Manca il mais da foraggio e c’è il rischio di dovere abbattere gli animali da allevamento perché non si sa come alimentarli

12 marzo 2022
  • Anche in questo caso – come nel caso del gas – la guerra in Ucraina c’entra fino a un certo punto. I veri problemi sono le speculazioni che nessuno ferma e gli errori grossolani di politica agricola di un’Unione europea governata da dilettanti allo sbaraglio 
  • L’Ungheria ha bloccato l’export di mais da foraggio. Evidentemente vuole incrementare i propri allevamenti. I danni li hanno provocati la Ue, che ha reso diseconomica la coltura del mais, e i Governi italiani incapaci culturalmente di riflettere sull’importanza della sovranità alimentare     
  • Il grano duro di Sud e Sicilia si è salvato grazie ai cambiamenti climatici. Se fosse dipeso dalla Ue i campi di grano duro di Sud e Sicilia sarebbero stati già trasformati in campi eolici per fornire l’energia al Nord Europa 

Anche in questo caso – come nel caso del gas – la guerra in Ucraina c’entra fino a un certo punto. I veri problemi sono le speculazioni che nessuno ferma e gli errori grossolani di politica agricola di un’Unione europea governata da dilettanti allo sbaraglio 

Noi parliamo spesso del grano (l’abbiamo fatto anche nel MATTINALE di oggi intervistando Mario Pagliaro, chimico del Cnr e appassionato di climatologia e agricoltura), ma quello che sta succedendo con il mais e, in generale, con i foraggi non è da meno. Eh sì, il mais da foraggio sta diventando un problema, almeno in Italia (non conosciamo cosa succede in altri Paesi e abbiamo chiesto ‘lumi’ a Sandro Puglisi, grande esperto d mercati agricoli internazionali. Intanto registriamo, da cronisti, quello che leggiamo qua e là sulla rete, sui giornali e anche dalle parole di qualche allevatore siciliano. Stamattina, a Palermo, siamo andati nel solito mercatino del Sabato. Abbiamo chiesto a Giuseppe Scarlata, allevatore di ovini e caprini e produttori di formaggi. Scarlata di ha spiegato che trovare il mais da foraggio è diventato un problema. “Mais da foraggio, in giro, ce n’è pochissimo e i prezzi sono proibitivi – ci dice Scarlata -. Nel giro di poco tempo il prezzo del mais da foraggio è passato da 20 centesimi al kg. Insomma, il prezzo è triplicato. Per noi agricoltori e allevatori è un problema enorme, visto che dobbiamo già fronteggiare l’aumento del costo del gasolio agricolo e l’aumento del costo dell’energia. Chi come noi, poi, gira per i mercati locali della Sicilia c’è anche il costo del gasolio che aumenta di giorno in giorno. Stamattina, a Palermo, in alcuni distributori di carburante, il costo del gasolio è arrivato a 2,3 euro al litro. In queste condizioni sta diventando impossibile lavorare”. Chiediamo a Scarlata perché, a suo giudizio, sta succedendo tutto questo. “Certo – ci risponde – c’è la guerra in Ucraina. Ma la guerra in Ucraina non giustifica quello che sta succedendo. La sensazione è che sa in corso una mega-speculazione, che nessuno sta bloccando, che sta danneggiando i cittadini e, per ciò che riguarda l’agricoltura, agricoltori e allevatori”.

L’Ungheria ha bloccato l’export di mais da foraggio. Evidentemente vuole incrementare i propri allevamenti. I danni li hanno provocati la Ue, che ha reso diseconomica la coltura del mais, e i Governi italiani incapaci culturalmente di riflettere sull’importanza della sovranità alimentare     

