Ma quale primarie di centrosinistra! Il PD siciliano è ‘condannato’ a tentare l’inciucio con Gianfranco Miccichè e gli Autonomisti di Lombardo. Ma…/ MATTINALE 672

4 giugno 2022
  • PD, Forza Italia di Miccichè e Autonomisti di Lombardo proveranno a riproporre in Sicilia l’alleanza che a Roma sostiene il Governo Draghi. E falliranno, sia perché è sempre più chiaro che il Governo Draghi è un disastro, sia perché perderanno ‘pezzi’ per strada… 
  • La vecchia politica siciliana non sopporta il presidente uscente, Nello Musumeci, perché in questi cinque anni non è riuscita ad ‘affondare i denti’ nella sanità 
  • Fino ad oggi Claudio Fava ha sempre detto no all’inciucio milazziano tra centrosinistra, Forza Italia di Miccichè e Autonomisti di Lombardo: difficile che cambi idea
  • Alla fine, più per disperazione che per convinzione, PD, Miccichè e Autonomisti di Lombardo potrebbero appoggiare il candidato alla presidenza della Regione siciliana, Cateno De Luca
  • Gli effetti sulle elezioni comunali di Palermo 

PD, Forza Italia di Miccichè e Autonomisti di Lombardo proveranno a riproporre in Sicilia l’alleanza che a Roma sostiene il Governo Draghi. E falliranno, sia perché è sempre più chiaro che il Governo Draghi è un disastro, sia perché perderanno ‘pezzi’ per strada… 

Piaccia o no, il presidente della Regione siciliana uscente, Nello Musumeci, si ricandiderà. Alla fine, la presenza a Palermo della leader nazionale di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, lo ha certificato: nessun passo indietro sulla sua ricandidatura. Così, per la Sicilia, si pensa al ‘ricatto lungo’: il ricatto politico he, da Roma, si allunga fino a Palermo. A Roma quello che resta dell’Unione europea dell’euro, per completare la ‘colonizzazione’ dell’Italia rivorrebbe imporre Mario Draghi a Palazzo Chigi. Le elezioni politiche del Marzo 2023 dovrebbero servire per finire di prendere per i fondelli gli italiani. Non è uno scenario semplice, perché gli italiani non potranno nemmeno essere distratti dal calcio, visto che dopo la fortunosa vittoria agli europei, anche l’Italia del pallone è lo specchio quasi perfetto di un paese che va verso la rovina. Eh già, perché messi davanti alla realtà gl’italiani stanno cominciando a capire che il Governo Draghi di grillini, PD, Lega, Forza Italia, Italia Viva e la ‘presunta’ sinistra di Libri e Uguali sta finendo di ‘incaprettare’ l’Italia per conto dei predoni e massoni dell’Unione europea. Qualche dubbio gli italiani hanno cominciato a nutrirlo con la ‘riforma’ del Catasto: è chiaro che è una riforma per ‘alleggerire’ le tasche degl’italiani, ma bene o male Draghi e compagni sono riusciti a farla ‘inghiottire’ ai cittadini dicendo che colpiranno le case non censite e bla bla bla. Ma il Disegno di Legge Concorrenza si configura come una ciambella senza buco: gli italiani hanno cominciato a capire che, con la privatizzazione dei servizi dei Comuni, pagheranno detti servizi il doppio, forse anche il triplo per fare incassare i soldi ai privati. Insomma, Draghi è sempre meno popolare. Non sarà facile riportarlo a Palazzo Chigi dopo le elezioni del prossimo anno. Anche perché non si sa cosa succederà da qui al Marzo del 2023: non si sa cosa succederà con i cambiamenti climatici in corso, non si sa cosa succederà con la guerra in Ucraina in corso, non si sa cosa succederà all’economia mondiale dove l’inflazione alimentare – ma non soltanto alimentare – sta imponendo l’aumento dei tassi d’interesse a tutto l’Occidente: ha cominciato Biden negli Stati Uniti d’America ed è probabile che la stessa cosa dovrà fare la Banca Centrale Europea (BCE). Per l’Italia anche un aumento dello 0,25 del tasso d’interesse sarebbe un problema serissimo, perché il Governo dei ‘Migliori’ di Draghi ha portato l’indebitamento del nostro Paese a 2 mila e 800 miliardi di euro. Un aumento del tasso d’interesse della BCE, anche minimo, costringerebbe il Governo ad appioppare nuove tasse per pagare gli interessi, in un momento in cui milioni di famiglie e imprese italiane sono in grandissima difficoltà tra bollette della luce e del gas stratosferiche, aumento del prezzo di benzina e gasolio e inflazione alimentare (e non soltanto alimentare). Un grandissimo casino, insomma.

