I Comuni siciliani vogliono i soldi dallo Stato per creare nuovo precariato con il Reddito di cittadinanza? Il papocchio delle ZFM

17 novembre 2021
  • Guarda caso, i sindaci siciliani chiedono i soldi a Roma, minacciando di dimettersi, proprio quando i percettori del Reddito di cittadinanza hanno cominciato a lavorare per i Comuni. No a una nuova ‘infornata di precari a un anno dalle elezioni regionali  
  • Paolo Amenta è una gran persona per bene, ma questa volta sta sbagliando tutto
  • Dare denaro dello Stato ai sindaci con l’ombra di quasi 600 mila percettori del Reddito di cittadinanza a un anno dalle elezioni regionali siciliane è sbagliatissimo
  • Ma che stanno combinando con le ZFM (Zone Franche Montane)? 
  • La ‘genialata’: la fiscalità di sviluppo, che dovrebbe essere pagata dallo Stato, la dovrebbe pagare la Regione con i fondi dell’insularità: anche in questo caso il “No” deve essere chiaro e forte  

Guarda caso, i sindaci siciliani chiedono i soldi a Roma, minacciando di dimettersi, proprio quando i percettori del Reddito di cittadinanza hanno cominciato a lavorare per i Comuni. No a una nuova ‘infornata di precari a un anno dalle elezioni regionali  

I Comuni siciliani sono senza soldi. Non è una novità. La crisi è iniziata quando è arrivato al Governo dell’Italia Matteo Renzi, all’epoca segretario nazionale del PD. Renzi è un toscano e un nordista convinto. Per Renzi il Sud esiste sono al momento del voto. Gli unici che non l’hanno capito sono quei pochi meridionali e siciliani che ancora lo seguono e lo votano. Noi ricordiamo molto bene quello che è successo in Sicilia, soprattutto tra il 2014 e il 2016, quando il Governo nazionale di Renzi e il Governo siciliano di Rosario Crocetta – entrambi Governi di centrosinistra a guida PD – hanno deciso di massacrare le finanze della Regione siciliana. Lo hanno fatto con determinazione ed efficienza. Hanno svuotato le ‘casse’ della Regione, hanno trasformato le nove ex Province della nostra Isola in enti che pagano gli stipendi e basta (a parte alcuni ‘ammennicoli appaltizi’) e, indirettamente, hanno messo a ‘dieta ferrea’ i Comuni siciliani. Basti pensare che prima dell’arrivo di Renzi a Palazzo Chigi la Regione finanziava con quasi un miliardi di euro all’anno il Fondo per le Autonomia locali destinato in grandissima parte ai Comuni; oggi questo Fondo arriva, sì e no, a 300 milioni di euro all’anno che vengono erogati con una media di due anni di ritardo. In quegli anni uno dei pochi esponenti politici che poneva con forza a questione finanziaria degli Enti locali siciliani – Comuni ed ex Province – era il vice presidente di ANCI Sicilia, Paolo Amenta. In calce a questo articolo troverete alcune delle interviste rilasciate da Amenta a I Nuovi Vespri che affrontano proprio la questione finanziaria di Comuni ed ex Province siciliane. Amenta è uno dei pochi politici siciliani che ha titolo e credibilità per affrontare questi problemi. Per questo motivo riprendiamo un suo post su Facebook:

Paolo Amenta è una gran persona per bene, ma questa volta sta sbagliando tutto

“L’ANCI Sicilia – scrive Amenta – invierà, nei prossimi giorni, una nota formale in cui sarà richiesto ai Prefetti dell’Isola di incontrare, il prossimo 17 Novembre, delegazioni di sindaci, provincia per provincia. Visto il rischio di crisi istituzionale i primi cittadini, in assenza di risposte concrete da parte del Governo nazionale, rappresenteranno le ragioni della mobilitazione non escludendo le dimissioni.
Queste le decisioni assunte dall’assemblea straordinaria dei sindaci siciliani che, convocata dal presidente Orlando (Leoluca Orlando, sindaco di Palermo ndr), ha visto oggi la partecipazione di circa 150 primi cittadini. Durante l’incontro è stato fatto, ancora una volta, il punto sulla drammatica crisi degli enti locali e sull’impossibilità di offrire servizi adeguati ai cittadini e realizzare investimenti anche in vista dell’attivazione delle risorse del PNRR”. Amenta cita il documento conclusivo stilato dopo la riunione: “Siamo in presenza di una drammatica crisi istituzionale e di sistema che per la sua vastità sconvolge le amministrazioni a prescindere dalle questioni amministrative e gestionali e dagli orientamenti politici. L’ANCI Sicilia ha registrato, fino ad ora, importanti segnali di attenzione da parte del Governo nazionale e del Parlamento, nello specifico dalla presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati, dal Ministro Daniele Franco, dal vice ministro Laura Castelli e dal presidente e dai componenti della Commissione Finanze e Tesoro, attenzione che tuttavia non basta. E’ necessario formalizzare un intervento normativo e finanziario soddisfacente a valere sull’anno in corso e sul prossimo triennio. Sebbene le proposte dell’Associazione siano state già sottoposte al Governo e al Senato si è constatato che, ad oggi, non è stata ancora definita alcuna ipotesi concreta. Per tale ragione i sindaci sono costretti a proseguire con la mobilitazione e chiedono che vengano messi nelle condizioni di evitare una crisi istituzionale senza precedenti con inevitabili conseguenze sui servizi ai cittadini, sulla tenuta sociale e sullo sviluppo del territorio”.

Dare denaro dello Stato ai sindaci con l’ombra di quasi 600 mila percettori del Reddito di cittadinanza a un anno dalle elezioni regionali siciliane è sbagliatissimo

Insomma, i sindaci siciliani vogliono i soldi per andare avanti. Però non possiamo non segnalare una contraddizione. I Comuni siciliani, da decenni, scontano difficoltà economiche anche perché pagano lo stipendio a migliaia e migliaia di precari stabilizzati e precari. Proprio stamattina abbiamo ricordato che in Sicilia ci sono 584 mila percettori del Reddito di cittadinanza. E che molti di questi percettori di tale Reddito di cittadinanza hanno già cominciato a lavorare per i Comuni. Sappiamo tutti che in Sicilia il Reddito di cittadinanza non è un Reddito di cittadinanza, ma un Reddito a babbo morto, perché non c’è alcun collegamento tra domanda e offerta di lavoro. E sappiamo anche che i percettori di questo non-Reddito di cittadinanza hanno iniziato a lavorare per i Comuni perché sperano di diventare precari dei Comuni e, nel futuro, di essere stabilizzati. Con la connivenza di politici falliti che, in cambio, sperano di prendere i loro voti e quelli dei parenti di questi 584 mila percettori del Reddito di cittadinanza. Se lo scenario è questo – ci dispiace per il nostro amico Amenta – è meglio che lo Stato non dia un solo euro ai Comuni siciliani. Gli attuali sindaci andranno tutti a casa? Ce ne faremo una ragione.

Ma che stanno combinando con le ZFM (Zone Franche Montane)? 