Se andiamo a dare un’occhiata al mercato in Italia, scopriamo che il nostro Paese importa quasi 5 miliardi di kg di mais da foraggio ogni anno. Di questi, quasi la metà arrivano dall’Ungheria (oltre un miliardo e mezzo di Kg ogni anno) e dall’Ucraina (poco più di 0,60 miliardi di kg. Il problema, in questo momento, è che Ungheria e Ucraina hanno interrotto le esportazioni. Nel caso dell’Ucraina è comprensibile, visto che è in corso una guerra. Non è chiaro, invece, lo stop all’export dell’Ungheria: questo Paese ha interrotto le esportazioni di mais da foraggio verso verso l’Italia o le ha interrotte verso tutti i Paesi? In ogni caso, l’Italia non può pretendere che questo o quel Paese esporti questo o quel prodotto. Nemmeno se tale Paese – è il caso dell’Ungheria – fa parte dell’Unione europea si può pretendere d acquistare questo o quel prodotto. Facciamo un esempio: se con il momento attuale l’Ungheria preferisce utilizzare il mai da foraggio per incrementare i propri allevamenti a che titolo l’Italia pretende di avere il mais da foraggio ungherese? Anche l’avere chiamato in causa la Commissione europea per spingere l’Ungheria a esportare il proprio mais è solo una stupidaggine. Anche perché la causa dei problemi che oggi travagliano quasi tutta l’agricoltura mediterranea è proprio l’Unione europea e le sue ottuse e affaristiche politiche agricole. La PAC (Politica Agricola Comune) – compresa l’ultima varata nei mesi corsi – è incentrata nel far prevalere gli interessi della chimica a scapito degli agricoltori e dei consumatori. La Ue applica rigidamente le regole del liberismo economico sfrenato, facendo entrare in Europa prodotti agricoli – che in alcuni casi fanno letteralmente schifo – per distruggere le produzioni cerealicole italiane. Infatti, negli ultimi anni, nel Sud e in Sicilia, quando il grano duro si vendeva a 18-20 euro al quintale, sono stati abbandonati circa 600 mila ettari di seminativi! Lo stesso discorso è avvenuto con il mais nel Centro Nord: costi di produzione crescenti e convenienza ad importare il mais da foraggio, piuttosto che coltivarlo. Così nei seminativi abbandonati – questo il progetto degli ‘europeisti’ – arrivano i campi eolici nel nome della transizione ecologica delle corna che hanno in testa!

Il grano duro di Sud e Sicilia si è salvato grazie ai cambiamenti climatici. Se fosse dipeso dalla Ue i campi di grano duro di Sud e Sicilia sarebbero stati già trasformati in campi eolici per fornire l’energia al Nord Europa 

I risultati di queste politiche agricole europee sbagliate sono sotto gli occhi di tutti. Il grano duro di Sud Italia e Sicilia si sta salvando perché sono intervenuti i cambiamenti climatici. E’ proprio grazie alla siccità e alle inondazioni che lo scorso anno hanno colpito mezzo mondo che il prezzo del grano duro, tra alti e bassi, si attesta intorno a 50 euro al quintale. E con la guerra in Ucraina il prezzo salirà ancora. E non sappiamo come finirà quest’anno con i cambiamenti climatici: nel Nord Italia, ad esempio, con il fiume Po in secca da Gennaio se continuerà a non piovere i danni all’agricoltura saranno ingenti. Se a questo si aggiunge la difficoltà a reperire il mais da foraggio, ebbene, lo scenario rischia di diventare da incubo. Con l’approssimarsi della stagione calda il mai da foraggio diventa indispensabile. non è da escludere che, in assenza di foraggi, si debba procedere all’abbattimento dei capi di bestiame. Sembra incredibile, ma è così. Ribadiamo ciò che scriviamo da quado I Nuovi Vespri è in rete: l’attuale Unione europea. specialmente nel settore agricolo, è un disastro. Ora i geni’ europeisti che, da decenni, propugnano e applicano il Set-Aside (leggere pagare gli agricoltori per tenere i seminativi incolti!) hanno capito che è stato un errore gravissimo perdere la sovranità alimentare e dipendere da altri Paesi per il cibo. Così come stanno cominciando a capire che le Quote latte e la limitazione dei capi di allevamento sono stati altri errori gravissimi. Questo è un argomento che merita di essere trattato a parte. Intanto c’è la pesantissima crisi della zootecnia e non sappiamo come andrà a finire.

Foto tratta da Ruminantia      

 

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