La crisi della Pfizer di Catania è il solito frutto bacato di dumping salariale e delocalizzazioni

8 febbraio 2022
  • E’ inutile arzigogolare: la multinazionale farmaceutica americana trasferirà i propri stabilimenti dove pagherà meno i lavoratori e dove pagherà meno tasse
  • I Paesi dell’Est europeo hanno accettato di entrare a far parte della Unione europea perché sapevano che, in prospettiva, avrebbero attirato nei propri territori i gruppi imprenditoriali perché consentono alle stesse imprese di guadagnare di più
  • E’ l’Unione europea che, per ingrandirsi, ha aperto ai Paesi dell’Est ben sapendo che dumping salariale e delocalizzazioni avrebbero creato problemi ad alcuni Paesi dell’Unione, Italia in testa   

E’ inutile arzigogolare: la multinazionale farmaceutica americana trasferirà i propri stabilimenti dove pagherà meno i lavoratori e dove pagherà meno tasse

Dicono che ai lavoratori dello stabilimento Pfizer di Catania verrà proposto il trasferimento nel polo produttivo di Ascoli Piceno. C’è da crederci? A noi questa ipotesi non convince. La Pfizer è una delle multinazionali americane che ha guadagnato una barca di soldi con il grande business dei vaccini anti-Covid. Ma come tutte le multinazionali dell’attuale mondo liberista, il licenziamento di 130 lavoratori dello stabilimento di Catania, più il mancato rinnovo del contratto a 50 lavoratori interinali più altri tagli non annunciano nulla di buono. La logica delle multinazionali liberiste è fatta solo di mercato. In Europa – nell’Unione europea – ci sono Paesi dove il costo del lavoro e il Fisco costano molto meno. In economia si chiama dumping salariale. Se in una stessa area – per esempio nell’Eurozona – ci sono Paesi dove le imprese risparmiano sul costo del lavoro, sul Fisco e anche sui diritti dei lavoratori e sulla previdenza sociale rispetto ad altre aree, ebbene, è chiaro che un’impresa sceglie di andare ad operare nell’area dove, risparmiando, guadagnerà di più. Gli spostamenti dei poli produttivi da un luogo a un altro luogo dove un’impresa risparmia e guadagna di più si chiamano delocalizzazioni. E’ una follia, perché molte imprese delocalizzano anche se sono in attivo, sol perché, cambiando luogo di produzione guadagnano di più.

I Paesi dell’Est europeo hanno accettato di entrare a far parte della Unione europea perché sapevano che, in prospettiva, avrebbero attirato nei propri territori i gruppi imprenditoriali perché consentono alle stesse imprese di guadagnare di più

Fino ad alcuni anni fa le delocalizzazioni avvenivano perché i titolari di queste imprese italiane finite nelle mani di soggetti non italiani – sempre multinazionali o fondi d’investimento – chiudevano tutto con la scusa della mancanza di commesse. Non era vero, perché poi si scopriva che nei Paesi dove si erano trasferiti le commesse spuntavano. Oggi non prendono nemmeno tale scusa. In questo momento, in Italia, sono in corso delocalizzazioni di imprese italiane che vanno benissimo, sono piene di commesse e fanno utili. Il caso della Riello in Abbruzzo è emblematico, ma non è il solo. E allora perché le multinazionali e i fondi d’investimento se ne vanno? Perché in Italia, ammettiamo, guadagnano 100, mentre andando in Romania, dove il costo del lavoro è di gran lunga inferiore al costo del lavoro in Italia, vanno a guadagnare 300. E quindi se ne vanno e non gliene frega niente se in Italia buttano in mezzo alla strada centinaia di famiglie. Così assistiamo ai compressori Embraco finiti in Slovacchia; la Bekaert, produttore di cordino metallico per gli pneumatici, che dopo aver acquisito dalla Pirelli la fabbrica di Vigline Valdarno ha spostato le attività in Romania; o Whirlpool, che ha annunciato che avrebbe dovuto riportare alcune produzioni in Italia dalla Polonia, che invece si accinge a chiudere lo stabilimento di Napoli; quindi la marchigiana Elica pronta per la Polonia, la bresciana Timken che ormai opera in Romania. E l’elenco potrebbe continuare. A queste si è aggiunta la Pfizer. Come potete notare, questi gruppi imprenditoriali chiudono in Italia per andare ad operare in altri Paesi dell’Unione europea. Il punto è proprio questo: è l’Unione europea, con le proprie leggi e i propri regolamenti, che consente tutto questo. Quando i Paesi dell’Europa dell’Est sono entrati nella Ue si sapeva, senza una regolamentazione, sarebbe finita così. Solo che questi Paesi dell’Est europeo hanno accettato di entrare a far parte della Unione europea perché sapevano che, in prospettiva, avrebbero attirato nei propri territori i gruppi imprenditoriali perché consentono alle stesse imprese di guadagnare di più.

E’ l’Unione europea che, per ingrandirsi, ha aperto ai Paesi dell’Est ben sapendo che dumping salariale e delocalizzazioni avrebbero creato problemi ad alcuni Paesi dell’Unione, Italia in testa   

Il problema – tornando allo stabilimento di Catania – non è la Pfizer, ma l’Unione europea che, per ingrandirsi, ha giocato sul dumping fiscale e sulle delocalizzazioni. Il PD, quando governava l’Italia con Matteo Renzi, pensava di mitigare gli effetti del dumping fiscale e delle delocalizzazioni precarizzando il lavoro e, di fatto, riducendo i salari. Ma lo scenario economico è rimasto tale e quale, con una prospettiva di peggioramento, perché le delocalizzazioni non si fermeranno. Coloro i quali, oggi, chiamano in causa lo Stato o, peggio, le Regioni – nel caso della Sicilia la Regione siciliana – perdono tempo. Per bloccare gli effetti provocati da dumping salariale e delocalizzazioni lo Stato e le Regioni dovrebbero mettere in campo i soldi, assicurando ai gruppi imprenditoriali i guadagni che incasserebbero spostando i poli produttivi. Ma questa è una follia allo stato puro, soprattutto in tempo di ‘Signoraggio bancario’. Pagare i gruppi imprenditoriali per farli restare – he di per sé è già diseconomico – potrebbero farlo i Paesi che godono di sovranità monetaria, non certo nell’Unione europea dove la monetazione è soggetta a ‘strozzinaggio’, cioè a pagamento!  Morale: la multinazionale Pfizer ha deciso di tagliare due reparti nello stabilimento di Catania. Ne rimane in piedi solo uno per la produzione dell’antibiotico Tazocin. Ci sono prospettive per lo stabilimento catanese? Non vogliamo essere per forza di cose pessimisti, ma non possiamo nascondere un futuro problematico. Tra l’altro, la ‘guerra economica’ tra Stati Uniti e Cina non aiuta. Con il clima geopolitico attuale la Cina e la Russia si guarderanno bene dall’aiutare una multinazionale americana. Anzi.

 

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