La Gran Bretagna libererà i porti ucraini dalle mine per far circolare le navi cariche di grano dell’Ucraina/ MATTINALE 684

27 giugno 2022
  • Questo, almeno, è l’impegno che ha assunto il primo ministro Boris Johnson
  • Il paradosso: le sanzioni occidentali contro la Russia stanno rafforzando l’economia della stessa Russia e dei Paesi che non si riconoscono nell’area del dollaro, Cina e India in testa    
  • L’ultima trovata demenziale di USA e Unione europea contro la Russia: il default artificiale. Bene la produzione di grano in Russia, ad eccezione della Siberia  
  • Negli Stati Uniti d’America i problemi sono due: la spirale recessiva innestata dall’aumento dei tassi d’interesse della Fed e la siccità che minaccia i cereali  
  • Caldo anche in Europa con problemi per il grano francese. Problemi anche per il grano duro pugliese e siciliano. Crollo della produzione di grano in Marocco

Questo, almeno, è l’impegno che ha assunto il primo ministro Boris Johnson

Come spesso a cade quando si fa il punto della situazione del mercato internazionale del grano si finisce per parlare della guerra in Ucraina. E viceversa. Quanto avviene in Ucraina è noto. Il Paese, a causa della guerra, ha ridotto la produzione di grano di poco meno del 50%. Poiché è pur sempre l’ottavo Paese al mondo per la produzione di grano, ebbene, di grano da esportare ce n’è sempre tanto. Il problema è che i militari ucraini hanno riempito di mine i porti i chiave anti-russa. Solo che le navi ucraina cariche di grano sono rimaste bloccate. La novità di questi giorni è che la Gran Bretagna – che ha sempre avuto un ruolo attivo nella guerra a fianco dell’Ucraina – si è detta disponibile a liberare dalle mine i porti ucraini. Come scrive nel suo report della fine della scorsa settimana l’analista dei mercati internazionali, Sandro Puglisi, si sta anche valutando la possibilità di offrire un’assicurazione alle navi per spostare milioni di tonnellate di grano bloccate in Ucraina. Ciò provocherà comunque un aumento dei costi di spedizione. Su come sboccare il grano ucraino è intervenuto il primo ministro inglese, Boris Johnson, con una dichiarazione piuttosto esplicita: “Stiamo parlando con gli ucraini a livello tecnico per aiutarli a sminare Odessa”.

Il paradosso: le sanzioni occidentali contro la Russia stanno rafforzando l’economia della stessa Russia e dei Paesi che non si riconoscono nell’area del dollaro, Cina e India in testa    

Come già accennato, quando si fa il punto della situazione sul grano a livello mondiale – oltre a parlare dei cambiamenti climatici, argomento oggi centrale non soltanto per il grano, ma per quasi tutta l’agricoltura – è inevitabile parlare di Ucraina e Russia. Per l’Ucraina, bisognerà vedere che gli inglesi, a proposito dello sminamento dei porti ucraini, faranno seguire alle parole i fatti. Quanto alla Russia, ebbene, le cose non vanno male. Non vanno male per il grano e non vanno male per l’economia di questo Paese. Le sanzioni occidentali avrebbero dovuto creare difficoltà alla Russia, invece – paradossalmente – non solo l’economia russa ne esce rafforzata, ma ne escono rafforzate anche le economie dei Paesi che si stanno ribellando all’area del dollaro, segnatamente Cina e India. Va detto, per correttezza, che il presidente Putin ha cercato in tutti i modi di ridurre le forniture di gas e petrolio all’Unione europea. Ma adesso Putin è in difficoltà, perché l’Unione europea continua a spedire armi all’Ucraina, ben sapendo che con tali armi gli ucraini uccidono soldati russi. Insomma, la Russia ormai è quasi costretta a ridurre le forniture di gas – e tra un po’ a ridurre anche le forniture di petrolio a un’Europa finto unita che ha dimostrato di essere schiava degli Stati Uniti d’America. Così – ormai è questione di qualche settimana per il gas e di qualche mese per il petrolio – gas e petrolio russi che fino ad oggi hanno sostenuto l’economia dell’Unione europea finiranno in Cina e in India. Con la stessa Unione europea che rimarrà, come si dice in questi casi con il culo a terra!

