La strage di Capaci 30 anni dopo. Andreotti aveva visto bene. L’origine anglosassone del SARS-COV-2

22 settembre 2022
  • L’attuale capo del Governo italiano segna l’inizio (Britannia) e la fine (l’attuale Governo) di questo ciclo di “disfacimento” dell’Italia, che è comprensibile solo analizzando il quadro internazionale nel suo complesso
  • L’Italia verso la bancarotta

L’attuale capo del Governo italiano segna l’inizio e la fine di questo ciclo di “disfacimento” dell’Italia, che è comprensibile solo analizzando il quadro internazionale nel suo complesso

“… Attorno al 2020, lo scenario internazionale, le cui radici affondano nel 1992, è ormai maturato secondo le linee geopolitiche in gran parte prevedibili e previste. La Cina è emersa come la principale “minaccia” alla civiltà anglosassone (come calcolato da qualsiasi scenarista o stratega anglosassone già sul finire degli anni ‘80); la Russia ha evitato la dissoluzione auspicata dagli anglosassoni tra il 1998 ed il 2001 e, in quanto potenza “revisionista”, umiliata in ogni modo dall’Occidente (avanzamento della NATO sino alle sue porte, aggressioni occidentali in Libia e Siria, rivoluzione colorata in Ucraina del 2014) cerca la cooperazione con la Cina in funzione anti-anglosassone. La Germania riunificata, come temuto da Londra che ne avrebbe infatti impedito volentieri la riunificazione, ha ripreso la sua “Drang nach Osten” stringendo legami sempre più forti con Russia e Cina. L’Italia, potesse condurre la propria politica estera senza restrizioni, seguirebbe il percorso tedesco. Insieme alla Turchia, che si sta sempre più allontanando dalla NATO, Germania e Italia costituirebbero così una pericolosissima fascia nel Rimland euroasiatico, in grado di espellere gli anglosassoni attraverso la collaborazione con Russia e Cina. Una potenziale alleanza tra “revisionisti” in grado di ribaltare l’ordine mondiale. Il mondo, in sostanza, è ormai maturo per una nuova guerra mondiale. Nei primi mesi del 2020 divampa l’epidemia di Coronavirus, che accelera la decadenza della globalizzazione già visibile da anni, scardina intere filiere e catene logistiche, provoca un’impennata dei debiti pubblici a livello mondiale. L’Italia è ed è a lungo rappresentata come uno dei principali focolai a livello mondiale dell’epidemia. In questo quadro, si consuma l’ultimo atto della collaborazione russo-italiana: nella primavera del 2020 i russi, che conoscono l’origine anglosassone del virus e ne avrebbero avuto conferma nei laboratori batteriologici americani rinvenuti in Ucraina, inviano una missione militare in Nord Italia per studiare l’epidemia. Nel frattempo il debito pubblico italiano macina nuovi record e la situazione politica si fa sempre più instabile: nel gennaio 2021, Mario Draghi è chiamato alla presidenza del Consiglio. Sono passati quasi trent’anni dalla sua gita sul Britannia, e nel frattempo l’ex-protetto di Beniamino Andreatta ha ricoperto la carica di vice-presidente di Goldman Sachs Europe e di direttore della Banca Centrale Europea. I media presentano Draghi come “l’uomo della provvidenza”, l’unico in grado di salvare l’Italia dalla peggior crisi del dopoguerra. In realtà, la funzione di Draghi è proprio quella di portare a termine il processo di disfacimento dell’Italia iniziato nel 1992.

L’Italia verso la bancarotta

Come prima mossa, Draghi allontana l’Italia dalla Germania e l’avvicina alla Francia, facilitando l’operazione di conquista economica-finanziaria-militare da parte di Parigi insita nel processo di indebolimento del Paese e sancita dal Trattato del Quirinale siglato da Macron e dello stesso Draghi nel novembre 2021. Quindi, quando nei primi del 2022 gli anglosassoni scatenano la guerra russo-ucraina dopo anni di provocazioni ai danni di Mosca, Draghi compie il passo successivo: l’Italia rompe i suoi tradizionali canali di collaborazione con la Russia, adotta la stessa retorica bellicista degli anglosassoni ed invia armi per alimentare il conflitto. Così facendo, Draghi scava la fossa all’Italia stessa, che perde un mercato, vede schizzare alle stelle la propria bolletta energetica e rischia, insieme alla Germania, una crisi energetica dagli effetti devastanti. La guerra russo-ucraina alimenta poi quell’inflazione che, attraverso la stretta monetaria ed il rialzo dei tassi, si rivelerà presto letale per le finanze italiane e l’Eurozona nel suo complesso. Sono passati trent’anni esatti dal 1992: l’analisi di Andreotti sulla strettissima interconnessione tra Russia e Italia si è rivelata corretta. La prima è impegnata in una dura guerra per procura con gli anglosassoni in Ucraina mentre la seconda, non appena Draghi avrà lasciato Palazzo Chigi dopo aver portato il debito pubblico italiano oltre i livelli di guardia, sarà spinta alla bancarotta. In Libia, dove gli inglesi alimentano la divisione tra Cirenaica e Tripolitania, imperversa ancora l’anarchia a distanza di undici anni dalla morte di Gheddafi. Non più felice è il quadro della Germania, che subisce attacchi sempre più espliciti per il suo scarso ardore anti-russo, rischia di pagare a carissimo prezzo l’interruzione delle forniture di gas russo e inizia a percepire i rischi di un nuovo accerchiamento anglo-franco-polacco. Sullo sfondo, infine, si staglia minacciosa la guerra nel Pacifico tra anglosassoni e cinesi: è facile intuire quale sarebbe oggi la posizione di socialisti come Bettino Craxi e Gianni De Michelis, che intrattenevano rapporti privilegiati con Pechino. Il 23 maggio 1992 esplodeva a Capaci la bomba che uccideva Giovanni Falcone, la moglie e gli agenti di scorta. Chi avrebbe detto che, esattamente trent’anni dopo, l’Italia sarebbe stata alla vigilia di una gravissima crisi finanziaria ed il mondo sull’orlo di una nuova guerra egemonica? Eppure è tutto logico, consequenziale, quasi evidente. La persona di Mario Draghi segna l’inizio e la fine di questo ciclo di “disfacimento” dell’Italia, che è comprensibile solo analizzando il quadro internazionale nel suo complesso.

Strage di Capaci, 30 anni dopo: un affresco internazionale Tratto dal blog di Federico Dezzani

Foto tratta da Il Primato Nazionale 

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