Liberismo e globalizzazione hanno portato l’Europa al rischio fame: mancano grano, mais, soia mentre l’inflazione ‘galoppa’/ MATTINALE 672

15 giugno 2022
  • La globalizzazione dell’economia ha regalato all’Unione europea il grano avvelenato. Per la gioia delle fameliche multinazionali farmaceutiche che incassano soldi a palate grazie all’aumento di malattie degenerative e croniche. E ora si profilano pure le carestie  
  • Il grande inganno del mercato e la fregatura globale del primato dell’economia sulla politica
  • I Socialisti europei degli anni ’80 i primi a ‘consegnarsi’ al globalismo economico 
  • … e oggi con i cambiamenti climatici in corso rischiamo la fame globale 

La globalizzazione dell’economia ha regalato all’Unione europea il grano avvelenato. Per la gioia delle fameliche multinazionali farmaceutiche che incassano soldi a palate grazie all’aumento di malattie degenerative e croniche. E ora si profilano pure le carestie  

Ancora oggi c’è chi dice e scrive che la globalizzazione dell’economia ha risollevato le sorti del mondo. Non basta vedere quello che sta succedendo, tra cambiamenti climatici e guerra in Ucraina. Ci sono interi Paesi del mondo che, nel nome della globalizzazione, hanno smesso di coltivare cereali e foraggi e ora si ritrovano alla fame. Non siamo nell’800 o nei primi del ‘900: siamo nel 2022. E ci sono Paesi che, sempre nel nome della globalizzazione, hanno smesso di coltivare ortaggi e frutta e sono costretti a mangiare ortaggi e frutta che arrivano da chissà dove. Prodotti agricoli che, in molti casi, che fanno letteralmente schifo perché privi di sapore e sono pure avvelenati da pesticidi ed erbicidi. Per la gioia delle fameliche multinazionali farmaceutiche che incassano soldi a palate grazie all’aumento di malattia degenerative e croniche. Benvenuti nel mondo globalizzato, avventura che inizia nei primi anni ’80 del secolo passato, negli anni del cosiddetto Edonismo Reaganiano. La politica intesa come mediazione tra capitale e lavoro viene presentata come ‘stanchezza’ e inconcludenza, mentre il mercato diventa la soluzione di tutti i mali. Efficace un articolo del 2011 di Roberto D’Agostino che s’intitola, appunto, “Gli anni dell’Edonismo Reaganiano“. Leggiamolo: “Siamo al di qua e al di là dei partiti, in un paesaggio che vede l’economia schiacciare la politica (la famigerata reaganomics), in cui sale alla ribalta il leader che si fa partito. Addio scudo crociato, in soffitta falce e martello, benvenuti negli Anni 80. Si è chiuso il ciclo della politicizzazione, del protagonismo collettivo e della ricerca della felicità sociale, secondo l’espressione coniata dal sociologo Albert Hirschmann. Di qui, complice la delusione sui risultati delle battaglie sociali e ideologiche, finite nell’assassinio di Aldo Moro, inizia un nuovo ciclo, quello della felicità individuale, dell’affermazione personale. Mescolare le carte, dunque. Dal sinistrismo al narcisismo, dal Noi all’Io, dalla sommossa delle Bierre alla mossa delle Pierre, da Lotta Continua al successo di breve durata, dai furgoni cellulari al telefonino cellulare, dal significato al significante, dalle fratte ai frattali, dal ciclostile al fax, dalla rivolta a Travolta. È un Pediluvio universale. Impara l’arte e mettila nei party. Peperoncino dall’inizio alla fine. Conciliare l’alto e il basso. L’Est e l’Ovest. La Storia e la scoria. La qualità e la quantità”. Comincia allora l’adorazione del mercato. E da allora siamo arrivati ai nostri giorni all’insegna del primato dell’economia sulla politica.

