Quando l’agricoltura del Sud Italia e della Sicilia erano tra le più floride d’Europa (grazie al clima)

25 ottobre 2021
  • Erano gli anni della lungimirante politica economica di Ferdinando II

I fautori della ‘presunta’ unità d’Italia possono dire quello che vogliono, ma dentro l’Italia Sud e Sicilia hanno solo perso. E ancora oggi continuano a perdere

Nel 1856, nel corso dell’Esposizione Internazionale, la Conferenza di Parigi assegnò al Regno delle Due Sicilie il terzo posto fra i Paesi più industrializzati del mondo, dopo Inghilterra e Francia. Un risultato, indubbiamente, prestigioso che era, sì, conseguenza della lungimirante politica economica di Ferdinando II, ma affondava le sue origini in due provvedimenti doganali assunti qualche anno prima (il 15 dicembre del 1823 ed il 20 novembre del 1824) da suo nonno Ferdinando I, a difesa dello sviluppo autoctono dell’industria al Sud. Ancora prima, però, lo stesso sovrano aveva deciso di imporre dazi doganali pesantissimi alle importazioni di prodotti finiti provenienti dall’estero e alle esportazioni di materie prime che avrebbero potuto essere lavorate dalle industrie del territorio del Regno; e al contrario dazi bassissimi sia all’esportazioni dei beni prodotti nel Regno che alle importazioni di materie prime necessarie alle produzioni locali. Il principale e più sostanzioso fatto economico del Regno, soprattutto sotto il profilo delle esportazioni, era rappresentato dall’agricoltura e dalle industrie ad essa collegate. Tant’è che – come riportato da “Cento anni di vita nazionale attraverso la statistica delle regioni” Svimez 1961 – nel 1861 il Sud produceva il 50,4 per cento di grano, l’80,2 di orzo ed avena, il 53 di patate, il 41,5 di legumi, il 60 di olio: tutto grazie al clima che permetteva due raccolti all’anno.

Super Sud, un tuffo nella storia: l’industria nel Regno delle Due Sicilie di Mimmo Della Corte

Tratto da Regno delle Due Sicilie.eu

Foto tratta da NEG Zone

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