Aumenti delle bollette di luce e gas e pandemia faranno chiudere migliaia di piccole e medie imprese e buona parte dell’agricoltura/ MATTINALE 547

24 gennaio 2022
  • La verità è che la politica italiana non ha contezza di quello che sta succedendo nella realtà economica. I dati spaventosi diffusi dalla CGIA di Mestre sui costi energetici 
  • Dentro l’Europa dell’euro l’Italia è finita in un vicolo cieco. Il rischio di proteste popolari 
  • La crisi dell’agricoltura

La verità è che la politica italiana non ha contezza di quello che sta succedendo nella realtà economica. I dati spaventosi diffusi dalla CGIA di Mestre sui costi energetici 

Noi, nelle scorse settimane, abbiamo scritto che l’aumento delle bollette di luce e gas, nel 2022, sarebbe stato pari a cica 70 miliardi di euro. Purtroppo la situazione è ben peggiore: la CGIA di Mestre – un’associazione di piccole imprese nota per l’autorevolezza negli studi economici e statistici – ha calcolato che, quest’anno, famiglie e imprese italiane subiranno un aumento del prezzo delle tariffe energetiche pari a quasi 90 miliardi, 20 miliardi in più dei nostri calcoli. Ebbene, di questi aumenti delle bollette energetiche (luce e gas) 30,8 saranno in capo alle famiglie e 58,9 miliardi alle imprese. E le misure adottate dal Governo di Mario Draghi? Quasi ininfluenti, se è vero che i 5,5 miliardi stanziati per il primo trimestre di quest’anno dall’esecutivo andranno a coprire, sì e no, appena il 6% degli aumenti. Praticamente quasi nulla! Gli aumenti del costo dell’energia in alcuni casi ci stanno, ma in buona parte sono il frutto del regime liberista – del quale Unione europea dell’euro e Mario Draghi sono protagonisti – che ormai distrugge e stesso, nella frenesia di fare arricchire ulteriormente chi è già ricco, aumentando a dismisura l’impoverimento generale. Quello che sta succedendo on le bollette ci è stato segnalato la scorsa settimana dal nostro amico Cosimo Gioia, imprenditore agricolo in Sicilia (produce grano duro nell’entroterra siciliano ed è titolare con i figli di un’azienda agrituristica). Succede che le aziende che prima dell’Estate andavano avanti con un contratto con il proprio fornitore a tariffa fissa si sono salvate. Invece coloro i quali hanno stipulato un contratto a tariffa variabile stanno subendo in pieno gli aumenti nelle bollette che rischiano di creare problemi enormi, soprattutto per le aziende già alle prese con i problemi legati alla pandemia: per esempio gli agriturismi e, in generale, le aziende agricole che già hanno difficoltà a trovare personale.

Dentro l’Europa dell’euro l’Italia è finita in un vicolo cieco. Il rischio di proteste popolari 

La CGIA ipotizza che quest’anno i consumi di energia elettrica e del gas torneranno ad essere quelli del 2019 (pandemia permettendo, perché un po’ tutti gli osservatori danno per scontato che la pandemia, in Italia, sia entrata nella fase discendente: cosa ancora tutta da verificare nella realtà). In ogni caso, con l’aumento delle bollette energetiche non saranno molte le aziende in grado di resistere. Il vero problema dell’Italia – anche se nessuno ha il coraggio di dirlo con chiarezza – è quello di essere entrata a far parte di un sistema monetario truffaldino – l’euro – nel quale per pagare gli stipendi ai pubblici dipendenti bisogna indebitarsi. Oggi, complice la pandemia, il debito pubblico italiano che si attesta attorno al 155 per cento del Pil e solo un deficiente può pensare, nell’attuale momento storico, che il debito pubblico si abbasserà aumentando la produttività. non che in teoria – molto in teoria – questo assunto non contenga elementi di verità, che non valgono affatto in un modo travolto dalla pandemia che non sembra avere fine. Così l’Italia è finita in un vicolo cieco: per non fare chiudere le imprese causa aumento spaventoso delle bollette deve creare nuovo debito, perché l’Italia, privata dell’autonomia monetaria, non può ‘stampare moneta’ come fanno gli Stati Uniti e, in generale, tutti i Paesi liberi; d’altronde, se non si indebita per trovare i soldi non solo chiuderanno migliaia di aziende, ma dovrà trovare lo stesso i soldi per gli ammortizzatori sociali, sennò la gente scenderà in piazza modello rivoluzione francese. In questo scenario c’è tutta la follia demenziale dell’Unione europea dell’euro un consesso di massoni affaristi e banditeschi che sta affondando lentamente. Perché anche chi ha speculato e guadagnato con l’attuale Unione europea dell’euro rischia oggi di finire con il culo a terra: la Germania – padrona quasi assoluta della Ue – oggi non sa a chi vendere i propri beni, a cominciare dalle automobili: e questo a prescindere dalla pandemia. Idem i ‘paradisi fiscali’ della Ue – Olanda e Lussemburgo in testa – perché se crolla l’economia europea questi due Paesi potranno vivere di serre. Insomma, si approssima una crisi economica pesantissima. Questo spiega il perché Draghi vorrebbe lasciare Palazzo Chigi per andare al Quirinale. Ma abbiamo l’impressione che i partiti non glielo consentiranno.

La crisi dell’agricoltura

La crisi coinvolge anche le imprese agricole. Emblematica la dichiarazione che Michele Laporta, presidente dell’Op Agritalia, Puglia, ha rilasciato a ITALIA FRUIT NEWS: “Credo che con la quarantene da Covid stia peggiorando una situazione che era già al collasso. La carenza di personale era una realtà già prima della pandemia, solo per ricordarlo, l’agricoltura ha sempre avuto un ruolo sociale, dando possibilità di occupazione a chi proveniva da altri settori che attraversavano momenti di crisi. Oggi l’edilizia dei bonus ha rivitalizzato le ristrutturazione, l’aumento dei trasporti sta rimettendo in moto filiere che erano ferme da anni… E poi il calo demografico, l’insufficienza dei flussi, la mancata regolarizzazione degli immigrati e, perché no, anche alcuni strumenti di sostegno al reddito, hanno tolto dall’agricoltura migliaia di risorse. Nell’ultima stagione dell’uva da tavola avremmo potuto raccogliere molto più prodotto se avessimo avuto disponibilità. Concludo con una riflessione personale, penso che tanti produttori saranno costretti ad abbassare la qualità delle produzioni, vuoi per i costi ormai fuori controllo, ma soprattutto perché la qualità in agricoltura la si fa con operazioni manuali e con altissima incidenza di manodopera. Noi stiamo cercando di organizzare dei gruppi operativi per individuare possibili soluzioni: siamo e cerchiamo di restare ottimisti”.

 

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