La pasta con presenza di DON che i bambini non debbono mangiare: la domanda di Roberto Carchia al Ministero della Salute

8 dicembre 2021
  • In questa lettera si pone un tema molto delicato
  • E’ una questione che I Nuovi Vespri hanno affrontato quattro anni fa
  • L’assunzione quotidiana di sostanze tossiche non dà effetti negativi immediati nei bambini. Ma a lungo andare…
  • I limiti di legge

In questa lettera si pone un tema molto delicato

Roberto Carchia pone su Facebook una questione molto importante che I Nuovi Vespri ha più volte trattato: ovvero il rapporto tra la pasta e la salute dei bambini: “A.A.A. Applicazione della Legge cercasi! – scrive Carchia -. Domanda pubblica al dott. Ruocco del Ministero della Salute: perché su richiesta di GranoSalus – a cui avevate promesso di far riportare come ‘obbligo di legge’ sulle confezione di pasta di grano duro con tenori superiori a 200 ppb della micotossina DON (Deossinilvalenolo) ‘da non somministrare ai bambini al di sotto dei 3 anni’ – a distanza di quattro anni ancora si continua ad esporre i bambini, nondimeno gli adulti, a questo pericoloso contaminante contenuto nel grano duro di importazione? Attendiamo risposta!”. In attesa di questa risposta noi riprendiamo un nostro articolo di quattro anni fa. E’ un articolo che abbiamo scritto dopo che questo ed altri temi sono stati affrontati a Genzano di Lucania, nel corso di un convegno organizzato dal Movimento 5 Stelle, quando i grillini non erano ancora stati ‘contaminati’ dalla frenesia di governare ad ogni costo e – soprattutto – quando i grillini non erano ancora alleati del PD. A quel convegno erano presenti studiosi e anche i rappresentanti di GranoSalus, l’associazione che vede insieme in un progetto di rilancio del grano duro del Sud Italia e della Sicilia i produttori di questa coltura del Mezzogiorno d’Italia e tanti consumatori.

E’ una questione che I Nuovi Vespri hanno affrontato quattro anni fa

Quattro anni fa, a proposito di questo interessante convegno, abbiamo riportato alcuni passi di un articolo pubblicato su ALTA LIFE Altamura Excellence che oggi riproponiamo ai nostri lettori. L’articolo riporta alcuni passi  alcuni passi dell’intervento del professore Ruggero Francavilla, pediatra e gastroenterologo dell’Università di Bari, considerato uno dei maggiori esperti in Italia in materia di nutrizione. “La salute del bambino inizia dalla pancia della mamma. Stando a uno studio effettuato in America che il docente universitario ha illustrato nel corso del convegno, ‘nel sangue delle donne in gravidanza analizzate sono stati trovati almeno 4 contaminanti tra cui, 89% mercurio, 100% piombo, 83% pesticidi e altri quanto basta per esporre il feto a rischio contaminazione. Il bambino è un soggetto particolarmente vulnerabile, e non è affatto un piccolo adulto. Infatti, l’intestino di un bambino ha una capacità assorbitiva molto maggiore di quella di un adulto. A parità di contaminanti negli alimenti, egli ne assume quattro volte di più, e siccome nel sangue del bambino non ci sono ancora le proteine che servono a legare le sostanze tossiche e a non renderle disponibili alla circolazione, egli si contamina più facilmente. Come pure per tutti gli altri organi… Sostanze come la diossina, i pesticidi, che tendono ad essere liposolubili, si accumulano molto più facilmente nel tessuto grasso del cervello che non nell’adulto – ha spiegato il docente universitario -. A sua volta, il fegato non ha la capacità di metabolizzare e di eliminare le sostanze nocive e tale capacità è zero nel feto. Così come anche il rene, non ha la capacità di filtrare tali sostanze”.

L’assunzione quotidiana di sostanze tossiche non dà effetti negativi immediati nei bambini. Ma a lungo andare…

Un concetto importante è che l’assunzione quotidiana di sostanze tossiche non dà effetti negativi immediati nei bambini. Le patologie si manifestano più avanti nel tempo, magari dopo i vent’anni o in età adulta. “Non è così per ricercatori e studiosi – leggiamo sempre nel nostro articolo di quattro anni fa (a parlare è sempre il professore Francavilla) – che da anni studiano la presenza di contaminanti nel cibo e ne denunciano la loro pericolosità. Lo stesso Ministero della Salute fa rifermento al regolamento europeo 1881/06 per mettere ordine nell’alimentazione a cominciare da quella dell’infanzia. Oggi parliamo di grano. Parliamo di micotossine, altrettanto nocive al pari dei pesticidi. Il regolamento in questione stabilisce che, ad esempio, il DON, acronimo di Deossinivalenolo, deve arrivare al massimo a 200 ppb, mentre per noi adulti a 750 nella pasta e 500 ppb nel pane”. Il giornalista di ALTA LIFE Altamura Excellence fa notare che non sempre è così, perché il mercato segue altre regole che non coincidono con quelle salutistiche. “Assolutamente sì – risponde il professore Francavilla -. Purtroppo. Vorrei ricordare la campagna pubblicitaria di una nota azienda industriale, leader nel campo dell’alimentazione, che cominciò a produrre un formato di una pasta piccola con un valore di DON sui 340 ppb che veniva paragonata ad una pasta spacciata per bambini. Ci fu una grande battaglia legale che portò ad una sentenza che impose di scrivere sulla confezione dei piccolini che non era una pasta adatta ai bambini al di sotto dei 3 anni”.

