Un tavolo alternativo per dare un futuro diverso all’area industriale di Siracusa eliminando l’inquinamento

20 febbraio 2022
  • Per il leader di Identità Siciliana l’area industriale che, dalle porte di Siracusa, arriva fino ai Comuni di Augusta, Priolo Gargallo e Melilli deve chiudere con la lunga stagione industriale che ha provocato inquinamento, malattie e morte 
  • L’inchiesta “Mare Rosso” sullo sversamento di mercurio da EniChem nella baia di Augusta
  • La necessità di una seconda vita
  • Il Polo industriale di Siracusa non può diventare una seconda ILVA 

da Erasmo Vecchio
presidente di Identità Siciliana
riceviamo e pubblichiamo

Per il leader di Identità Siciliana l’area industriale che, dalle porte di Siracusa, arriva fino ai Comuni di Augusta, Priolo Gargallo e Melilli deve chiudere con la lunga stagione industriale che ha provocato inquinamento, malattie e morte 

A Nord di Siracusa raffinerie, ciminiere e cisterne di greggio si estendono a macchia d’olio. Il Polo petrolchimico è una spina nel fianco dell’Italia. E del Mediterraneo. Trenta chilometri di costa, un territorio e una baia imbottiti di sostanze contaminanti e nocive. Dall’insediamento negli anni Cinquanta della prima raffineria, la zona è oggi stravolta dall’inquinamento. Il primato delle morti per leucemia, infatti, è un cancro ubicato nei Comu­ni del Siracusano. Il triangolo (maledetto) del polo petrolchimico sira­cusano, il più grande d’Europa, si estende dalle porte di Siracusa fino ai territori dei Comuni di Augusta, Priolo Gargallo e Melilli, ed è caratterizzato dal fortissimo impatto ambientale delle indu­strie. Non c’è da stupirsi, dunque, del fat­to che la Provincia di Siracusa, nel regi­stro Ines del 2006, si sia classifica­ta al settimo posto tra quelle in Italia a più alto rischio ambientale.

L’inchiesta “Mare Rosso” sullo sversamento di mercurio da EniChem nella baia di Augusta

Il polo industriale della Provincia di Siracusa, nato per la concezione malefica di imporre alla Sicilia un modello di sviluppo industriale distorto e nocivo, oggi è un’area che comprende oltre 200 mila anime e centinaia di aziende in profonda crisi. E’ necessario valutare le emissioni in acqua e in aria per dare speranza alla popolazione che da decenni convive con tre impianti di raffinazione, due stabilimenti chimici, tre centrali elettriche, un cementificio e due aziende di gas. Quattro centri urbani sono i più esposti all’inquinamento: Augusta, Melilli, Priolo e Siracusa. A volte nell’aria i miasmi tossici sono da capogiro. Su questi è intervenuto un anno fa il procuratore aggiunto Fabio Scavone, inchiodando le fabbriche petrolchimiche a seguito di un’inchiesta durata due anni. Troppi anni di disillusioni e tradimenti insegnano però a non coltivare grandi speranze. In questo periodo convulso affiorano alla mente spettacolari capovolgimenti, a cominciare dall’archiviazione negli anni 2000 dell’inchiesta “Mare Rosso” sullo sversamento di mercurio da EniChem nella baia di Augusta. Il presidente di Confindustria Siracusa si dice anche stupito dalla “cecità di chi guarda esclusivamente alle grandi fabbriche e non vede l’inquinamento generato dalla molteplici attività che si svolgono nel territorio”. Da anni il settore è in stagnazione e molte aziende hanno già ridimensionato gli impianti di produzione. Ciò rischia di determinare un crisi complessa di vasta dimensione. Il valore aggiunto prodotto del comprensorio nel 2020 è stato pari a circa 700 milioni di euro in un sito in cui operano circa 7.500 addetti. Oggi il problema non è dare ossigeno alle aziende affinché riprendano le produzioni che hanno devastato il territorio e l’ambiente. Non serve, infatti, rilanciare la produzione, bensì promuovere un sistema integrato per lo sviluppo ottimizzando i consumi energetici per fare in modo che i costi per la transizione energetica non diventino incompatibili con il territorio e con l’ambiente circostante. Ciò che serve è una nuova “visione”.

La necessità di una seconda vita

Le industrie sono strettamente legate al territorio in cui si trovano e ciò rende queste aree ancor più importanti e assolutamente meritevoli di poter vivere una seconda vita, ancor meglio se al servizio di quello stesso territorio. Quando una grande fabbrica, come una raffineria, viene dismessa si presenta un’occasione per trasformare quel luogo e dargli una nuova identità, così che possa offrire esperienze, servizi, spazi per il tempo libero o, perché no, nuove residenze. Il recupero delle aree dismesse può essere posto al centro di un dibattito variegato, che coinvolge tecnici, progettisti, amministrazioni, ma anche i cittadini stessi. Rigenerare un’ex area industriale significa rilanciare un’intera zona, arricchire la città in cui si trova e dare nuovo valore al territorio. Le aree industriali dismesse, infatti, possono trasformarsi in ciò di cui ha bisogno il territorio in quel momento, grazie a bandi, piani e appositi strumenti urbanistici. Le soluzioni possono essere diverse, ad esempio una strategia che permette flessibilità e sicuramente il temporary use, cioè di uso temporaneo degli spazi, che molto spesso dà vita a laboratori e incubatori di idee.

Il Polo industriale di Siracusa non può diventare una seconda ILVA 

ll Polo industriale di Siracusa non può diventare una nuova ILVA di Taranto, dove si continua con l’inquinamento. Bisogna partire dal riconoscimento dello stato di crisi industriale per ottenere le risorse finanziarie necessarie per avviare il processo di riconversione e stimolare nuovi investimenti non per ripartire nella logica dello sfruttamento del suolo e dell’ambiente. La Sicilia, per Identità Siciliana, ha le carte in regola per diventare la regione più verde d’Italia ma per realizzare ciò è necessario fare rete, anche con i Comuni del comprensorio. In una recente riunione è stato stilato un protocollo di intesa, anche sottoscritto dalle aziende interessate (Isab srl – Gruppo Lukoil, Sonatrach Raffineria Italiana srl, Sasol Italy spa, Versalis spa, Eeg srl, Air Liquide Italia spa), ma anche da Confindustria Sicilia, dall’Autorità di sistema portuale del mare Sicilia orientale, dalla Camera di commercio del Sud Est Sicilia, dai rappresentati dei Comuni di Augusta, Avola, Canicattini Bagni, Cassaro, Ferla, Floridia, Melilli, Priolo Gargallo, Siracusa, Solarino e Sortino e dalle rappresentanze sindacali regionali di Cgil, Cisl, Uil e Ugl. Anche di questo protocollo non abbiamo traccia. Chiediamo di conoscere per via ufficiali sia il “Dossier tecnico”, sia la copia del protocollo di intesa stipulato tra Regione ed Aziende del territorio. Sin da ora confermiamo la nostra disponibilità ad avviare un TAVOLO ALTERNATIVO PERMANENTE aperto a movimenti civici, associazione di difesa ambientali, sicilianisti, associazioni culturali e solidali dove discutere e verificare la possibilità di rispondere a tutti coloro a cui interessa solo perpetuare lo “status quo” sperperando fondi pubblici a fini elettorali e clientelari.

foto tratta da La Sicilia
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