I giovani del Sud e della Sicilia dicono no al servizio militare presso gli invasori Savoia anche a costo della vita

15 dicembre 2021
  •  Già allora meridionali e siciliani avevano capito la vera natura dell’Italia
  • Infatti tantissimi giovani meridionali e siciliani, all’indomani della ‘presunta’ unità d’Italia, se rifiutavano di servire i Savoia da militari, venivano fucilati
  • Per catturare i giovani che rifiutavano la leva i generali piemontesi bloccavano le uscite delle città grandi e piccole di Sud e Sicilia 

Infatti tantissimi giovani meridionali e siciliani, all’indomani della ‘presunta’ unità d’Italia, se rifiutavano di servire i Savoia da militari, venivano fucilati

Si cercavano giovani d’età compresa tra i 20 e i 25 anni. A Latronico e Castelsaraceno, paesini della Basilicata, i giovani che non fecero in tempo a nascondersi o a fuggire furono fucilati sul posto, senza alcuna spiegazione. A Scurcola, furono massacrati 117 uomini delle truppe irregolari di Luvarà, rimasti in paese curarsi le ferite. Qualche giorno dopo, il generale Maurizio De Sonnaz entrò nell’abbazia di Casamari, dove si erano rifugiati gli uomini del conte de Christen. Mille soldati piemontesi irruppero nel luogo sacro, in cerca dei briganti. L’abbazia, fondata da San Berbabrdo e ricca di oggetti di valore storico e artistico, fu incendiata. I contadini della zona si fecero in quattro per spegnere il fuoco, riuscendo a stento a salvare gli oggetti più importanti. La repressione senza alcuna spiegazione, la distanza culturale fra gli ufficiali piemontesi e la gente del Sud contribuirono a trasformare quei militari venuti dal Nord in estranei. Nessuno riusciva a sentirli come soldati del proprio Stato in cui riconoscersi. Per tutti erano conquistatori che volevano imporre usanze e culture lontane. “Piemontisi”. Molti ufficiali parlavano francese e e furono costretti ad avvalersi di interpreti per parlare con le popolazioni locali di cui non comprendevano lo sconosciuto dialetto.

Gigi Di Fiore Controstoria dell’unità d’Italia, Focus Edizioni, pag. 198, 199.

Per catturare i giovani che rifiutavano la leva i generali piemontesi bloccavano le uscite delle città grandi e piccole di Sud e Sicilia 

Il deputato La Porta assicurava, nella tornata del 17 aprile 1862, che “il numero dei renitenti alla leva nel solo distretto di Girgenti ( Agrigento, Sicilia) raggiunge i 1.500”. E Ricciardi aggiungeva: “Quest’isola (la Sicilia) si godeva sotto i Borbone di alcuni privilegi… Certamente un paese dove non esisteva la leva e che ha dovuto sobbarcarsi alla medesima deve essere assai malcontento; quindi i cinque e seimila refrattari di cui ci è forza deplorare l’esistenza”. E il generale Govone diceva nel suo proclama del 29 settembre 1863: “Le liste di leva della città di Palermo danno più di quattromila renitenti e disertori”. Le truppe piemontesi bloccano tutti i paesi dove ci sono dei renitenti, impedendo ai cittadini d’uscirne. I Comuni protestano invano e gli abitanti piombano nella miseria o soffrono di sete e di fame.

Gaetano Marabello Verità e menzogne sul brigantaggio, Controcorrente Edizioni, pag. 104, 105.

Tratti di Regno delle Due Sicilie.eu

Foto tratta da Gazzetta del Sud

 

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