La vecchia politica siciliana non sopporta il presidente uscente, Nello Musumeci, perché in questi cinque anni non è riuscita ad ‘affondare i denti’ nella sanità 

Direte: che c’entra lo scenario nazionale? C’entra, eccome! Da quasi un anno, in Sicilia, Forza Italia di Gianfranco Miccichè e il PD sono in trattative per il Governo della Regione siciliana. debbono dare vita a un Governo siciliano ‘milazziano’. E, per farlo, debbono assolutamente eliminare il presidente uscente Musumeci, sia per motivazioni ‘esogene’, sia per motivazioni ‘endogene’. La motivazione ‘esogena’ – tutt’altro che secondaria – è che Musumeci fa capo, a livello nazionale, a l’unica leader politica italiana, Giorgia Meloni, che non si è consegnata mani e piedi all’Unione europea dell’euro. Come diremo più avanti, questo è un grandissimo vantaggio, perché la Ue, con la guerra In Ucraina – che continuerà con armi sempre più sofisticate – rischia di distruggere l’economia europea e di determinare la fine della moneta unica europea (e, forse, anche della stessa Unione europea). Ma ci sono anche motivazioni ‘endogene’. Chi ci legge sa che non abbiamo mai fatto sconti al Governo Musumeci, ma dell’attuale presidente della Regione siciliana tutto si può dire, tranne che non sia una persona per bene. Avrà tanti limiti politici (per esempio, nella lotta agli incendi boschivi si circonda di persone che fino ad oggi hanno prodotto solo enormi danni), ma non è un politico che consente ‘manciugghe’, soprattutto nella sanità che, da sempre, è il terreno di caccia della vecchia politica siciliana di centrodestra  di centrosinistra oggi non a caso compatta nel chiedere la testa del presidente uscente.

Fino ad oggi Claudio Fava ha sempre detto no all’inciucio milazziano tra centrosinistra, Forza Italia di Miccichè e Autonomisti di Lombardo: difficile che cambi idea

Siamo arrivati al nodo politico siciliano. Le primarie del centrosinistra sono una presa in giro. La verità è che, da mesi, i vertici del PD siciliano e il presidente dell’Assemblea regionale Gianfranco Miccichè, cercano di convincere Claudio Fava a far parte del possibile schieramento milazziano: tutti dentro, compresa la Lega di Matteo Salvini, in un unico schieramento contro Musumeci. Ma Fava non ne vuole sapere. La candidatura di Fava, di qualche settimana fa, ufficialmente è alle ‘primarie fantasma’ del centrosinistra siciliano, di fatto è una vera e propria candidatura alla presidenza della Regione. Miccichè, da parte sua, non ha molta scelta. Come scriviamo da oltre un anno, Miccichè è ormai fuori da tempo dal centrodestra siciliano. Se le elezioni regionali dovesse vincerle il centrodestra con Musumeci, lui, Miccichè, non verrà mai rieletto presidente del Parlamento dell’Isola, che è l’unica cosa che gli interessa. Per Miccichè l’inciucio neo-milazziano alla Regione è una questione di sopravvivenza politica personale. Il problema è che, senza Fava, è un rischio. Infatti, se PD e la parte di Forza Italia che fa capo a Miccichè dovessero scoprire le carte e formalizzare un accordo politico che coinvolge anche gli Autonomisti di Raffaele Lombardo e Roberto Di Mauro, automaticamente, quasi tutto il Movimento 5 Stelle siciliano si sposterebbe su Fava. Tra i grillini siciliani solo il sottosegretario Giancarlo Cancelleri e qualche suo amico e parente sarebbe disposto a ‘inciuciarsi’ con PD, Forza Italia e Autonomisti di Lombardo e Di Mauro, mentre la stragrande maggioranza del Movimento vede e vive questa ipotesi come fumo negli occhi.

Alla fine, più per disperazione che per convinzione, PD, Miccichè e Autonomisti di Lombardo potrebbero appoggiare il candidato alla presidenza della Regione siciliana, Cateno De Luca

