Gli effetti della grande speculazione sull’olio di semi a Palermo: il rischio di mangiare panelle e crocchette fritte con olio un po’ ‘andato’…

26 maggio 2022
  • Una grande tradizione alle prese con la speculazione sul prezzo. Noi ci siamo accorti che qualcosa non quadrava perché l’odore dell’olio bruciato si avverte subito 
  • Epilogo inevitabile: il prezzo dell’olio di semi è più che triplicato!
  • La cosa che dà fastidio è che l’aumento spropositato del prezzo dell’olio di semi non ha nulla a che vedere con la guerra in Ucraina, ma è il frutto di una volgare speculazione 
  • Però questa speculazione, a lungo andare, può avere effetti deleteri sulla salute delle persone

Una grande tradizione alle prese con la speculazione sul prezzo. Noi ci siamo accorti che qualcosa non quadrava perché l’odore dell’olio bruciato si avverte subito 

Certe volte è un dettaglio. Un piccolo particolare che ci consente di interpretare la realtà che ci sta intorno. E’ successo qualche giorno fa, a Palermo. Dove le panelle, i ‘cazzilli’ (leggere crocchette di patate) e magari le rascature (oggi la chiamerebbero cucina di recupero, crocchette di forme irregolari ottenute dagli scarti), in verità sempre più rare, sono ‘istituzioni’. Noi, da anni, abbiamo il nostro panellaro di fiducia. Almeno una volta a settimana, zact!, acquistiamo panelle e crocchette per la cena. Però, qualche giorno fa… Però qualche giorno fa c’era qualcosa che non  quadrava. Il nostro panellaro di fiducia – non l’abbiamo scelto a caso – cambia l’olio di frittura spesso. Solo che negli ultimi tempi qualcosa è cambiata. Cosa? L’abbiamo scritto ad inizio di questo mese: è cambiato il prezzo dell’olio di semi che, da un euro al litro, è passato a 3,5 euro al litro! E questo è un problema. Per chi? Noi pensavamo per i panellari di Palermo e, in generale, per il mondo della rosticceria. Invece dobbiamo aggiornare la notizia: perché qualche inconveniente potrebbe capitare anche a noi. ci spieghiamo.

Epilogo inevitabile: il prezzo dell’olio di semi è più che triplicato!

Torniamo a qualche giorno fa. Come già detto, da anni ci serviamo da nostro panellaro di fiducia. E lì ci stavamo recando per ‘apparecchiare’ una cena con panelle e crocchette. Però, man mano che ci avvicinavamo alla motolapa abbiamo cominciato a sentire un odore non esattamente gradevole: odore di olio bruciato! Non abbiamo impiegato molto tempo a capire quello che sta succedendo: il costo dell’olio di semi per friggere è più che triplicato, ma i panellaro non può certo triplicare il prezzo delle panelle e delle crocchette. E allora da qualche parte deve ‘agire’. E così il nostro panellaro di fiducia, non avendo alternative – perché non si può friggere nell’acqua e il costo dell’olio di semi è più che triplicato – ha optato per la soluzione più semplice: utilizzare l’olio per più fritture. invece di cambiarlo spesso non lo cambia più spesso. Superfluo aggiungere che, qualche giorno fa, avvertendo l’odore di olio bruciato, per dirla con il grande Totò in un celebre film, abbiamo “desistito”. Niente panelle e crocchette.

La cosa che dà fastidio è che l’aumento spropositato del prezzo dell’olio di semi non ha nulla a che vedere con la guerra in Ucraina, ma è il frutto di una volgare speculazione 

Che dire? Che l’Italia è un Paese finito. Super-finito. Ultra-finito. Perché l’aumento del prezzo dell’olio di semi – contrariamente a come viene illustrato e motivato in alcuni supermercati – non ha nulla, ma proprio nulla a che vedere con la guerra in Ucraina. Se è vero che l’Ucraina è il primo produttore di olio di girasole del mondo, è anche vero che non esiste solo l’olio di semi di girasole. La gamma di olio di semi è vasta. E l’aumento del prezzo dell’olio di girasole non giustifica l’aumento del prezzo di tutti gli oli di semi, come sta accadendo in Italia! Si tratta di una volgare speculazione che il Governo dei ‘Migliori’ di Mario Draghi avrebbe dovuto bloccare. Ma così non è stato e così continua a non essere. Del resto, con il gas – con l’aumento del prezzo del gas – è stata la stessa, identica cosa: il prezzo è aumentato, dicevano, perché la Russia ha ridotto la fornitura di gas all’Europa. Una minchiata colossale, perché la Russia non ha mai ridotto la fornitura di gas all’Europa. Così i gestori del gas, in tempi brevissimi, hanno guadagnato una montagna di soldi: extra-profitti per 40 miliardi di euro! E una montagna di soldi stanno guadagnando coloro i quali speculano sull’olio di semi. L’olio di semi è, in assoluto, tra i grassi vegetali più diffusi al mondo, soprattutto tra i ceti medio bassi, che sono la maggioranza. Il prezzo dell’olio di semi più che triplicato nel guro di un mese è, forse, uno degli affari più grandi e più estesi degli ultimi anni, anche se non ne parla nessuno.

Però questa speculazione, a lungo andare, può avere effetti deleteri sulla salute delle persone

Però – è il caso di Palermo – ci potrebbero essere, a lungo andare, risvolti sulla salute. Perché nel capoluogo della Sicilia le fritture sono molto diffuse. Palermo, lo ricordiamo, la ‘Patria’ delle rosticcerie. Impossibile pensare che l’aumento del prezzo dell’olio di semi abbia colpito solo i panellari. E’ ovvio che chi fa largo uso di olio di semi – e questo è il caso delle rosticcerie – dovrà per forza di cose fare i conti con il prezzo dell’olio di semi più che triplicato. Non vogliamo gettare la croce addosso alle rosticcerie: stiamo soltanto provando a sollevare un problema che è oggettivo. Il punto di equilibrio si trova sempre. Bisognerebbe capire di quanto dovrebbe aumentare il costo dei ‘pezzi’ di rosticceria (a Palermo si chiamano così) per giustificare l’aumento dei costi dell’olio per frittura. Non c’è niente di male nel porsi qualche domanda, se è vero che mangiare fritture con oli troppo ‘sfruttati’ non è esattamente un toccasana per la salute delle persone. Noi con il nostro panellaro abbiamo trovato la misura: se avvertiamo l’odore di olio bruciato ci allontaniamo e ‘desistiamo’; se il cattivo odore non c’è acquistiamo panelle e crocchette. Si tratta di acquistare i prodotti quando l’olio non è ancora ‘arrivato’. Su tre volte, due volte abbiamo ‘desistito’ e una volta abbiamo acquistato. Non è una cattiva media con i tempi che corrono.

Foto tratta da Tribù golosa   

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