Dopo gli aumenti del prezzo del pane aumenta del 38% il prezzo della pasta: parla Mario Pagliaro

12 gennaio 2022
  • Torniamo a fare il punto della situazione sul grano con Mario Pagliaro. L’intervista a Vincenzo Divella. Il gelo che sta colpendo America del Nord e Canada. La Russia di Putin
  • Riccardo Felicetti: “Gli squilibri nel mercato mondiale non finiranno qui… Ci dobbiamo abituare al fatto che un prodotto possa finire e che non arrivi più” 

Ci dobbiamo preparare alla pasta industriale a 2 euro al chilo?

Abbiamo letto l’intervista di Vincenzo Divella al quotidiano Il Sole 24 Ore (qui ripresa dal Corriere della Sera) nella quale l’industriale pugliese spiega come adesso la sua azienda (e le altre) vendano la pasta industriale nelle catene della Grande distribuzione organizzata a 1,40 euro al chilo. Prezzo che a fine Gennaio arriverà a 1,52 euro. Per l cronaca, nel Settembre dello scoro anno la pasta si vendeva a 1,10 euro al chilo. In 4 mesi si registra un aumento del prezzo pari +38%. Abbiamo subito pensato a Mario Pagliaro, chimico del Cnr e appassionato di climatologia e agricoltura che, nei mesi scorsi, ci aveva detto gli aumenti del prezzo della pasta, a differenza di quelli del pane, sarebbero scattati 4-5 mesi dopo gli aumenti dei prezzi dello stesso pane. Gli abbiamo quindi chiesto un aggiornamento sulla situazione tanto del grano che dell’agroalimentare. Dai messaggi che riceviamo sappiamo che ormai queste interviste con Pagliaro sono molto seguite.

Allora, Pagliaro, ci siamo. Se la pasta viene venduta ai supermercati a 1,52 euro al chilo, significa che tra un po’ di tempo la venderanno come minimo a 1,70 se non a 2 euro al chilo. Come si esce da questa situazione?

“Soltanto in un modo: aumentando drasticamente la produzione di grano duro italiano nell’unica regione che può farlo, cioè la Sicilia. Ricordate quando vi dissi che la questione del grano in Sicilia era di interesse strategico nazionale e che molto presto se ne sarebbe dovuto occupare lo Stato, ricreando l’IRI e dandogli anche questo compito, con un ruolo nuovamente attivo della Regione siciliana?”.

Certo che lo ricordiamo. Ma siccome conosciamo i politici siciliani e la Regione siciliana da oltre 40 anni, sappiamo che non se ne farà nulla. Gli agricoltori siciliani hanno paura che gli aumenti di fertilizzanti, gasolio e sementi finiscano per rendere antieconomica la produzione di grano duro. È così?

“No. Il prezzo del grano duro non potrà che continuare a crescere. Ed anche drasticamente. Gli stessi industriali del grano italiani, abituati ad importare grandi quantità di grano duro dal Nord America e dal Canada, hanno compreso che a frenare la produzione del cereale nelle grandi pianure è il gelo”.

Effettivamente siamo stati sorpresi dal leggere nella stessa inchiesta giornalistica de Il Sole 24 Ore come un altro industriale, Riccardo Felicetti, confermi come ci sia da considerare “nevicate, gelate, piogge eccessive”. Come va la situazione climatica nordamericana a Gennaio inoltrato?

“Il Nord Dakota, granaio americano, è sommerso da oltre un metro di neve. Lo stesso sta avvenendo nel confinante Canada ed è così anche nel Montana, ricoperto dal ghiaccio. Siamo in pieno Inverno e quelli sono luoghi abituati a neve e ghiaccio. La questione è se neve e ghiaccio si scioglieranno in tempo in Primavera oppure se, come è avvenuto negli ultimi anni, non sarà così portando ad un calo continuativo della produzione di grano, che deve servire innanzitutto a nutrire la popolazione americana, fatta di oltre 330 milioni di abitanti”.

Anche nella Russia di Putin – Paesi tra i più grandi produttori di grano nel mondo – sembra che abbiamo tirato i remi in barca…

“Putin fa gli interessi del suo Paese: prima di riprendere in grande stile l’esportazione di grano vuole assicurare le forniture di grano al suo popolo”.

VA MESSA NEL CONTO L’IPOTESI DI UNA NUOVA RIDUZIONE DELLA PRODUZIONE MONDIALE DI GRANO?

Lei ha citato Felicetti. Ci preoccupano le parole di questo industriale: ‘Gli squilibri nel mercato mondiale non finiranno qui… Ci dobbiamo abituare al fatto che un prodotto possa finire e che non arrivi più’. Potrebbe succedere anche con il grano?

“Impossibile prevedere alla lettera gli effetti dei cambiamenti climatici. Come ho già accennato, la situazione è complicata e va messa nel conto anche l’ipotesi d una nuova riduzione della produzione di grano nel mondo”.

Per spiegare gli aumenti, Vincenzo Divella, nella sua intervista, parla anche di altri aumenti: il cellophane +25%, il gas +300%, e l’elettricità. Immagino che il cellophane sia in realtà il film rigido per alimenti, fatto in polipropilene e altri polimeri derivati dal petrolio. Qual è l’origine di questi folli aumenti?

“Dipendono dall’eccessiva dipendenza dalle importazioni estere. In questo caso di semilavorati, e principalmente di acciaio, polimeri e fertilizzanti. Per l’energia è diverso ed è dovuto esclusivamente ad un meccanismo errato di formazione dei prezzi. Ma tornando agli aumenti dei semilavorati, da cui dipende la totalità delle Piccole e Medie Imprese (PMI) italiane, incluse le imprese delle costruzioni, è una situazione che può risolversi solo con la ricostituzione dell’IRI. Il tempo delle importazioni a basso costo dalla Cina che ha fatto la fortuna della ‘borghesia compradora’ italiana nei 20 anni dell’euro è concluso. E la nuova IRI si occuperà tanto di fertilizzanti che di aumentare drasticamente la produzione del grano, secondo le necessità dell’Italia.

PROBEMA ENERGIA E LE BOLLETTE ASSURDE

Soffermiamoci sull’energia: possibile che siamo costretti a pagare queste bollette assurde pure in Sicilia dove arrivano due grandi gasdotti dall’Africa?

“Questo è dovuto unicamente al meccanismo di formazione del prezzo dell’energia elettrica che, a sua volta, dipende da quello del gas naturale. Grazie alla visione strategica dell’Eni, mai cambiata negli ultimi 70 anni, Sicilia e Italia importano gas naturale a basso costo da Algeria, Russia e Azerbajgian, oltre che quantità minori da Libia e Olanda, attraverso i gasdotti. Basterà riferire il prezzo del gas su cui si basano le valutazioni di costo dei produttori elettrici non più su quello del mercato spot olandese TTF, ma su quello del gas effettivamente bruciato in Italia. Che è quello veicolato con contratti di fornitura a lungo termine siglati con i Paesi fornitori. In questo modo sarà possibile tornare a prezzi di gas e luce accessibili a imprese e famiglie. In Sicilia, poi, bruciamo anche ottimo gas naturale come quello estratto a Gagliano e trasportato a Termini Imerese da un gasdotto regionale da poco ampliato. Non è quella energetica la questione centrale per la rinascita economica dell’Italia: ma quella industriale. Va ricostituita da zero l’industria di base, inclusa quella chimica, e potrà farlo soltanto lo Stato”.

 

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