Il grande inganno del mercato e la fregatura globale del primato dell’economia sulla politica

Il mercato, si diceva nei primi anni ’80 – mercato che piano piano diventa globale – porterà benessere e ricchezza nelle aree del mondo dove il benessere e la ricchezza non sono mai arrivati. Ma cos’è il benessere? E cos’è la ricchezza? L’unità di misura, ovviamente, è quella dell’Occidente industrializzato. Ovvero, il consumismo. I ‘valori’ dell’Occidente da trasferire nel resto del mondo. E chi non ci sta? Chi, nel proprio angolo del mondo, viveva con quello che aveva ed era felice? Impossibile, perché l’unica felicità possibile è quella occidentale! Ovvero? Produrre beni e servizi e consumare, consumare, consumare. Consumare cosa? Tutto: ciò che ti serve e, soprattutto, ciò che non ti serve. Il paradosso che Oscar Wilde aveva coniato per prendersi gioco dell’austera società vittoriana – “Toglietemi tutto, tranne il superfluo!” – diventa invece la regola di vita. L’assioma fondamentale che dà il via al liberismo che punta a invadere tutto il mondo è che è un gravissimo errore produrre ciò che serve in un Paese: se il mondo è globale, se l’economia è globale i beni vanno prodotti nei luoghi del mondo dove produrli costa meno. L’autosufficienza diventa un disvalore etico prima che economico. Gli Stati debbono limitarsi a non ostacolare le leggi dell’economia: quindi debbono piano piano scomparire. Nel tuo Paese produrre un chiodo costa 5? Se c’è un Paese nel mondo dove produrre un chioso costa 2, ebbene, tu non hai più motivo di produrre chiodi: li importi e basta. Così anche per i bicchieri, per i piatti, per i tavoli e via continuando. E se i Paesi che producono chiodi, bicchieri, piatti, tavoli e via continuando si fermano? Impossibile spiegavano e spiegano ancora oggi i sacerdoti del liberismo economico. Perché chi produce chiodi ha bisogno degli altri beni di consumo che arrivano dai luoghi del mondo dove ogni bene di consumo è prodotto a costi bassi. Se si individuano i luoghi del mondo dove si produce a costi bassi e poi i beni si fanno circolare nel mondo, ecco che i beni, come per magico incanto, arriveranno in ogni angolo del mondo e soddisfano tutti. Sì, tutti più ricchi e tutti più felici.

I Socialisti europei degli anni ’80 i primi a ‘consegnarsi’ al globalismo economico 

Qualcuno, nella seconda metà degli anni ’80, quando il ‘germe’ del liberismo economico aveva già ‘infettato’ quasi tutti i Partiti socialisti europei – in testa il Psi francese di François Mitterrand, che a questa nuova forma di socialismo aggiungeva un tocco di ‘africanità’, frutto del fatto che la Francia non aveva e non ha ancora oggi perso lo ‘spirito’ coloniale che tutt’ora esercita nel Continente africano – manifestava dubbi. Uno di questi dubbiosi, ad esempio, era il leader socialista svedese, Olof Palme, che verrà ucciso in circostanze mai chiarite la sera del 28 febbraio del 1986. I socialisti italiani, ad esempio, sono perfettamente inseriti nel filone dei nuovi sentieri del Socialismo senza Socialismo. “L’alleanza riformista fra il merito e il bisogno” di Claudio Martelli – che prima che essere un grande politico è un filosofo della politica – si inserisce in questo filone. L’attacco del Governo Craxi alla scala mobile e poi la rivisitazione del Diritto del lavoro di quegli anni – anticipazione del Jobs Act di Matteo Renzi – sono tutte tappe che porteranno alla vittoria definitiva dell’economia sulla politica. Da esule in Tunisia, Craxi non risparmierà critiche all’Unione europea ultra-liberista ‘disegnata’ nel Trattato di Maastricht, dimenticando che a firmarlo erano stati anche i socialisti italiani. Quando Craxi rilascia una celebre intervista sui guasti prodotti da Maastricht ormai la ‘frittata’ è fatta. Ed è una ‘frittata’ che anche lui, i socialisti francesi e i socialisti spagnoli (incredibili i socialisti spagnoli di quegli anni, quando arrivavano investitori da tutte le parti, anche da certi ambienti italiani, dal turismo al gas) hanno contribuito a preparare. senza capire che, nella ‘frittata’ ultra-liberista e globalista, sarebbero finiti anche loro, messi da parte con tangentopoli proprio per cominciare lo smantellamento dell’Italia, che continua tutt’ora con gli stessi personaggi di quegli anni.

