo da tempo, il quasi settantenne Miccichè persegue un obiettivo: la rielezione alla presidenza dell’Assemblea regionale siciliana. Se non dovesse riuscire ad andare a presiedere per la terza volta il Parlamento dell’Isola vorrebbe, in alternativa, la gestione dell’assessorato alla Salute-Sanità. Ma siccome sta trovando ostacoli sia per la presidenza dell’Ars, sia per la gestione della sanità siciliana, sta cominciando a scalciare. Per chiarezza: trovare ostacoli non significa non avere raggiunto uno dei due obiettivi. La partita è aperta e Miccichè la sta giocando. Nella nuova Assemblea regionale siciliana, sulla carta, il presidente della Regione, Renato Schifani, dovrebbe contare su una maggioranza di 40 deputati su 70. Ma anche se Schifani è un esponente di Forza Italia, non è detto che questo partito lo appoggerà in tutto e per tutto. Per la precisione, non è detto che i parlamentari fedeli a Miccichè non seguano Miccichè nelle sue ‘scorribande’ parlamentari, cosa che del resto hanno fatto nella passata legislatura contro il Governo di Nello Musumeci. Se Miccichè, quando Sala d’Ercole si riunirà per eleggere il presidente dell’Ars, dovesse riuscire a far confluire su di sé i voti di tutt’e 30 i parlamentari dell’opposizione, portandosi dietro almeno sei depurati di Forza Italia (compreso il suo voto) verrebbe eletto per la terza volta presidente dell’Assemblea regionale siciliana. Ma cosa ci guadagnerebbero le opposizioni? Creare il caos in Assemblea e nel Governo Schifani? E cosa ci guadagnerebbe il centrodestra siciliano nel far partire una legislatura all’insegna delle divisioni? E cosa ci guadagnerebbe – soprattutto – il Movimento di Cateno De Luca nel ritrovarsi alleato di Miccichè e, di fatto, di Berlusconi? L’unico a guadagnarci sarebbe Miccichè, che per acciuffare la poltrona che gli interessa romperebbe gli equilibri del centrodestra e del Governo regionale. Più che politica sarebbe anti-politica.

… e alla fine il presidente Schifani scivola sulla trappola mediatica

Molto più verosimile la battaglia di Miccichè per la poltrona di assessore alla Salute-Sanità. Ma anche questa prospettiva non suona bene per il presidente Schifani, al quale in queste ore in tanti, nel centrodestra, tirano la giacca. Parlamentare nazionale di grande esperienza, Schifani non ha molta dimestichezza con i riti della politica regionale siciliana. E infatti è caduto in una trappola mediatica. A un certo punto, forse anche perché non ben consigliato, ha espresso critiche decisamente fuori luogo verso il quotidiano La Sicilia che, negli articoli di politica regionale cerca – come si fa sempre – di raccontare i retroscena, soprattutto prima che si materializzino scelte importanti come la nascita della nuova Giunta regionale. Schifani ha messo nero su bianco riflessioni che, forse, avrebbe fatto bene a tenere per sé. Così gli è arrivata addosso una nota di Giulio Francese, Santino Franchina, Orazio Raffa, Attilio Raimondi, Daniele Ditta, Maria Pia Farinella, Roberto Immesi, Graziella Lombardo e Viviana Sammito, consiglieri nazionali siciliani del sindacato Figec, la Federazione Italiana Giornalismo Editoria Comunicazione: “Schifani rispetti il lavoro dei giornalisti. Il mondo dei giornali e dell’informazione più in generale sta attraversando una grave crisi dovuta a tanti fattori. È fondamentale da parte delle istituzioni evitare atteggiamenti che possano contribuire a danneggiare la credibilità nella stampa delegittimando il lavoro svolto dalle redazioni e dei giornalisti”. La nota della Figec commenta le dichiarazioni del presidente della Regione Schifani, che ha definito un articolo su La Sicilia “frutto di fantasia” e tendente a “destabilizzare una fase politica delicata”. Schifani ha inoltre detto che “l’auspicio è che giornalisti e giornali abbiano sempre il buon fine di informare attraverso notizie fondate e serie”. Parole che, secondo la Figec, possono risultare “offensive verso un quotidiano storico come La Sicilia e le sue autorevoli firme che di certo hanno sempre svolto il proprio lavoro con grande attenzione, professionalità e senso del dovere”. Come si direbbe in Sicilia, cu c’ammisca? Questi, sempre per dirla secondo la tradizione ‘etologico-politica’ siciliana (filosofia del comportamento politico), sunnu guai accattati… Ed è anche un bel regalo a chi, in queste ore, cerca di condizionare – non esattamente in positivo – i difficili passi che dovrà compiere il presidente della Regione dopo la nascita del Governo Meloni.

Foto tratta da Il Fatto Quotidiano

 

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