C’è anche un comunicato del Comitato regionale ZFM Sicilia (Zone Franche Montane). Sono, per la cronaca, i sindaci dei Comuni siciliani delle aree montane che si battono per ottenere dallo Stato la fiscalità di sviluppo, ovvero risorse finanziarie per incentivare le attività economiche e imprenditoriali nelle proprie zone. “Il Comitato regionale per l’istituzione delle Zone Franche Montane, composto dai sindaci dei Comuni interessati alla norma in discussione al Senato e dall’Associazione ZFM Sicilia – leggiamo nel comunicato – questa mattina (ieri mattina per chi legge ndr) si è dato appuntamento davanti alla sede del Governo regionale. Era presente una delegazione di sindaci e amministratori, in rappresentanza dei territori degli Iblei, Etna, Erei, Madonie, Nebrodi, Sicani, Peloritani e dell’aree interne del Nisseno e del Corleonese. Al gruppo di amministratori si è unita anche la segretaria confederale della CGIL Sicilia, Gabriella Messina.
Lo scopo del presidio, interrotto dalle avverse condizioni meteo che hanno investito anche oggi l’area del palermitano, era quello di portare all’attenzione del presidente della Regione, Nello Musumeci, la necessità e l’urgenza di rispondere all’accorato appello dei senatori D’Alfonso, Fenu (relatore della Legge in Commissione) e Di Piazza, di ‘far decollare celermente la norma e la successiva esperienza amministrativa e attuativa’. I componenti della Commissione Finanze e Tesoro di Palazzo Madama, presieduta da Luciano D’Alfonso, hanno fatto recapitare una lettera al presidente Musumeci nella quale ‘hanno trovato utile precisare’ che, per la positiva definizione dell’istruttoria al Senato, occorre ‘una comunicazione da parte degli organi della Regione siciliana’, che accetti la formulazione proposta dalla Ragioneria generale dello Stato che ‘si fonda sulle risorse preordinate dell’accordo Stato-Regione’. Risorse che, afferma il Comitato regionale, ‘il Governo avrebbe inteso inserire nella Legge di Stabilità 2022, cento milioni di euro l’anno, ‘a titolo della compensazione degli svantaggi strutturali derivanti dalla condizione di insularità’. Non è nostra intenzione praticare il tiro alla fune con il presidente Musumeci – affermano i rappresentanti del Comitato – né attivare alcuna dialettica divisoria sul tema. Tuttavia, le incertezze che percepiamo ci preoccupano, al contempo continuiamo ad avere fiducia sul fatto che il presidente Musumeci evaderà favorevolmente le inequivocabili considerazioni giunte dagli autorevoli rappresentanti la VI Commissione del Senato. Incertezze che, auspica il Comitato, ‘verranno fugate nel corso di un incontro ufficiale che ci apprestiamo a chiedere al presidente della Regione”.

La ‘genialata’: la fiscalità di sviluppo, che dovrebbe essere pagata dallo Stato, la dovrebbe pagare la Regione con i fondi dell’insularità: anche in questo caso il “No” deve essere chiaro e forte  

In pratica, lo Stato, che ha sistematicamente derubato le risorse alla Regione siciliana, adesso, bontà sua, nel quadro di un’intesa Stato-Regione sulla cosiddetta insularità – intesa a nostro avviso totalmente fallimentare, degna in tutto e per tutto dell’attuale Governo regionale di sfasciacarrozze di Musumeci e dei sui assessori – ‘caccerebbe’ 100 milioni di euro (nulla, ad esempio, rispetto ai fondi che hanno scippato alla Regione siciliana e alle ex Province siciliane dal 2015 ad oggi (alle sole ex Province siciliane lo Stato ha scippato e continua a scippare circa 120 milioni di euro all’anno delle RC auto!) e con questi 100 milioni di euro la Regione, nella testa dei senatori D’Alfonso, Fenu e Di Piazza dovrebbe pagare ai Comuni montani della Sicilia i costi della fiscalità di sviluppo! Chiediamo ai ‘filosofi’ del  Comitato regionale ZFM Sicilia: ma che razza di accordo è mai questo? La fiscalità di sviluppo, che dovrebbe essere pagata dallo Stato, la volete fare pagare alla Regione siciliana? Attenzione: considerato che la Regione spreca una barca di soldi per clientele di ogni tipo potrebbe anche andare bene. Ma è il principio che è odioso: un costo che dovrebbe essere sostenuto dallo Stato viene accollato alla Regione nel quadro dell’insularità che, con rispetto parlando, non ha nulla a che spartire con i problemi delle aree montane, che sono tali anche nel resto d’Italia. I tre senatori-pasticcioni queste cose le sanno? A questo punto lanciamo una proposta noi: perché il  Comitato regionale ZFM Sicilia non chiede al Governo regionale di abolire i copiosi fondi per la nascita di nuove imprese agricole rette da giovani (ma dove sono? quanto sono costati fino ad oggi? sono stati fatti i controlli sul denaro speso?) e di assegnare tali fondi ai Comuni montani, con l’impegno di destinare almeno il 70% di questi fondi a iniziative legate a imprese agricole o agro-industriali, trattandosi di fondi del Piano di Sviluppo Rurale (PSR)?         

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