… e oggi con i cambiamenti climatici in corso rischiamo la fame globale 

E oggi? Sono sotto gli occhi di tutti i danni prodotti dall’ultra-liberismo globalista in agricoltura e, in generale, nel settore agroalimentare. Chi ha un po’ di memoria ricorderà cosa succedeva già a metà anni ’80. L’Europa unita, o presunta tale, si chiamava allora Comunità economica europea (Cee). Tutti i Paesi che ne facevano parte avevano ceduto alla Cee le competenze in materia di agricoltura. Una follia! Già allora Germania e Francia facevano in modo che prodotti agricoli africani – soprattutto agrumi – arrivassero in Europa a prezzi stracciati. Comincia alla fine degli anni ’80 il Set-Aside, Regolamento europeo che paga i produttori di grano europei per non produrre grano! Con l’obiettivo di fare arrivare il grano dai Paesi del mondo dove produrre grano costa meno. Con l’avvento dell’Unione europea, nel 1992, l’internazionalizzazione dell’agricoltura europea accelera. Tra il 2006 e il 2012 va in scena l’incredibile: vengono rivisti i limiti di glifosato e micotossine presenti nel grano: limiti elevati per consentire al grano canadese di invadere l’Europa. La Ue, di fatto, ‘prostituisce’ l’agricoltura mediterranea agli interessi delle multinazionali dell’industria e dei servizi che fanno affari in Canada.  In cambio l’Europa si deve prendere il grano canadese, tenero e duro. E così sarà. Sud Italia e Sicilia vengono individuate dalla Ue per produrre energia con gli impianti fotovoltaici: da qui la speculazione al ribasso sul prezzo del grano duro di Sud e Sicilia, prezzo che per anni rimane bloccato a 18-20 euro al quintale. Obiettivo: smantellare i campi di grano da trasformare in impianti per la produzione di energia fotovoltaica. In questo momento, proprio mentre la Ue corre ai ripari invitando gli agricoltori europei a produrre grano e foraggi dove capita, per un agricoltori siciliano affittare un terreno a seminativo a una società che produce energia fotovoltaica è più conveniente che coltivare grano duro! Bisognerà aspettare l’aumento della domanda mondiale di grano da parte della Cina, l’aumento della domanda di grano duro dall’Africa e, soprattutto, i cambiamenti climatici per portare il prezzo del grano a circa 50 euro al quintale. Ma serve a poco, perché intanto sono aumentati a dismisura i costi di produzione, dai fertilizzanti all’energia. Già, gli aumenti del prezzo dei fertilizzanti, del prezzo del gasolio agricolo. Aumenti in tutti i settori. Inflazione senza controllo. Così, oggi, l’Unione europea si ritrova con un’inflazione in crescita e, contemporaneamente, priva di sovranità alimentare, con la siccità che impazza in mezzo mondo, alla mercé di Paesi che non è detto siano nelle possibilità  di esportare in Europa grano, mais, soia e altri prodotti agricoli. Mai come in questo momento storico il mondo dipende dalle piogge. Che, ovviamente, non debbono essere torrenziali provocando inondazioni, sennò è un casino lo stesso. Bella l’Unione europea ultra-liberista, no?

Foto tratta da ISPI 

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