Riassumendo, i candidati alla presidenza della Regione per ora dovrebbero essere quattro: Nello Musumeci, Cateno De Luca, il candidato di PD, Forza Italia di Miccichè e Autonomisti di Raffaele Lombardo (che potrebbe essere Caterina Chinnici, ma non è detto: il quotidiano La Sicilia tira in ballo il nome dell’ex deputato regionale, Bernardo Mattarella, figlio di Piersanti Mattarella) e Claudio Fava (non escludiamo che ci possano essere altri candidati). Con quattro candidati, o forse cinque, si vincerebbe con il 28% dei voti. Ebbene, il problema – per i vertici del PD e per Miccichè – è che Fava candidato presidente della Regione, appoggiato dai grillini e da vari soggetti sociali e politici che potrebbero aggiungersi via via, potrebbe risultare di gran lunga più forte del candidato del PD, di Miccichè e degli Autonomisti di lombardo e Di Mauro. A nostro avviso – soprattutto con la presenza di De Luca che toglie voti sia a Musumeci, sia al candidato di PD-Miccichè-Autonomisti – Fava potrebbe anche vincere. Questo per il PD e per Miccichè è un problema enorme (noi non escludiamo che, alla fine, più per disperazione che per convinzione, PD, Miccichè e Autonomisti di Lombardo potrebbero appoggiare De Luca). C’è anche il problena Lega. Fino ad oggi tutti hanno dato per scontato che la Lega di Salvini, in Sicilia, si accoderà allo schieramento anti-Musumeci. E così sembra. Ma c’è il timore che, arrivati al dunque – cioè quando si tratterà di formalizzare l’inciucio con il PD – il partito si spacchi in due e una parte se ne vada con Musumeci. E questo, per il PD, per Miccichè e per gli Autonomisti di Lombardo e Di Mauro, è un altro problema. Come scritto all’inizio, il PD, Miccichè e Autonomisti, fino a qualche mese fa, pensavano di ammantare l’inciucio siciliano come la proposizione, nella nostra Isola, dello schieramento che a Roma sostiene Draghi. Il problema, oggi, è che Draghi sta portando l’Italia allo sbaraglio. Proporre il ‘modello Draghi’ in Sicilia, oggi, significa darsi la zappa sui piedi, perché anche in Sicilia – anzi soprattutto in Sicilia e nel Sud – i cittadini ne hanno abbastanza di Draghi. Nonostante l’informazione di parte e distorta, basta andare sulla rete per capire che nel Sud e in Sicilia tutti hanno capito non soltanto che il Governo Draghi sta cercando di completare’ la ‘svendita’ dell’Italia, ma – da meridionali e siciliani – i cittadini di Sud e Sicilia hanno capito anche che i fondi del PNRR stanno finendo per l’80% al Nord. Questo grazie all’accordo tra le Regioni Lombardia, Veneto, Piemonte, Friuli Venezia Giulia ed Emilia Romagna che, di fatto, hanno costretto il segretario della Lega, Salvini, ad entrare nel Governo Draghi. Nel Sud e, soprattutto in Sicilia, la Lega resiste non perché c’è un elettorato leghista radicato, ma perché politici di grande seguito elettorale, in questa fase, hanno interesse a restare tra i leghisti.

Gli effetti sulle elezioni comunali di Palermo 

In questo scenario si inseriscono le elezioni comunali di Palermo. Dove si materializza una contraddizione politica: per quale motivo Forza Italia di Miccichè, che alla Regione lavora per l’inciucio con il PD, dovrebbe appoggiare il candidato del centrodestra, Roberto Lagalla? Lagalla ha altri problemi. Nei giorni scorsi il Consiglio comunale di Palermo, che per cinque anni ha bloccato il progetto per il Tram in via Libertà, ha improvvisamente approvato il Tram in via Libertà. Solo un cieco non vede in questo voto un accordo tra centrodestra e centrosinistra all’insegna dei circa 800 milioni di euro di appalti per Tram & parcheggi. Compreso il Tram in via Libertà. Di fatto, al di là delle chiacchiere, sono stati i consiglieri comunali di centrodestra – e segnatamente di Fratelli d’Italia e della Lega – ad approvare il Tram in via Libertà. Ebbene, il Tram in via Libertà, avversato dalla grande maggioranza dei cittadini di Palermo, ha rimesso in gioco il voto libero. E questo crea problemi al candidato del centrodestra, il citato Lagalla. Lo stesso Lagalla – dopo il sì del Consiglio comunale al Tram in via Libertà – ha provato a mettere una pezza, dicendo che lui è contrario. Ma il dato politico – che è quello che conta – è che c’è un accordo della vecchia politica di centrodestra e centrosinistra sul ‘boccone’ di Tram e parcheggi. Il resto è fuffa. Prima del voto in Consiglio comunale sul Tram in via Libertà Lagalla, con la nove liste in suo sostegno, era il grande favorito. Per essere eletto Sindaco al primo turno, in Sicilia, basta il 40% (nel resto d’Italia occorre il 50%). Senza il papocchio trasformista-appaltista sul Tram in via Libertà, anche senza i voti di un ‘pezzo’ del centrodestra, Lagalla ‘viaggiava’ intorno al 47-48%. Oggi potrebbe non essere più così, perché, come già accennato, si è messo in moto il voto di opinione che potrebbe favorire i candidati Sindaci che si sono espressi chiaramente contro il Tram in via Libertà: in primo luogo Fabrizio Ferrandelli, ma anche Ciro Lomonte. Morale: Lagalla potrebbe non vincere più al primo turno, perché rischia di non raggiungere il 40% dei consensi. Finendo al ballottaggio per Lagalla tutto si complicherebbe. Ma di questo parleremo in un prossimo articolo.

Foto di prima pagina Miccichè Cancelleri tratta da Palermo – la Repubblica                

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