Il DON contenuto nel grano canadese

Insomma, non sempre il valore del DON presente nella pastina è adatto ai bambini. Questo “perché il grano – citiamo sempre l’articolo di quattro anni fa – che giunge con le navi non sappiamo da dove arriva, e non lo sappiamo ancora. Pensi che solo il 23% è di produzione italiana, il 43% arriva dall’estero portato da grossi importatori, del 34% non è dichiarata la provenienza, ma quando è importato arriva dal Canada, dall’Uzbekistan, dall’Australia” (proprio in questi giorni abbiamo scoperto cosa hanno combinato negli anni passati gli australiani con il grano che hanno spedito in Italia). Un grano che viene da così molto lontano, come fa a costare meno di quello italiano?, chiede l’intervistatore. “Sicuramente – risponde il docente – la qualità non è delle migliori. Ne sono più che sicuro. Vede, livelli di micotossine permessi nei vari Paesi sono di gran lunga più bassi di quelli previsti in Europa. Il Canada, ad esempio, permette il DON fino ad un valore di 1000 ppb per i loro animali, maiali e vitelli, l’Europa invece lo alza fino ad 1750 ppb per la sua popolazione. Quindi tutto quello che va oltre il limite previsto in Canada, lo esportano e ce lo prendiamo noi, e forse perché lo tagliamo lo consideriamo nostro. La storia è fatta di navi che partono dall’Australia e arrivano nel porto di Bari dopo aver circumnavigato l’Africa e, anch’io, non riesco a capacitarmi come quel grano dopo aver girato tanto il mondo e consumato tanto petrolio per arrivare qui, costi meno del nostro (qui per esteso il nostro articolo di quattro anni fa). Riprendiamo un altro nostro articolo di quattro anni fa che illustra cos’è il DON: “E’ un composto tossico prodotto da alcuni funghi appartenenti al genere Fusarium. In particolari condizioni ambientali, quando la temperatura e l’umidità sono favorevoli, questo fungo può produrre micotossine. Avviene nel Canada e in tutte quegli areali umidi al di sopra del 45° parallelo, dove non ci sono le condizioni naturali per la coltivazione del grano duro. Infatti, questa micotossina entra nella filiera alimentare attraverso grano contaminato quasi sempre di provenienza estera. La presenza di DON negli alimenti e nei mangimi può essere nociva per la salute umana e degli animali poiché può causare effetti diversi di vario tipo. Secondo lo IARC, il Don è stato catalogato a livello 2B come probabile sostanza cangerogena (qui il nostro articolo per esteso).

I limiti di legge

Il riferimento a possibili problemi per i bambini lo troviamo anche in un terzo nostro articolo, sempre del 2017, dal titolo: “Battaglia del grano: I Nuovi Vespri e GranoSalus vincono in Tribunale contro Aidepi, Barilla, De Cecco, Divella, La Molisana e Garofalo“.  “Non vi è dubbio, quindi – scrivono i giudici – che la divulgazione dei risultati della ricerca costituiscano legittima espressione del diritto di libertà di manifestazione del pensiero, sancito dall’art. 21 della Costituzione e di libertà della scienza garantita dall’art 33 della Costituzione, senza limiti e condizioni. Tanto più che, trattandosi di temi di tale delicatezza e rilevanza per la salute pubblica, nessuna censura sarebbe ammissibile. Né sono stati superati i limiti della continenza espositiva”. “A fronte di ciò – si legge sempre nel pronunciamento dei giudici – le reclamanti non hanno prodotto delle contro-analisi né sui lotti indicati ed analizzati (dei quali esse avrebbero l’obbligo di conservare un campione), ma nemmeno su altri lotti di pasta, il che induce verosimilmente a ritenere che effettivamente nella pasta prodotta dalle società reclamanti fossero presenti i contaminanti indicati nell’articolo”. “D’altro canto – proseguono i giudici – si dà atto nell’articolo che la presenza è sempre contenuta entro i limiti di legge, mentre per due marche di pasta è superiore ai limiti di legge previsti per i bambini superiori a tre anni. Le considerazioni successive riguardanti l’opportunità, anche in assenza di un obbligo di legge in tal senso, di segnalare in etichetta che il prodotto non può essere assunto da bambini di età inferiore ai tre anni, o le considerazioni critiche in ordine ai limiti imposti dalla comunità europea in quanto tarati su un consumo di pasta di molto inferiore a quello italiano, non sono censurabili, in quanto legittimo esercizio del diritto di libertà di manifestazione del pensiero”.

 

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