L’ultima trovata demenziale di USA e Unione europea contro la Russia: il default artificiale. Bene la produzione di grano in Russia, ad eccezione della Siberia  

Le cronache di queste ore registrano una reazione rabbiosa – ma tutto sommato poco intelligente – dell’Occidente: il default artificiale della Russia. E’ l’ultima mossa, sbagliata, di americani ed europei. Alla mezzanotte di ieri, 26 Giugno, è scaduto il periodo di 100 giorni per pagare le cedole da 100 milioni di dollari su bond denominati nella valuta statunitense. Si tratta di una farsa: la Russia, infatti, ha le risorse a volontà per pagare ma gli viene vietato. Ribadiamo: una mossa stupida, decisa dai Paesi occidentali, americani in testa. Mossa dettata dalla disperazione occidentale nel vedere che Russia, Cina, India e, in generale, tutti i Paesi che non si riconoscono più nell’area del dollaro si stanno avvantaggiando grazie alle sanzioni contro la Russia! Così, per ripicca, hanno deciso di impedire alla Russia di pagare gli obbligazionisti esteri! Da qui, per l’appunto, il default artificiale che non è legato a scenari economici e finanziari, ma a scelte politiche molto discutibili. E se, da un lato, quelle che si fanno chiamare “Agenzie di rating” americane fanno sapere che l’eventuale pagamento in rubli non eviterà alla Russia quello che è solo un demenziale default tecnico, dall’altro lato che ci fa notare che, con questa mossa, gli occidentali stanno regalando alla Russia risorse aggiuntive per la guerra in Ucraina! E il grano russo? A parte la Siberia, dove la siccità potrebbe ridurre la produzione, il resto va bene. “Nel mercato interno russo – scrive Puglisi nel suo report di fine della scorsa settimana – i prezzi del grano sono diminuiti a causa della bassa domanda, dell’aumento dell’offerta e del rublo più forte”. In aumento le tasse russe per l’esportazione di cereali. Per il grano la tassa per l’esportazione passerà da 142 dollari e 146 dollari per tonnellata. Live aumento anche per il dazio sul mais, da  $ 86,5 a  $ 88,7.

Negli Stati Uniti d’America i problemi sono due: la spirale recessiva innestata dall’aumento dei tassi d’interesse della Fed e la siccità che minaccia i cereali  

Dalla Russia agli Stati Uniti d’America. Dove, la scorsa settimana, sono andati all’ingiù i mercati dei cereali e dei semi oleosi. Non un crollo, ma una riduzione sì. Negli USA si teme che l’aumento dei tassi di interesse disposto dalla Federal Reser System – la Banca Centrale americana – provochi recessione. Ma è stata una scelta inevitabile, perché l’inflazione americana stava provocando enormi danni alle famiglie americane con redditi medio bassi e bassi. Le scelte adottate dalla Fed (acronimo con la quale viene indicata la Banca centrale americana) hanno innestato una spirale ribassista. Alla fine della scorsa settimana i prezzi del greggio sono scesi di meno dell’1%, i prezzi del mais con il contratto di Luglio registrano un calo del 4,37%. Negli Stati Uniti, oltre con la politica economica della Fed, l’agricoltura deve fare i conti con il clima. Le temperature, la scorsa settimana, sono state al di sopra della media per gran parte delle parti centrali e orientali degli Stati Uniti. Le condizioni di umidità del suolo si sono rapidamente deteriorate negli stati delle pianure centrali e meridionali a causa dell’ondata di caldo. In genere, le alte temperature creano problemi all’agricoltura.

 

Caldo anche in Europa con problemi per il grano francese. Problemi anche per il grano duro pugliese e siciliano. Crollo della produzione di grano in Marocco

Caldo anche in Europa. La Francia, grande produttore di grano, causa alte temperature, ha iniziato in anticipo il raccolto. Come scriviamo già da alcune settimane, in Francia si attende una riduzione della produzione e una qualità del grano inferiore rispetto alla media. In tutto questo, a complicare lo scenario, ci si mettono anche i temporali estivi che, durante la raccolta del grano, creano problemi non indifferenti. Da quello che a noi risulta, ci sono problemi legati alla siccità anche per il grano duro pugliese e siciliano. Si parla di una riduzione della produzione che rende diseconomica la produzione di grano duro anche se il prezzo oscilla da 57 euro al quitale (in Puglia) e 53 euro al quintale (in Sicilia). Non citiamo a caso Puglia e Sicilia: si tratta, infatti, delle prima due regioni italiane nella produzione di grano duro. Puglisi dà una notizia interessante sulla Germania, dove il Governo punta a ridurre la produzione di biocarburanti “far fronte all’inflazione alimentare”. Il messaggio è chiaro: invece di utilizzare i prodotti agricoli per produrre biocarburanti, meglio utilizzare gli stessi prodotti agricoli come cibo, visto quello che sta succedendo nel mondo in parte per la guerra in Ucraina e, in buona parte, per i cambiamenti climatici che stanno decimando le produzioni agricole in mezzo mondo. E visto che siamo in tema di cambiamenti climatici e di effetti di tali cambiamenti in agricoltura, Puglisi ci informa che la coltivazione di grano in Marocco potrebbe subire una riduzione produttiva del 67%. In pratica, un mezzo disastro. Male anche la produzione di grano in Algeria, dove si dovrebbe registrare una riduzione della produzione del 17%. Sta andando bene, invece, in Tunisia dove si registra un aumento della produzione di grano.

Foto tratta da RSI  

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